Papa Francesco con il presidente turco Erdogan.

Nel dialogo, la meta sospirata dell'unità

Tre giorni intensi, dal 28 al 30 novembre, quelli della visita di papa Francesco nel Paese della Mezzaluna. Dall'incontro con l'ortodosso Bartolomeo I a quello con il presidente Erdogan. Cronaca di un viaggio che, ancora una volta, ha sorpreso tutti
Marta Ottaviani

Il Papa va in Turchia, l'Ecumene sorride e Ankara abbozza. Il bilancio di papa Bergoglio per la sua tre giorni nel Paese della Mezzaluna è senza dubbio il più roseo possibile. Al presidente Recep Tayyip Erdogan non è rimasto altro che volgere la visita nel modo più utile alla Turchia.

Il viaggio del Pontefice partiva da un invito inviato da Bartolomeo I lo scorso marzo, a cui Erdogan ha dato immediatamente seguito una volta divenuto Capo di Stato, lo scorso agosto. Francesco è stato il quarto Papa a visitare la Turchia dopo Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Ma questa missione aveva un valore speciale sia per quanto riguarda il fronte ecumenico, sia quello più propriamente politico e diplomatico.

Quest'anno infatti si festeggia il cinquantesimo anniversario della ripresa del dialogo fra cattolici e ortodossi. È trascorso mezzo secolo da quando, a Gerusalemme, il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, Atenagora, abbracciò papa Paolo VI. Quello con Bartolomeo I è stato un incontro molto caloroso. Il capo della Chiesa di Oriente e quello della Chiesa di Occidente si conoscono da anni. L'obiettivo è chiaro: continuare sulla strada del dialogo e del riavvicinamento insieme, ognuno con i sui riti, i suoi dogmi e le istituzioni, e cercare di colmare il divario dello Scisma del 1054. In questo senso vanno collocate le parole di papa Bergoglio alla messa al Patriarcato ortodosso di Costantinopoli: «Voglio assicurare a ciascuno di voi che, per giungere alla meta sospirata della piena unità, la Chiesa cattolica non intende imporre alcuna esigenza, se non quella della professione della fede comune, e che siamo pronti a cercare insieme», ha detto papa Francesco. Concetto ribadito anche nella Dichiarazione congiunta con Bartolomeo I, nella quale si legge: «Esprimiamo la nostra sincera e ferma intenzione in obbedienza alla volontà di nostro Signore Gesù Cristo, di intensificare i nostri sforzi per la promozione della piena unità tra tutti i cristiani e soprattutto tra cattolici e ortodossi».

Il Pontefice e il Patriarca, però, hanno lanciato anche la promozione a un «dialogo costruttivo con l'Islam, basato sul mutuo rispetto e l'amicizia». E hanno aggiunto: «Come leader cristiani, esortiamo tutti i leader religiosi a proseguire e a rafforzare il dialogo interreligioso e a compiere uno sforzo per costruire una cultura di pace e di solidarietà fra le persone».

Parole fortissime e, a proposito di dialogo, il vero punto della situazione è capire come verranno accolte, nei fatti pratici, dall'altro soggetto del dialogo, ossia dal mondo musulmano. In testa la Turchia, che ha ospitato il viaggio del Paese e che, anche se a livello sempre più teorico, rimane un Paese candidato all'ingresso in Unione Europea.

Papa Francesco è arrivato nel Paese della Mezzaluna in una apparente posizione di maggiore tranquillità rispetto al suo predecessore, Benedetto XVI, il cui soggiorno in Turchia era stato reso particolarmente difficile dalle polemiche sull'interpretazione scorretta e distorta del discorso di Ratisbona. Il clima generale era più rilassato. A parte il quotidiano islamico a tiratura limitata Milli Gazete, che il giorno prima del suo arrivo ha pubblicato una prima pagina con su scritto «Hos Gelmedin» («Non sei benvenuto»), tutti gli altri hanno aspettato le parole del Pontefice, prima di giudicarlo.

I commenti sul suo discorso durante l'incontro con il Presidente della Repubblica, Recep Tayyip Erdogan, sono entusiastici. Le rigide misure di sicurezza hanno impedito a papa Francesco di intrattenersi con le decine di fedeli che lo aspettavano vicino all'ex Basilica di Santa Sofia. E nella capitale, pur in una condizione di estrema gentilezza da parte delle autorità turche, il clima è rimasto freddo fino al suo discorso. Papa Bergoglio è stato lodato dalla stampa per i suoi modi semplici e spontanei e per la scelta di girare ad Ankara su una Passat e a Istanbul su una Renault. Una distanza siderale con il presidente Erdogan, che proprio in queste settimane è stato molto criticato per il suo nuovo palazzo presidenziale, dal costo esorbitante di 600 milioni di dollari. Ma ad attirare la simpatia di tutti i media, non importa l'orientamento politico, è stato il messaggio di pace lanciato all'Islam.

Ibrahim Kalin, uno degli uomini più vicini a Erdogan, ha usato il viaggio di Francesco per criticare indirettamente Benedetto XVI e nel suo editoriale di commento al primo giorno del Papa in Turchia ha scritto: «Papa Francesco arriva in Turchia con un'agenda simile a quella di Benedetto XVI, ma con toni e atteggiamenti molto differenti. Mentre Benedetto era un teologo prima di ogni altra cosa, Francesco è uomo di azione e umiltà».

Quello che Kalin non ha considerato, è che rispetto al 2006, quando Ratzinger visitò la Turchia, sono cambiati, e di molto, anche i toni del presidente Erdogan. Ad appena ventiquattr'ore dall'arrivo del Papa, il Capo di Stato non ha esitato a lanciare una vera e propria invettiva contro l'Occidente interessato solo ai soldi dei musulmani. Nel suo discorso ufficiale, non ha esitato a riproporre i temi che gli stanno più a cuore, ossia la caduta del dittatore siriano alawita, Bashar al-Assad, e del presidente egiziano al-Sisi, nel secondo caso criticando indirettamente lo stesso Pontefice, che lo aveva ricevuto pochi giorni prima a Roma.

Una situazione paradossale, che il quotidiano di opposizione Cumhuriyet ha sintetizzato con il titolo «Dal Papa la preghiera, da Erdogan il rimprovero». Poche parole che stigmatizzano gli atteggiamenti diversi dei due uomini e forse anche i loro obiettivi. Da una parte papa Francesco che cerca il dialogo con l'Islam, dall'altra la Turchia, che da tempo è entrata a pieno titolo nelle lotte non solo fra Islam sunnita e sciita, ma anche nella guerra fra fazioni all'interno dei sunniti e che ambisce a diventare un Paese di riferimento nella regione. Rimane, fortissimo, il dubbio su chi sia veramente in grado di accogliere questo invito al dialogo del Pontefice.