La copertina del libro.

Chi deve la vita a Bergoglio?

Appena eletto, le voci sulla sua collusione con il regime argentino. Poi un'inchiesta che rivela l'impegno dell'allora provinciale gesuita per salvare i prigionieri. Alla presentazione del libro di Nello Scavo, per capire un po' di più «chi è» il Papa
Anna Minghetti

«Che i Cardinali si siano sbagliati?». Il dubbio Nello Scavo lo confessa al pubblico che il 7 ottobre ha assistito alla presentazione del suo libro La lista di Bergoglio, tenutasi nella sede della Civiltà Cattolica di Villa Malta, in cui, oltre all’autore, sono intervenuti la regista Liliana Cavani, il direttore di Avvenire Marco Tarquinio e Lorenzo Fazzini, direttore di Emi, che ha curato l’edizione del volume.

Era trascorsa solo qualche ora da che la città e il mondo avevano visto il volto del primo Papa latino americano affacciarsi da San Pietro, che già su internet rimbalzava la notizia di una passata collusione del neopontefice con il regime della Giunta militare argentina. Un sospetto che accende la curiosità del giornalista di andare a vedere personalmente come stanno le cose, per scoprire la verità. L’esito dell’inchiesta giornalistica di Scavo, appoggiato e suffragato dal suo direttore Tarquinio, ha fatto scoprire tutt’altro. Ha portato alla luce non solo che l’allora provinciale gesuita non ha mai collaborato con la dittatura argentina, ma che ha anche salvato tante vite dalla reclusione, dalla tortura e dalla morte.
Un libro importante, come ha affermato Liliana Cavani, che «pone problemi fondamentali, perché davanti a una dittatura vengono fuori tante cose». Soprattutto la questione del male e del bene. E questo volume mostra che Bergoglio non ha mai avuto esitazioni su da che parte schierarsi. Anche se la situazione non era stata semplice da capire nell’immediato, ha osservato ancora la Cavani: «Bergoglio stesso dice di aver fatto fatica a comprendere la gravità della situazione fino a che non gli portarono gente da nascondere». Lui «non aveva mai condiviso gli ideali rivoluzionari», ma questo non gli ha impedito di «agire da cristiano e basta».

Perché tutto questo non si era mai saputo? «Perché non c’era alcuna reputazione da salvare», ha ricordato Tarquinio: «C’erano solo delle persone da salvare». Bergoglio non ha mai voluto accendere i riflettori sopra queste vicende perché per lui aver agito così è stato semplicemente comportarsi da cristiano. E l’ha fatto in modo furbo e insieme ingenuo, per usare la definizione che lui stesso dà di sé nell’intervista a Civiltà Cattolica. È infatti ingenuo girare in macchina per Buenos Aires, trasportando dissidenti ricercati dalla polizia perché possano scappare e mettersi in salvo, o per far loro incontrare i figli che altrimenti non potrebbero vedere. Un comportamento ingenuo perché non prendeva in considerazione i rischi che correva, ma il punto era salvare delle vite umane e poco importava se per fare questo metteva a repentaglio la propria incolumità. Ingenuo, ma anche furbo, perché comunque Jorge Mario Bergoglio è sempre riuscito in quello che faceva senza mai incorrere in grossi problemi con le autorità del regime. In questo modo è riuscito ad aiutare tante persone, direttamente e anche indirettamente, impedendo che fossero rivelati nomi da chi costretto a parlare sotto tortura.
Tanti, perciò, non sanno neppure di "dovere la vita" al Papa argentino. Molti altri invece lo sanno eccome, e hanno voluto raccontare quest’esperienza a Scavo, che ha fatto «non un libro di storia, ma un libro di storie». Storie di persone inizialmente reticenti nel dire quanto avevano vissuto, sia per rispetto alla discrezione scelta dallo stesso Bergoglio, sia per timore che raccontare il bene che questi aveva fatto potesse essere visto come un’operazione volta a nascondere i punti oscuri della vita del Pontefice. A questo si somma la difficoltà di raccontare il dramma di certe esperienze e Scavo ha sottolineato il senso di colpa che molti si sono portati dietro per tanto tempo per essere sopravvissuti, mentre altri erano finiti in fondo al Rio de la Plata.

«Questo libro», ha concluso il direttore della Civiltà Cattolica, padre Antonio Spadaro, «non vuole fare di Bergoglio né un santo né un santino. Sarebbe un errore fissarsi sul passato quando c’è un ribollire di esperienza presente». Lo scopo di questo lavoro è solo di aggiungere un tassello in più per rispondere alla domanda con cui lo stesso Spadaro ha aperto la sua intervista al Papa: «Chi è Jorge Mario Bergoglio?». E come ha ricordato Scavo, che sull’allora provinciale gesuita e su quel periodo ha avuto modo di farsi un’idea, è certo che ancora «ne vedremo delle belle».