Monsignor Luigi Manenti.

«I cubani? Conquistati dalla bellezza»

Il racconto di monsignor Luigi Manenti, missionario a San Antonio del Sur. Un posto dove si insegnava che la religione era il male. Eppure oggi chi è stato dal Papa...
Luca Fiore

È appena tornato a casa dall’ospedale dove ha portato un ammalato. Monsignor Pierluigi Manenti, missionario fidei donum a Cuba dal 1998, risponde al telefono quando è appena finita la diretta tv della messa di Benedetto XVI a L’Avana. È parroco a San Antonio del Sur, un piccolo villaggio nella provincia di Guantanamo, ad Est del Paese. Il 26 marzo è stato a Santiago per la celebrazione con il Papa. «Da San Antonio eravamo in 530 con 16 corriere. Dalla provincia di Guantanamo, in tutto, sono partiti 110 tra camion e pullman», racconta don Manenti: «Siamo partiti alle 2 del mattino del 26 e siamo arrivati a casa alle 5 della mattina del giorno dopo».
In un primo momento le autorità di San Antonio hanno cercato di scoraggiare i pellegrini: «Dicevano che chi non fosse andato a lavorare per seguire la visita del Papa avrebbe avuto problemi. Poi però il giorno prima della partenza hanno fatto marcia indietro e hanno incoraggiato la gente ad andare. Così tutti in paese volevano venire. Sia i parrocchiani, sia chi in chiesa non ci viene. Abbiamo escluso i bambini e gli anziani, per ragioni di resistenza fisica».
Il viaggio verso Santiago è stato uno spettacolo. In strada la gente è scesa anche solo per vedere la carovana dei pellegrini e, durante la notte, è stata sveglia per vedere l’esodo. All’andata e al ritorno. «Tutti erano davvero impressionati. Nessuno di quelli che sono venuti con me aveva assistito alla visita di Giovanni Paolo II nel 1998. Era la prima volta che vedevano di persona il Papa. Non l’avevano mai sentito parlare. È stata davvero una grande festa. Una cosa così non l’avevano mai vista, mai avevano partecipato a un evento del genere. Difficilmente se lo dimenticheranno».
Non c’è stato ancora tempo di riflettere bene sul quello che è accaduto. Ma per don Pierluigi una cosa è chiara: «Il messaggio che ci ha portato il Papa è quello dell’Incarnazione. Cristo che è diventato come noi. Un uomo. E quindi Dio non è più uno sconosciuto, ma si può incontrare come si poteva incontrare duemila anni fa. Adesso bisogna prenderci un po’ di tempo e tornare sulle sue parole. Come quando uno mangia una cosa buonissima: bisogna avere il tempo per digerirla. Il lavoro che faremo sarà riprendere con calma quello che ha detto a Santiago e quello che sta dicendo e dopo L’Avana: la verità vi farà liberi».
È un momento storico per l’isola. I cubani stanno vivendo qualcosa che fino a qualche anno fa non potevano neanche immaginare: «Negli anni duri a Cuba si insegnava che la religione danneggiava la persona. E ora, di colpo, la gente si sorprende a dire “ma guarda che bello”. Lo dicono tutti: “Che bello, che bello...” È importante riprendere ciò che ci è stato detto. Perché questa sorpresa di bellezza venga giudicata e capita. E fatta propria».