Facciamo i conti con la libertà di educare

Anche l'istruzione finisce nel mirino della "spending review". Dopo la confusione dell'Imu, sarà dimezzato il fondo destinato alle scuole non statali. Abbiamo chiesto a Gabriele Toccafondi, parlamentare Pdl, che cosa sta accadendo
Davide Ori

«Anche se fossi un ragioniere asettico farei la parità scolastica». A parlare è Gabriele Toccafondi, parlamentare del Pdl: «In questo momento, dove il nostro Paese sta affrontando un cambio sociale radicale, il sostegno alle scuole pubbliche non statali è molto importante».

In seguito all’annuncio di un taglio del 50%, previsto dalla spending review sul fondo destinato all’istruzione non statale, c’è stata una forte reazione da parte dell’associazionismo scolastico. Si parla di 252 milioni di euro che verranno sottratti dal fondo storicamente destinato all'istruzione non statale (e mai aumentato dal 2002) pari a 530 milioni. Infatti, per il 2013 è per ora previsto un finanziamento di 278 milioni. Questo significherebbe la chiusura di numerose scuole e, quindi, un vuoto nel sistema educativo italiano. «Basti pensare che il 35% delle scuole materne frequentate dai bambini è paritario», spiega Toccafondi: «Gli studenti che frequentano gli istituti non statali, nei vari ordini e gradi, sono in tutto poco meno di un milione». Le 15mila scuole paritarie in Italia danno lavoro a diverse migliaia di persone tra maestre, professori e personale amministrativo e non. E in molti casi, queste realtà sono l’unica fonte d’educazione nei piccoli centri.

Il «vuoto» che si andrebbe a creare ricadrebbe comunque sulle spalle dell'amministrazione pubblica, con ulteriori costi a partire dalla costruzione di nuove strutture. Ci sono tutte le ragioni di una convenienza per lo Stato nel sostegno delle scuole private, a partire dall’oggettività delle cifre. Quanto costa allo Stato ogni studente, facendo una media tra i diversi gradi d’istruzione? I numeri parlano chiaro: 530 euro per le scuole paritarie, 5500 euro per quelle statali. «È da cinque anni che lottiamo per il reintegro del taglio previsto per il fondo istruzione. Negli ultimi due anni siamo riusciti a recuperare oltre 200 milioni. Quest’anno si presenta uno scoglio ancora più duro, ma il nostro approccio non cambia: la difesa della libertà di educazione e il sostegno a ragioni di natura economica, per il bene di tutti». Al posto di tagliare i fondi alle paritarie «bisognerebbe incentivarle: ogni euro investito su di esse renderebbe allo Stato cinque euro di risparmio. E così si arriverebbe ad una parità scolastica, non più solo giuridica, ma anche economica».

Un'altra questione che mette a rischio la sopravvivenza delle paritarie è l'imposta municipale unica (Imu). Alcune scuole potrebbero chiudere, perché questa tassa pesa in media per 20mila euro circa e le rette delle piccole strutture potrebbero subire un aumento significativo. A febbraio, il premier Mario Monti aveva pubblicamente affermato l’esenzione dall’Imu per tutte le scuole paritarie «non a scopo di lucro». Ma questo ha lasciato adito a interpretazioni. Quali opere educative sono non profit e quali commerciali? Molti comuni giocano su questa ambiguità e hanno fin da subito riscosso la tassa. La questione potrebbe trovare una soluzione con una circolare ministeriale che lo stesso presidente del Consiglio aveva garantito entro 60 giorni dal decreto Imu. Ma questo documento non è ancora uscito. «La circolare sta per arrivare. Per ora valgono le regole governative già esistenti, per cui il termine commerciale va inteso in senso stretto: le cooperative e le onlus sono esenti dall’imposta».

Un altro punto scoperto sono le detrazioni fiscali. Per le scuole sono pressoché nulle, se non per l’asilo nido. Ma anche in questo caso, subirebbero un ulteriore taglio. «È bene guardare tutte le detrazioni e in tempo di crisi adottare delle scelte. Stiamo lavorando perché le agevolazioni alle famiglie possano aumentare, anche a discapito delle imprese». Proprio per questo Toccafondi, insieme con altri politici, ha concordato l’inserimento dell’indice familiare all’interno del modulo Isee, cosicché i servizi pubblici, tra cui la scuola, non gravino in modo eccessivo. «Mentre aspettiamo la circolare ministeriale, continuiamo a lavorare», conclude: «Lo scopo è che ogni genitore sia libero di mandare il proprio figlio dove meglio crede e che queste strutture possano rimanere aperte».