Il cardinale Gerhard Ludwig Müller.

La povertà è una questione di cuore

Il 25 febbraio il cardinale Gerhard Ludwig Müller ha presentato il suo ultimo libro "Povera per i poveri. La missione della Chiesa". Ricordando che «essere poveri significa essere bisognosi. Per questo si possiede il dono più grande»
Anna Minghetti

Non è il primo libro che scrivono insieme, il Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede e quello che è ritenuto tra i fondatori della Teologia della Liberazione. Sono amici da tanti anni, dal 1988, il neo cardinale Gerhard Ludwig Müller e il padre peruviano Gustavo Gutiérrez. Per questo non è poi così strano che il 25 febbraio si siano ritrovati insieme, presso la sala San Pio X di via Conciliazione a Roma, alla presentazione di Povera per i poveri - La missione della Chiesa, l’ultima opera del capo dell’ex Sant’Uffizio che raccoglie diversi contributi, tra cui uno di Gutiérrez.

«Una bella sinfonia» l’ha definita il relatore “ufficiale” di questa presentazione, il cardinale Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa, capitale dell’Honduras, e coordinatore del consiglio degli otto cardinali scelti da papa Francesco. «Una bella sinfonia con quattro solisti e in cui il direttore d’orchestra chiede al primo violino la nota tonica». Un musicista d’eccezione questo "primo violino", interpretato da papa Francesco che ha scritto l’introduzione all’opera. Il Pontefice ci ricorda che di fronte all’«originaria povertà creaturale» che accomuna tutti gli uomini, «Dio stesso, in Gesù, si è curvato e si curva su di noi e sulle nostre povertà per aiutarci e per donarci quei beni che da soli non potremmo mai avere».

La prima povertà, quindi, non è la mancanza di beni materiali, ma un bisogno che solo Dio può colmare e di cui nessuno è esente. Maradiaga tocca diversi tra i temi trattati nell’opera, dando una visione globale che incuriosisce e invita ad approfondire. «Per comprendere la realtà dei poveri, non basta studiare. Vi consiglio di leggere questo libro perché si capisce che conoscere i poveri è questione di cuore». Il Cardinale ricorda ancora come il compito della Chiesa sia proprio quello di liberare, prima di tutto dall’«oppressione e dal peccato», sottolineando anche come l’obbedienza alla fede non sia in contrasto con la libertà. Anzi è proprio la fede a poter offrire al mondo la speranza, perché «quanto più l’orizzonte dell’uomo si svuota di valori, tanto più c’è una difficoltà a guardare al futuro con fiducia».

Prima di dare la parola all’autore del libro, padre Federico Lombardi, in veste di moderatore dell’incontro, invita Gutiérrez ad intervenire. Il padre peruviano ricorda che la Chiesa è chiamata ad essere «buona Samaritana» e a «farsi prossima» degli ultimi. L’essere «prossimo» non è un dato di fatto, ma un movimento. Il «prossimo è colui che abbandona il proprio sentiero e rende vicino colui che è lontano». Per il samaritano l’uomo ferito è uno sconosciuto, non sa se sia buono o cattivo, giudeo o samaritano come lui, sa soltanto che è un bisognoso. «Il samaritano si fa prossimo del ferito e il ferito diventa prossimo del samaritano. Prima non lo era, ma questa possibilità implica la reciprocità».

L’intervento conclusivo del cardinale Müller testimonia la verità delle parole pronunciate poco prima da Maradiaga: conoscere i poveri non è una questione teorica, ma un’esperienza reale, «di cuore». Il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede infatti offre al pubblico la sua intera esperienza, dall’infanzia fino a quando, nel 2002, è diventato vescovo di Ratisbona. Racconta come fin da bambino sia stato abituato a conoscere la povertà come problema dell’uomo, «ma crescendo ho visto che accanto alla povertà materiale c’era anche quella spirituale, non meno bisognosa di cure». Poi ricorda l’esperienza in Sudamerica, nella seconda metà degli anni Ottanta quando ha incontrato i poveri delle Ande e di Lima. Ricorda lo stupore nel vedere «in loro una fede piena di gioia, fede che era il loro bene più grande. Erano poveri consapevoli di essere bisognosi, ma che per questo possedevano il dono più grande». Aggiunge poi che «essere poveri significa ribadire che la Chiesa è l’anello di salvezza che Dio ha costituito per sempre».

Infine guarda alla situazione attuale in cui «il rifiuto di Dio è tutt’uno con l’idolatria del denaro. Diventa, quindi, chiaro perché la missione della Chiesa debba essere allo stesso tempo evangelizzatrice e liberatrice». Conclude riprendendo le stesse parole del Papa: «Solo quando l’uomo si concepisce non come un mondo a sé stante ma come uno che per sua natura è legato a tutti gli altri, originariamente sentiti come “fratelli”, è possibile una prassi sociale in cui il bene comune non rimane parola vuota e astratta».