Padre Werenfried Van Straaten.

«Padre Lardo», la carità oltre la Cortina di ferro

Il 31 gennaio di dieci anni fa moriva padre Werenfried, fondatore di "Aiuto alla Chiesa che soffre". Dall'inizio nel 1947 con l'aiuto ai profughi tedeschi ai "boat-people" vietnamiti del 1976. Un uomo sempre fiducioso in «Colui che ci dà la forza»
Stefania Careddu

Nei suoi nomi sono racchiusi la storia, lo stile e la fede di un uomo che ha dedicato la vita ai sofferenti e ai perseguitati, scomparso il 31 gennaio di 10 anni fa. Werenfried - che significa combattente per la pace - è quello che scelse quando, a 21 anni, l’olandese Philip Van Straaten decise di farsi monaco premostratense.

"Padre Lardo" invece è l’appellativo con cui era conosciuto in tutto il mondo, segno indelebile della campagna a favore dei 14 milioni di profughi tedeschi provenienti dalla Germania orientale per i quali, alla fine della seconda guerra mondiale, raccolse viveri, scarpe, vestiti e tonnellate di lardo bussando alle porte dei contadini delle Fiandre, con il suo storico cappello da mendicante. «Sapeva che le massaie fiamminghe non avevano soldi da dare, ma era certo che ognuna di loro avesse un bel pezzo di grasso di maiale appeso accanto al camino», spiega Massimo Ilardo, direttore dell’ufficio italiano di Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs), l’opera fondata da padre Werenfried per soccorrere i rifugiati tedeschi, ma anche per dare voce alla Chiesa del silenzio aldilà della cortina di ferro e per aiutare, materialmente e spiritualmente, le chiese perseguitate e prive di risorse.

«La sua straordinaria inventiva gli ha permesso di rispondere alle esigenze pastorali della Chiesa in modo efficace ed originale», sottolinea Ilardo ricordando le «cappelle-volanti» che servivano a portare il Vangelo in una Germania ormai senza chiese. «Un "format" vincente», lo definisce il direttore di Acs Italia, che fu ripreso in Russia con i battelli-cappella. L’aiuto alla Chiesa ortodossa, del resto, è uno dei tratti significativi dell’opera di padre Werenfried, «a cui Giovanni Paolo II affidò il compito di "restaurare l’amore" tra le due Chiese sorelle». «Sin dai primi anni '90 - rileva Ilardo - Acs ha sostenuto in Russia la Chiesa ortodossa, ma anche alcuni media cristiani che attraverso un’informazione obiettiva hanno contribuito al miglioramento dei rapporti tra ortodossi e cattolici». Non solo: nel 1956, in occasione della sollevazione popolare in Ungheria, padre Lardo promosse una grande azione di soccorso, mentre negli anni '70 trasformò oltre 300 autocarri dell’esercito svizzero in mezzi di trasporto per i missionari dell’Amazzonia e nel 1976 sollecitò gli aiuti per i boat-people vietnamiti in fuga dalla dittatura comunista.

«La sua fiducia in Dio era illimitata al punto che diceva ai suoi collaboratori: "Nel predisporre i nostri programmi di aiuto, deve essere determinante non ciò che possiamo fare, bensì ciò che dobbiamo fare, poiché tutto possiamo in Colui che ci dà forza"», rivela Ilardo. Nell’arco della vita, padre Werenfried ha raccolto più di tre miliardi di dollari di offerte. «Il suo straordinario carisma - osserva il direttore di Acs Italia - riusciva a toccare il cuore delle persone. Asia, Africa, America Latina, Europa dell’Est: negli innumerevoli viaggi ha assistito in prima persona alla sofferenza dei fratelli, in cui vedeva Cristo piagato e sofferente».

«Ricordo la prima volta che l’ho incontrato. Era il 2002: aveva quasi novant’anni, ma quel fisico così debilitato e la sedia a rotelle non riuscivano a contenere la sua indomabile energia», confida Ilardo che all’epoca era un collaboratore di Acs invitato alla riunione annuale dei sacerdoti che beneficiano di una borsa di studio. «L’arrivo di padre Werenfried non era previsto. I suoi collaboratori - continua - gli avevano tenuto nascosto che ci sarebbe stato quell’incontro perché non volevano si affaticasse troppo». Ma «era impossibile fermare padre Werenfried». Così «quel giorno irruppe nella sala accolto da un fragoroso applauso: si formò una lunghissima fila di sacerdoti, religiosi e religiose che volevano ringraziarlo non solo per la borsa di studio, ma per tutto quello che quel gigante della carità aveva fatto per la loro Chiesa». «Angola, India, Perù, Iraq, Polonia, Ucraina. Venivano da ogni parte del mondo. E lì - conclude Ilardo - mi accorsi di quanto realmente fosse immensa la sua opera».