Sergej Chapnin.

CHAPNIN Le sfide del Patriarca Kirill

Chi è la nuova guida della Chiesa ortodossa russa? Quali compiti l’attendono? Parla Sergej Chapnin, direttore della rivista ufficiale del Patriarcato di Mosca
Fabrizio Rossi

La grande campana della cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca ha annunciato martedì l’elezione del metropolita Kirill come successore di Alessio II. Alle 22 locali sono risuonati sedici rintocchi, per indicare che Kirill è il sedicesimo Patriarca della Chiesa ortodossa russa, oltre che il primo dal crollo del regime sovietico. Nato a Leningrado 62 anni fa, dal 1988 Kirill era alla guida della diocesi di Smolensk e Kaliningrad e dal 1989 dirigeva il Dipartimento per le Relazioni esterne del Patriarcato di Mosca. Grande comunicatore, con l’arrivo di Benedetto XVI è stato uno dei maggiori fautori del dialogo con la Chiesa cattolica. Abbiamo chiesto a Sergej Chapnin, direttore della rivista Cerkovnyj Vestnik (l’organo ufficiale del Patriarcato di Mosca, una specie di Osservatore Romano della Chiesa ortodossa, che con una tiratura di 40mila copie raggiunge le chiese di tutta la Russia e dei Paesi dell’ex blocco sovietico), di commentare per Tracce.it questa elezione.
Con 508 voti su 702, il Concilio ha scelto il metropolita Kirill. Come giudica quanto avvenuto?
Avevamo bisogno di una buona guida, un vescovo in grado di amministrare la propria diocesi come di rispondere ai problemi più ampi della Chiesa ortodossa russa. Il Concilio, di fatto, ha compreso che Kirill era un candidato indiscusso. Che proprio lui sia stato scelto come locum tenens e che il metropolita Filaret si sia ritirato volontariamente, testimoniano che la scelta, all’interno della Chiesa, era già chiara. Il tempo dimostrerà il valore di questa elezione.
Quali sfide lo attendono?
Innanzitutto il problema della crescita delle parrocchie: nonostante in Russia le chiese siano aperte da vari anni, non sono ancora sufficienti per consentire a tutti i fedeli di frequentarle. Va poi ripensato il concetto stesso di Chiesa ortodossa russa e Patriarcato di Mosca.
In che senso?
Venti anni fa i confini della nostra Chiesa coincidevano con quelli dell’Urss. Oggi il territorio canonico è rimasto invariato, ma copre Paesi molto diversi tra loro: dalla Lituania alla Bielorussia, dall’Ucraina al Kazakistan. Va ripensata la cooperazione con le chiese autonome locali. Anche se questi problemi sono stati affrontati un anno fa nel Sinodo dei vescovi, c’è ancora molto da fare. Inoltre rimangono aperte alcune questioni nei nostri rapporti con lo Stato.
In Occidente questo legame privilegiato di “trono e altare” solleva qualche perplessità…
I giornali scrivono che la Chiesa ortodossa tenta di influire sulle scelte dei governanti. Non è assolutamente vero. Da un lato, stiamo portando avanti un dialogo fruttuoso con lo Stato; dall’altro lato, ci scontriamo con una difficoltà a comprendere la posizione della Chiesa rispetto alla sfida educativa, allo sviluppo delle opere sociali e di carità, alla restituzione dei beni sequestrati dai bolscevichi… Problemi che richiedono un dialogo paziente e puntuale. Saranno questi i principali compiti del Patriarca Kirill.
Nel suo intervento al Meeting di Rimini 2006 ha descritto la secolarizzazione della nostra società, denunciando «l’esclusione del sacro dalla vita» che porta al «rifiuto dell’assoluto». Quali soluzioni intravede davanti a questa minaccia?
Senza valori la vita non può essere intera. Non dobbiamo stancarci di annunciare il Vangelo, per rispondere alle nuove sfide della nostra epoca. Vanno lette in questo senso le prese di posizione della Chiesa ortodossa sulla globalizzazione, sugli interrogativi della bioetica, sulla lotta all’Aids… Con un’attenzione particolare ai giovani (non a caso, il 2009 è stato dichiarato Anno della gioventù).
Davanti alle sfide della società secolarizzata, Kirill ha affermato più volte la necessità di una risposta comune con la Chiesa cattolica.
Senza dubbio sono un’occasione di dialogo con i cattolici: già in vari campi si sta sviluppando una fruttuosa collaborazione con la Chiesa cattolica (nella formazione teologica, nella testimonianza comune…). Questo lavoro deve andare avanti. Solo così potremo superare gli stereotipi che ci impediscono di conoscerci a vicenda.