Tra la folla di Piazza San Pietro.

«Portate a tutti questo abbraccio»

In Piazza San Pietro per l'ultima apparizione pubblica da Papa. Ascoltare le sue parole con dentro un filo di nostalgia, eppure certi che quel che ci lega a lui non è un sentimento. Ma una paternità profonda. Che investe la vita e la cambia
Paolo Perego

Uno a uno. Mentre, sotto il sole di una giornata bellissima, la papamobile gira tra la folla. Giù, fino all’imbocco di Via della Conciliazione. E ritorno, tra striscioni e fazzoletti che sventolano. Ci avrebbe abbracciati uno a uno, se avesse potuto. Tutti. Ed erano centocinquantamila in Piazza San Pietro. Ma lui avrebbe voluto stringere al petto tutto il mondo. Ciascuno, ha detto lui. E l’impressione è che sia stato davvero così.

L’ultima udienza di Benedetto XVI, prima di ritirarsi in clausura e lasciare il Pontificato ad altro eletto. «Non abbandono la croce, ma resto in modo nuovo», ha spiegato alla folla per venti minuti durante i quali, lui “Papa teologo”, ha raccontato di sé, di quello che ha vissuto e scoperto in otto anni di Pontificato. Esperienza pura, nessun discorso. A partire da quel 19 aprile 2005: «Da quel momento in poi ero impegnato sempre e per sempre dal Signore». Come a dire che non si è “dimesso”, perché la sua vita, Gesù, se l’è presa tutta. E che «uno riceve la vita proprio quando la dona. Non appartiene più a se stesso, appartiene a tutti e tutti appartengono a lui». Abbracciato da Cristo.

Ecco. Sentirlo parlare, ieri in San Pietro, era come essere presi dentro quell’abbraccio. Come quello di un amico caro, carissimo, che parte. Ti saluta per l’ultima volta. Ce l’hai ancora davanti e già ti prende il magone e la nostalgia. Ti puoi fermare lì, passerà. E invece tutto quello che sta accadendo chiede un passo. Di andare alla radice di quello che ci lega, me e lui. È un attimo accorgersene. L’occhio sale verso l’alto, sulla statua di Cristo che campeggia in cima alla facciata della Basilica. Proprio sopra il Papa. La radice di quella nostalgia è Lui. Ti ha sempre portato lì, Benedetto. Tutti i discorsi, le udienze, tutta la sua vita. Nulla di meno. E ieri, per l’ultima volta, uguale, a ridire ancora, grato, che è per Lui che siamo fatti e che tutto è fatto.
«Grazie di cuore! Sono veramente commosso! E vedo la Chiesa viva!». Viva, ha detto all’inizio e alla fine dell’udienza. «Si può toccare con mano che cosa sia Chiesa. Non un’organizzazione, un’associazione per fini religiosi o umanitari, ma un corpo vivo, una comunione di fratelli e sorelle nel Corpo di Gesù Cristo, che ci unisce tutti. Sperimentare la Chiesa in questo modo e poter quasi toccare con le mani la forza della sua verità e del suo amore, è motivo di gioia, in un tempo in cui tanti parlano del suo declino». E invece per tutti questi anni è stato come essere nella barca sul lago di Galilea: tanti giorni di sole e di brezza leggera, e la pesca abbondante. E giorni di burrasca, quando il Signore sembrava dormire. «Ma ho sempre saputo che in quella barca c’è il Signore e ho sempre saputo che la barca della Chiesa non è mia, non è nostra, ma è sua. E il Signore non la lascia affondare; è Lui che la conduce, certamente anche attraverso gli uomini che ha scelto, perché così ha voluto. Questa è stata ed è una certezza, che nulla può offuscare».

Neppure quel limite di cui anche ieri, ancora, ha parlato. La fatica fisica, l’inadeguatezza ribadita sempre ogni giorno dall’elezione. Eppure «non sono mai stato solo». Mai abbandonato. Sempre abbracciato, appunto: «Non è solamente Dio che voglio ringraziare in questo momento. Un Papa non è solo nella guida della barca di Pietro, anche se è la sua prima responsabilità. Io non mi sono mai sentito solo nel portare la gioia e il peso del ministero petrino». Cardinali, aiutanti, persone comuni. Quelle che, spiega, gli hanno scritto in questi anni, sostenendolo sempre con affetto. Un affetto che oggi è venuto a cercare ancora, di cui ha bisogno anche lui.

L’abbraccio di ieri, epilogo carnale di una paternità di cui ti scopri grato, è stato una grazia. È l’evidenza di una compagnia, mai cosi chiara come poche ore fa di fronte a Benedetto XVI, data perché possiamo conoscere Cristo sempre di più. Per conoscere sempre di più quello per cui siamo fatti. Tanto da scoprirti addosso una fecondità nuova, che ti piomba addosso, sulla tua incapacità, la tua incoerenza. Sui tuoi limiti. «Portate a tutti questo abbraccio», ti dice. E ti commuovi al desiderio che hai di tornare a casa e stringere i tuoi figli così. Con quell’abbraccio, proprio il suo. Tutto teso al loro destino. Che grazia guardarli così. Che grazia guardare tutto così, secondo la sua vera natura. Che grazia l’abbraccio di Cristo.