La prima <em>Via Crucis</em> in Duomo.

«Dio ci giudica amandoci»

In Duomo, l'arcivescovo Angelo Scola ha iniziato il percorso quaresimale per la Diocesi. Cosa significa portare la Croce «anche quando rischia di spaccarti in due». È così che Gesù «ha risposto al male del mondo»
Francesca Mortaro

«In questa Quaresima lasciamo venire fuori ciò che siamo, i nostri peccati e le miserie. Solo così potremo essere perdonati e amati davvero». Nel primo incontro del cammino quaresimale, l’Arcivescovo Angelo Scola invita i fedeli a contemplare “lo spettacolo della Croce”, non da semplici spettatori, ma «lasciandoci coinvolgere guardando Gesù. Un moto possibile perché è Lui per primo che ci guarda».

La Croce avanza dal fondo del Duomo accompagnata da un piccolo corteo di persone e si ferma per tre volte, lungo la navata centrale, ripercorrendo le prime stazioni della Via Crucis: Gesù condannato a morte, caricato della Croce e che cade per la prima volta. Sull’altare Maggiore è esposta l’opera Cristo albero della vita tra Mosé e Re David, magnifico manufatto in legno dorato veneziano del XVIII secolo, emblema di un amore da cui nasce la primavera della vita.

«Non c’è nulla di più inaudito di un innocente che espia e soffre», afferma Scola commentando la prima stazione: «L’hanno deriso, oltraggiato, insultato. Egli ha accettato tutto questo per noi, trasformando il dolore in uno strumento di salvezza, liberandoci dalla condanna della morte». In un passo proposto durante la meditazione, le parole di Madre Teresa di Calcutta richiamano l’attenzione sulla partecipazione dell’uomo alla Passione di Cristo: «Bisogna accompagnare il Cristo lungo tutta l’ascesa al Calvario, se si vuole arrivare assieme a Lui in cima al monte. È proprio per questo motivo che Gesù, prima di morire, ci ha fatto dono del Suo Corpo e del suo Sangue, affinché potessimo trovare la forza per prendere su di noi la nostra Croce e seguire passo dopo passo il Suo cammino».

È facile portare la Croce quando tutto, nella vita, va per il verso giusto, ma la sfida è portarla anche quando «rischia di spaccarti in due», commenta Scola, «di distoglierti da te stesso, di rendere insignificante l’altro, nel dolore tremendo di una madre che perde il figlio, nelle tragedie che nascono dall’uomo e che dimentichiamo troppo rapidamente. Ma per quanto parlare di espiazione delle colpe del mondo possa infastidire la nostra sensibilità post-moderna, non possiamo negare questa realtà».

Nella seconda stazione, Pilato libera Barabba e condanna Gesù. L’omicida viene salvato e l’innocente imprigionato. «In Barabba, in un certo senso, è possibile riconoscere tutti gli uomini», prosegue l’Arcivescovo, «la salvezza dell’uomo avviene in forza della morte del Redentore». Più volte nel Nuovo Testamento si incontrano le espressioni “per voi”, “per noi”, “per molti” dove, precisa Scola, «la preposizione per esprime di volta in volta l’idea che Gesù è morto al posto nostro, è morto per causa nostra, è morto in nostro favore». A vincere è la legge dell’amore. Tutti ne hanno fatto esperienza, per esempio, nell’affetto materno. «Quale madre, che sia veramente tale, davanti al figlio divorato dalla sofferenza, non ha implorato di poter prendere il suo posto? Soltanto nell’esistere per l’altro l’uomo realizza pienamente se stesso, nel dono di sé». Anche papa Francesco insiste su questo punto e le sue parole vengono riproposte proprio a conclusione di questo passaggio: «La Croce di Gesù è la Parola con cui Dio ha risposto al male del mondo. La sua risposta è la Croce di Cristo. Dio ci giudica amandoci». L’unica condanna è quella che l’uomo stesso si infligge escludendo e rifiutando apertamente il dono del Suo amore.

Nella terza stazione, Gesù viene schiacciato fisicamente dal male dell’uomo. «Egli portò i nostri peccati nel suo corpo». E non per modo di dire. «Nella società del virtuale, dell’immagine, dell’apparenza, questa “carnalità” del divino sorprende e quasi scandalizza. Eppure è la cifra distintiva del cristianesimo». Le brutalità sono davanti, sopra e dentro di Lui, che se le prende in spalla e invita tutti a fare un cammino insieme. «Cadendo sotto il peso della Croce», conclude Scola, «rivolge il Suo sguardo a noi e ci chiede, mistero della divina misericordia, di aiutarlo a risollevarci. La carità dei cristiani, ogni gesto con cui fanno presente per grazia l’amore di Dio per gli uomini, risolleva e accompagna Cristo sulla via del Calvario».