Monsignor Ilario Antoniazzi.

Cosa porta dal Medio Oriente il nuovo Arcivescovo di Tunisi

Da parroco nell'alta Galilea a pastore della comunità tunisina. Tutte le sfide che aspettano il successore di Maroun Lahham. Intervista a monsignor Ilario Antoniazzi
Maria Laura Conte

Dalla Galilea all’altra parte del Mediterraneo: un balzo non da poco attende Mons. Ilario Antoniazzi, il nuovo Arcivescovo di Tunisi che ha fatto il suo ingresso nella capitale domenica 14 aprile. Veneto di origine, giunto in Terra Santa ancora giovane per la sua formazione presso il Seminario del Patriarcato di Gerusalemme dei Latini, ordinato sacerdote nel 1972, Mons. Antoniazzi lascia il suo incarico di parroco di Rameh in Israele (circa 3500 cristiani, di cui circa 500 latini) e di direttore generale delle Scuole del Patriarcato Latino in Israele, per guidare la comunità cattolica di un Paese impegnato nel tentativo impervio di costruire un’autentica democrazia e di rilanciare un’economia in drammatica crisi sotto la minaccia di gruppi violenti di salafiti.

Ma a una simile destinazione, che mai avrebbe immaginato, Mons. Antoniazzi arriva con una buona dose di realismo e molta speranza: «È un vero salto quello che mi attende. Spero non un “salto mortale”. Sarà molto diverso il contesto, ma quello che mi aspetto è di capire il piano del Signore su di me e sulla Tunisia. Ho parlato con il Vicario generale dell’arcidiocesi che mi ha descritto la situazione nel dettaglio e ho colto che ciò su cui dovremo tutti insistere è la speranza: la speranza dei cristiani che vivono lì deve essere sempre alimentata. La Tunisia vive un momento delicato e molti si chiedono come potrà andare a finire la storia. Ma è solo il Signore, il Dio della storia, non l’uomo, che può rispondere».

Come ha guardato dalla Galilea alle primavere arabe?
Ho seguito soprattutto le rivolte del Medio Oriente, della Siria in particolare, nostra vicina, e del Libano. Allora la Tunisia mi sembrava lontanissima, ora è in cima ai miei pensieri.

Com’è stata in passato la sua esperienza di prossimità con i musulmani?
In Galilea non abbiamo problemi particolari di convivenza tra cristiani e musulmani, perché qui governa la legge di Israele e, sia cristiani che musulmani, siamo entrambi in minoranza. Ma ho vissuto per vent’anni anche in Giordania, dove noi cristiani eravamo in netta minoranza rispetto ai musulmani. Ebbene quello è stato proprio un bel periodo. Non c’erano problemi. Anzi, avevamo tanti amici musulmani, in occasione delle feste religiose si condivideva molto, c’era un reciproco scambio di auguri. Ho imparato allora a voler bene al mondo musulmano, a scoprirlo fino a considerarlo interessante e amico. Se c’erano degli screzi, si risolvevano, ma non si arrivava mai a punti di non ritorno.

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