Il volto della Sacra Sindone.

Sindone: per fidarsi di Dio

Da secoli il luogo dove è custodito è meta di pellegrinaggi. Un telo di lino oggetto di mille domande: vero o falso? Reliquia o icona? Ma forse, come ricordava il cardinal Martini, non è che «il simbolo del metodo divino»
Alessandro Banfi

Sugli autobus rossi e a due piani di Londra c’è una pubblicità governativa che invita i passeggeri a denunciare ogni sospetto alle autorità competenti. Lo slogan dice: «Trust your senses». Fidatevi dei vostri sensi. Quanto è interessante oggi questo invito, anche al di là delle accortezze di pubblica sicurezza. È un invito che riecheggia, fra l’altro, la grande lezione sensista del Seicento inglese ma che è molto opportuno in un’epoca confusa, spiritualista e spiritista. Esoterica e irrazionale com’è ormai la nostra (decadente) epoca. Vi sembrerà strano ma vorrei mettere questo slogan in cima a questo articolo. Fidatevi dei vostri sensi, solo così potrete apprezzare la discussione sulla Sindone conservata a Torino, oggetto di venerazioni e pellegrinaggi fino al 24 giugno. Che sia solo un’icona o piuttosto una reliquia, come la chiamò Giovanni Paolo II, la Sindone è veneratissima da secoli.

Una particolarità non sfuggirà comunque al più scettico dei visitatori e dei nostri lettori: questo lino catalizza l’interesse dell’umanità quasi solo nella modernità. Non solo per via dei mass media, ma per una particolare scoperta tecnologica: la fotografia. La data è importante, 1898, e il protagonista è un fotografo dilettante che di mestiere fa l’avvocato. Si chiama Secondo Pia. È lui il primo uomo che, ottenuto dai Savoia il permesso di fotografare il lino in occasione di un’ostensione, vede la lastra negativa appena sviluppata e per poco non sviene dall’emozione. Il negativo mostra infatti ciò che la venerazione di secoli non aveva avuto modo di vedere e di sapere: emerge da esso un volto con dei particolari mai affiorati. Per chi crede nella Provvidenza, la conservazione e la venerazione della Sindone, di cui si ha notizia storica certa almeno da mille anni, trova misteriosamente compimento nelle conoscenze dell’uomo d’oggi. Per lo scettico ateo, è comunque una circostanza di rilievo. Da allora il lino conservato a Torino è al centro di dispute e analisi scientifiche senza precedenti, anche se nessuna delle tante aggiornatissime e tecnologiche indagini ha dato fino ad oggi un responso definitivo né in un senso, né nell’altro. Come se l’uomo della Sindone non volesse imporsi, lasciando alla libertà di ogni singolo e alla sua volontà o, diciamo pure, alla sua fede, di credere o meno.

Fra le tante pubblicazioni date alle stampe sulla Sindone di Torino, c’è un piccolo libretto che non va dimenticato. È quello a firma del cardinale Carlo Maria Martini, intitolato Il Dio nascosto, Edizioni OCD. Si tratta di una meditazione sulla Sindone, semplice e profonda, che non dà per scontata l’autenticità del lino, anche se la rende oggetto di una lunga contemplazione religiosa. Martini, gesuita e grande biblista, prende le mosse da un versetto di Isaia: «Veramente tu sei un Dio nascosto», e da una bella frase del filosofo francese Paul Ricoeur. A chi gli domandava come definiva la fede cristiana da filosofo, questi rispondeva: «Il cuore della fede sta in un nucleo simbolico centrale, quello del servitore sofferente, dell’uomo gradito a Dio, perché dà la sua vita per i suoi amici». Martini trova nel lino di Torino l’incrocio di un Dio che si nasconde e che insieme si manifesta attraverso il servo sofferente. L’enigmaticità della Sindone trova una sua coerenza con il Mistero di un Dio che si fa uomo e che si propone agli uomini, alla loro libertà, senza imporsi, ma servendo, soffrendo, condividendo. Quella che potrebbe apparire come la debolezza della Sindone - non essere con una certezza assoluta, al 100 per cento, quel lenzuolo funebre in cui fu avvolto davvero Gesù Cristo - diventa la sua vera forza, l’ultima riprova che si tratta del metodo di Dio, che ha mandato suo Figlio, un Uomo che non si propone solo nella gloria ma anche nell’inermità, nella debolezza, nel nascondimento. La mancata prova ultima, e scientifica, della Sindone diventa così una prova psicologica, morale, per certi versi addirittura religiosa della sua verità.