Guzmán Carriquiry Lecour

La bellezza di Cristo e dell'essere cristiani

La presentazione del libro di monsignor Filippo Santoro, arcivescovo del capoluogo pugliese dopo trent'anni di missione in Brasile. A raccontarne il contenuto, Guzmán Carriquiry, amico di lunga data e stretto collaboratore degli ultimi tre Pontefici
Vito Piepoli

Un libro che rappresenta «un’occasione di riprendere e rilanciare esperienze e riflessioni di grande attualità per la missione della Chiesa di Francesco», ha detto Guzmán Carriquiry Lecour, avvocato e collaboratore diretto di tre Papi al Pontificio Consiglio per i Laici, oggi vicepresidente della Pontificia Commissione dell’America Latina, tornato a Taranto dopo venticinque anni per la presentazione del libro La forza del fascino cristiano dell’arcivescovo Filippo Santoro, lunedì 1 dicembre.

Questa una sintesi della riflessione dell’avvocato uruguaiano. Il titolo del libro e il filo conduttore di tutto il suo contenuto rimandano alla teologia della bellezza, nella grande tradizione cattolica e, specialmente, nell’opera di un grande padre della Chiesa del Ventesimo secolo, Hans Urs von Balthasar. Carriquiry ricorda, a questo riguardo, una pagina di Benedetto XVI nel suo messaggio al secondo Congresso mondiale dei movimenti ecclesiali delle nuove comunità che si è svolto in Vaticano nel giugno del 2006: «A Cristo si applicano le parole del Salmo 44: “Tu sei il più bello tra i figli dell’uomo”. In Cristo si incontra la bellezza della Verità e la bellezza dell’Amore. Ma questo implica la disponibilità a soffrire, una disponibilità che può giungere fino al dono della vita per coloro che si amano. Non c’è vero amore che non si rafforzi nel sacrificio. Cristo è la bellezza di ogni bellezza». Questo senso della bellezza, che anche monsignor Santoro propone e approfondisce nel suo libro, non è racchiuso soltanto in un discorso, ma si avvera in un metodo educativo, in una crescita di vita cristiana, e si rende impeto missionario e servizio pastorale.

Lo stesso percorso di vita di monsignor Santoro è sorprendente. Dio l’ha preso per i capelli ancora giovane sacerdote e lo ha portato per strade che lui stesso non avrebbe mai potuto immaginare né pianificare, come racconta. E, poi, è arrivato l’incontro don Giussani che lo ha aiutato a crescere come persona, come cristiano e come sacerdote. Quindi, i trent’anni in Brasile, diventando vescovo ausiliario di Rio de Janeiro e, poi, di Petropolis. Carriquiry ricorda che quasi tre o quattro anni prima del suo ritorno in Italia, quando lo vide parlare a Recife, nel Nord-Est del Paese, a migliaia di giovani e di famiglie di una comunità carismatica, pensò che ormai era diventato «brasiliano tra i brasiliani». La sua personalità era molto cresciuta nell’affrontare la complessa realtà dell’immenso e contraddittorio Paese, il temperamento della sue gente, gli accesi dibattiti ideologici o politici e le esigenze pastorali che gli si presentavano. E questo percorso si riassume bene nel suo libro.

L’autore porta con sé l’esperienza di diversi modi e diverse strade di incarnazione della vita e della missione della Chiesa. Porta a Taranto, alla Puglia e alla Chiesa italiana, l’esperienza della Chiesa latino-americana. Porta quei rapporti personali di semplicità e di cordialità, di affezione del cuore, di gioia comunicativa che sono tipici dei brasiliani. Porta quello stare dentro alla realtà mai distaccato, vicino e accogliente con le persone. Porta il concetto e la prassi di un servizio pastorale come impeto missionario che va verso l’incontro di tutti senza esclusioni. Partendo sempre dall’incontro con Cristo, dal rimanere con Lui, lì dove dimora, dal coltivare una sequela che diventa comunione e dal gustare la bellezza della Sua presenza nella Chiesa. Ma questo è proprio ciò che ha chiesto papa Francesco ai nuovi vescovi il 18 settembre scorso: «Non dare mai per scontato il Mistero che vi ha investito, non perdere mai lo stupore di fronte al disegno di Dio».

