Il cardinale Angelo Scola.

Tra lontani vicini e vicini lontani

Da una parte, i migranti che arrivano in Europa. Dall'altra, gli attentati di Parigi firmati da "cittadini francesi". In mezzo, tante domande, protagoniste di un Convegno promosso dalla Fondazione Oasis: «Conoscere il meticciato, governare il cambiamento»
Giorgio Paolucci

Può bastare un confine per fermare la storia in movimento? Gli accadimenti più recenti inducono a una risposta negativa. Migliaia di migranti sono arrivati in Europa varcando confini marittimi attraverso il Mediterraneo o terrestri percorrendo la rotta balcanica, e gli attentati di Parigi portano la firma di terroristi nati e cresciuti in Francia, una raccapricciante dimostrazione che chi mette in pericolo la convivenza sociale delle nostre comunità non viene da "oltre confine" ma in esse è nato e cresciuto. Il lontano è sempre più vicino, il vicino può - inaspettatamente? - rivelarsi come un lontano.

Anche certe categorie che sono state a lungo considerate chiare e definite vanno sottoposte a una rivisitazione critica: quante sfumature, quanti mondi ci sono dentro la parola islam? Cosa significa dire Europa in un continente dove vivono 20 milioni di musulmani? Quanto incide l'esperienza migratoria nell'identità di chi arriva e in quella della società che ingloba i nuovi arrivati? Interrogativi pesanti, che hanno accompagnato il ciclo di incontri promosso dalla Fondazione Oasis sotto il titolo "Conoscere il meticciato, governare il cambiamento" e che sabato scorso ha vissuto la sua ultima tappa all'Università Cattolica di Milano.

Alla crisi in cui si dibatte un mondo islamico sempre più diviso - che appare incapace di misurarsi con la modernità, vissuta come un corpo estraneo, e dove il virus del radicalismo jihadista si sta diffondendo - si accompagna lo smarrimento di un'Europa orfana di solidi riferimenti ideali, sacrificati sull'altare di un nichilismo gaio e di un relativismo che l'ha progressivamente infragilita.

Inutile coltivare l'illusione di trovare formule magiche per affrontare problemi complessi che ci accompagneranno per decenni, ammonisce il cardinale Angelo Scola, che condivide e rilancia l'osservazione formulata pochi giorni prima da papa Francesco davanti ai vescovi italiani riuniti a Firenze: non siamo davanti a un'epoca di cambiamenti, ma a un cambiamento d'epoca, che ci sfida a superare schemi ormai superati e a chiederci se siamo davvero convinti che esista un disegno buono nella storia perché c'è un Padre buono che la conduce, lasciando all'uomo la facoltà di usare la sua libertà. Ma non ci può essere esercizio di libertà se si nega l'esistenza di una verità che la guidi. Libertà e verità sono un binomio inscindibile, e averlo rotto è stata la fonte di molti dei guai con cui ci stiamo drammaticamente misurando.

Su un punto si sono trovati concordi i relatori chiamati a confrontarsi da Oasis (il tunisino Abdelmajid Charfi, il francese Henry Laurens e l'italiano Riccardo Redaelli, moderati da Andrea Pin): tra Europa e mondo islamico non ci può essere un confronto adeguato alla gravità del momento se non si parte dalla convinzione che ogni vera identità vive e può svilupparsi solo in un rapporto aperto con altre identità, che il confronto con l'altro non è un accidente ma una necessità per andare più a fondo nelle ragioni che tengono in piedi la mia esistenza, per capire di più chi sono io. La realtà ci costringe a misurarci con una elementare constatazione, ammonisce l'arcivescovo di Milano: non possiamo prescindere dal fatto che dobbiamo vivere insieme, «e per questo abbiamo bisogno di uno sguardo ultimamente positivo che può essere alimentato solo dalla speranza. Ma la speranza non me la trovo dentro, è un dono».