Il primo giorno, di nuovo

Sui giornali si rincorrono i dati, spesso sconfortanti, del mondo scolastico. Tra commenti preoccupati, non pochi problemi e qualche idea innovativa. Ma intanto gli studenti hanno ripreso l'anno. Qui alcuni flash da chi ha iniziato l'avventura con loro
Francesca Mortaro

Tutto è vecchio?
Giovanna insegna al Vilfredo Pareto, un Istituto tecnico-commerciale di Palermo. È da ventisei anni che fa questo lavoro. Ma per lei tornare in cattedra, un'altra volta e con tutti i problemi che sembrano affossare la scuola, è tutto tranne che una condanna. «Oggi ho iniziato con un sentimento di gratitudine, per quello che ho imparato insegnando».
Dice che le difficoltà nel mondo della scuola ci sono sempre state, fin dai suoi inizi: «Gli stipendi sono sempre stati bassi e le responsabilità sono sempre le stesse, anzi forse sono aumentate». Ma le note negative e le lamentele non prevalgono in questo primo giorno. «Sono curiosa di vedere cosa accadrà quest’anno. Il sentimento che “tutto è vecchio” io non lo vedo. Tra colleghi si condivide anche la pesantezza di certi aspetti, ma è più che altro un luogo comune. In realtà siamo tutti contenti di rincontrare i ragazzi e i colleghi, di rimetterci in moto». Sono i ragazzi i protagonisti: «Mi sorprendo sempre con loro, non posso mai rinchiuderli in uno schema. Sono imprevedibili. La cosa che mi piace di più è vederli stupiti di fronte a qualcosa che imparano, di fronte al miracolo della conoscenza. E con loro mi ristupisco anch'io. Di tutto quello che penso già di sapere».


Dentro la lezione
«Non ho chiesto delle vacanze, oggi che era il primo giorno. Ho voluto subito entrare nella materia». Storia e Letteratura. Giancorrado insegna in liceo scientifico di Corsico, vicino a Milano: oggi ha spiegato in due classi diverse l’uomo del Medioevo e l'uomo moderno. «Ho visto, un'altra volta, che nei ragazzi si accende qualcosa. Nello studio c’è la possibilità di scoprire insieme che la promessa di senso tocca tutto: è questo che mi colpisce sempre».
Quando racconta di quello che vede in classe, non parla di qualcosa di "fuori dal comune", ma di un'attesa che è «naturale», e carica di aspettativa: «Un ragazzo è per sua natura teso a capire cosa c'entra quello che gli viene spiegato con la sua umanità. Sta davanti alla lezione cogliendo qualcosa della sua vita, perché vuole capire, si interessa. E così conosce qualcosa di sé che non sapeva. Ed io di me».


«Dire ai versi, ai ragazzi e a me»
«Una grande attesa». Così Carlo ha vissuto i giorni che precedevano l'arrivo dei ragazzi nella sua scuola, il Liceo Sacro Monte, a Varese. «Sono entrato in classe più libero rispetto all’anno scorso. Quell’attesa ha tolto l’angoscia e la preoccupazione di fare una bella lezione, di stupire i ragazzi. Mentre leggevo le poesie che avevo preparato, ero curioso di capire cosa volessero dire quei versi innanzitutto a me. E per spiegarli ho dovuto farci i conti, in quell’istante preciso». Racconta la scoperta fatta leggendo i versi di Pavese: È bello vivere perché vivere è cominciare, sempre, ad ogni istante. «Mi sono dovuto chiedere cosa vuol dire per me cominciare ora? Con questi ragazzi qui? È bello cominciare? Solo lasciando aperte queste domande mi sono goduto le quattro ore consecutive di questa prima mattina».
E che cosa ha voluto dire, quindi, cominciare? «Dire a quello che avevo davanti. Ai versi, ai ragazzi e a me stesso. Stupito di fronte a quello che accadeva. Il bello è che si parte da mille interrogativi e s'inizia insieme un cammino». Una strada che, tutti gli anni, sembra sempre la stessa, «invece, come dice Montale, l’imprevisto è la sola speranza. E io voglio stare a vedere».