Carriquiry aggiunge che il percorso di Santoro è simile a quello di papa Bergoglio, forgiato dal carisma di sant’Ignazio. Non è un caso che don Filippo abbia condiviso con il cardinale Bergoglio quell’evento di grazia e di maturità che è stata la quinta Conferenza generale dell’Episcopato latino-americano ad Aparecida. Questa fu una straordinaria esperienza di comunione ecclesiale nella preghiera, nel lavoro, nell’amicizia e nello spirito missionario di più di centocinquanta Vescovi da tutto il Continente. In quella occasione, il cardinale Bergoglio fu eletto, a stragrande maggioranza, presidente del comitato di redazione del documento finale. Ad Aparecida, più che parlare di grandi problemi, programmi o strategie, si era puntato sui soggetti, sulla formazione di discepoli missionari per riuscire a raggiungere un più largo e profondo radicarsi della fede, una sua più incisiva e coerente rivitalizzazione nei poveri e nei giovani, e nel cuore delle famiglie. C’è tra il documento di Aparecida e l’esortazione apostolica Evangelii Gaudium, un forte legame di continuità soprattutto su quelle conversioni personali, pastorali e missionarie richieste. È stato proprio nell’omelia pronunciata nella santa messa di apertura di quella conferenza quando Benedetto XVI affermò che la Chiesa non fa proselitismo, ma cresce molto per attrazione. Come Cristo attira tutti a sé con la forza del suo amore, così la Chiesa compie la sua missione, capace di lasciarsi attirare sempre con rinnovato stupore da Dio che per primo ci ama.

Si ritorna così al cuore pastorale, educativo e missionario del libro: il cristianesimo non si comunica per mezzo del proselitismo ma con la forza di attrazione dei testimoni della presenza di Cristo. La cui vita sperimenta un nuovo gusto, una gratitudine, una gioia incontenibile, una capacità di amare, una speranza mai delusa, che nulla e nessuno può spegnere. Il cardinale Bergoglio rimase colpito e commosso dalle parole di Benedetto XVI ad Aparecida e non ha cessato di riprenderle e svilupparle. E monsignor Santoro tiene presente i richiami di entrambi, e conclude il suo libro con quelle magnifiche parole del Papa attuale all’episcopato brasiliano a Rio de Janeiro: solo la bellezza di Dio può attrarre. La missione nasce proprio da questo fascino divino. Da un cuore ferito.

Carriquiry ha la certezza e la convinzione che stiamo vivendo in un’ora molto particolare dello Spirito della Chiesa. Perciò, le domande che tutti noi dobbiamo porci sono queste: lo Spirito di Dio cosa sta dicendo alla Chiesa e alle chiese, qui ed ora? Cosa ti sta mostrando, cosa ti sta chiedendo di cambiare attraverso la testimonianza, il magistero e il ministero di Francesco? Cosa dicono concretamente le sue parole e i suoi gesti, alla Chiesa locale, alle nostre parrocchie, alle comunità, ai consacrati, alle associazioni, ai movimenti? Anche se non è facile darsi una risposta immediata, tutto questo rimane, comunque, un’occasione per pregare, pensare, condividere e vivere. Il libro di monsignor Santoro ci aiuta molto su questo. C’è nel modo di porsi e di parlare di papa Francesco una certa “scossa di destabilizzazione” che aiuta a rompere il conformismo mondano della vita cristiana e ad andare oltre il tran tran quotidiano, superando stanchezze e ripetizioni. Questa scossa, però, deve servire a suscitare una conversione che sia personale, pastorale e missionaria. Ed è proprio quella che nel libro, monsignor Santoro, ci offre.

È la propria testimonianza di vita a diventare un esempio luminoso. «Pensare come Cristo, sentire come Cristo, vivere come Cristo», sintetizzava papa Francesco. Cosa è la conversione se non il dono di riconoscersi peccatori e di affidarsi alla grazia di Dio per avere Cristo presente nella trama della nostra vita? E non a caso il Papa fa spesso nei suoi discorsi la stessa domanda: «Chi è Gesù per la mia vita?».

I mass media ci aiutano a sorprenderci per tantissime iniziative e per tantissimi gesti del Papa: tutti belli. Ma occorre andare sempre all’essenziale del Pontificato, lì dove il Papa vuole concentrare il nostro cuore, la nostra mente. E il libro di Santoro, in questo, è un grande aiuto.