Gli sbarchi sull'isola di Lesbo.

Tornare a Lesbo per sentirsi a casa

Cosa può spingere i migranti a desiderare di imbarcarsi di nuovo verso l'isola, per incontrare il Santo Padre?. «Il suo arrivo è speranza e consolazione». Non solo per i cristiani. Questa l'attesa che si vive, ad Atene, per la visita di Francesco
Paolo Perego

«Vogliamo venire. Porta anche noi». Una frase banale, comune. Ma lascia senza parole quando esce dalla bocca di alcuni profughi siriani bloccati ad Atene dopo la chiusura delle frontiere. Vorrebbero andare a vedere il Papa che visiterà Lesbo sabato prossimo, 16 aprile. Quella stessa isola che - come quasi un milione di altri tra siriani, afghani, iracheni... - hanno lasciato pochi giorni prima, dopo aver rischiato la vita per attraversare i pochi chilometri di mare che separano la Turchia dalle isole greche. «Sembra paradossale che vogliano tornare indietro per venire con me ad accogliere Francesco. Ma vorrebbero dire al Santo Padre la loro gratitudine».

A parlare è padre Joseph Bazouzou, sacerdote armeno cattolico, amministratore apostolico dell’ordinariato armeno ad Atene. «Sono arrivato in Grecia dieci mesi fa. Da Aleppo. Sono siriano ed ero parroco della chiesa della Santissima Trinità. Proprio sul fronte dei combattimenti». Non “vicino”, ma “sul”. Tanto che non si potevano più usare le porte per entrare in certe strutture della parrocchia, sotto il fuoco di cecchini e mortai.

Lo hanno mandato ad Atene per seguire le comunità greco armene. Ma la sua Siria lo ha seguito: «Quando sono arrivato gli sbarchi nell’Egeo, per attraversare la Grecia alla volta dell’Europa, erano appena cominciati. Ma da subito, nelle nostre due parrocchie di Atene, abbiamo iniziato a dare assistenza». Oggi in varie strutture, vescovado compreso, accolgono oltre sessanta profughi. «Prima erano solo di passaggio, si fermavano pochi giorni e ripartivano». Ora sono bloccati, in una situazione di stallo. Qualcuno ha anche deciso di tornare in Turchia, forse confidando nella possibilità di un ricollocamento in un Paese Ue dopo gli accordi tra Bruxelles e Ankara.

«La realtà è che non si capisce bene quale soluzione si possa trovare. Vero, ci sono meno arrivi. Tuttavia non smettono. E queste persone vanno aiutate». Sono decine le ong locali ed estere che si prodigano da mesi nell'assistenza quotidiana ai profughi, oggi oltre 50mila, sparsi sul territorio ellenico, tra le isole, le città e il confine settentrionale. Ed piena anche la casa di accoglienza Caritas di Neoskosmos, vicina a una delle parrocchie armene, e dove abitano e lavorano anche Silvia e Francesca, due volontarie della Caritas italiana impegnata, con altre sorelle europee, in un progetto di sostegno delle sedi locali: «Cerchiamo di aiutare soprattutto le famiglie più in difficoltà. L’altro giorno ho descritto a una donna siriana i termini dell’accordo euro turco… È scoppiata a piangere, non capiva il perché. È difficile spiegarglielo».

E sabato arriverà Francesco, accompagnato a Lesbo dal patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I, e dall’Arcivescovo di Atene, Hieronymos. Una decisione presa in pochi giorni, per esprimere vicinanza ai profughi e al popolo greco «tanto generoso nell’accoglienza», in un luogo simbolo del dramma dei migranti, per i quali, ha detto Francesco «nessuno vuole assumersi la responsabilità del loro destino».

«Una grande consolazione per noi. E una grande speranza», dice ancora padre Joseph, che anche se non sa nulla di certo del programma del Pontefice, ha già preso i biglietti e una stanza sull’isola: «È il mio capo…», abbozza con un sorriso, ma il tono torna subito serio: «Non viene solo per i cristiani. Ma per molti di loro questo gesto rappresenta una compagnia reale nella tragedia che hanno vissuto e che vivono», dice ancora. Una compagnia, quella della Chiesa, sempre cercata. «Tanti fratelli siriani, anche se solo di passaggio da Atene, sono venuti a cercarmi… A volte chiamano e basta, per dire che ci sono, che stanno passando e per far sapere che sono arrivati da qualche parte». È come se durante il viaggio trovassero sempre una casa. E sabato, ad aprire l’uscio per accoglierli, sarà papa Francesco.