Un momento della Giornata di fine anno di Gs.

Il sapore di un nuovo inizio

Primo weekend di vacanza dopo la chiusura delle scuole. Tempo di sfoghi? A Milano i ragazzi di Gs hanno trascorso una giornata insieme a riguardare a quello che è successo quest'anno. Ecco il racconto di uno di loro
Tommaso Benco

«L’inizio delle vacanze non è lo sfogo, ma è occasione per giudicare che l’esperienza è un punto da cui partire per conquistare la maturità». Queste le parole di Alberto Bonfanti, insegnante, a qualche centinaio di ragazzi delle superiori riuniti insieme a Milano, l’8 giugno, al teatro dell’istituto Leone XIII. E poi cita don Giussani: «La vita è mia, irriducibilmente mia»; e Jack Kerouac: «Non mi dimetto dal mio tentativo di essere felice». Sul palco c’è anche Davide Prosperi, ricercatore universitario e responsabile di CL. Questi gli ingredienti con cui prende il via la Giornata di fine anno di Gioventù Studentesca milanese per gli studenti che hanno deciso di spendere il primo assaggio di estate e di vacanza a raccontarsi le proprie esperienze e le scoperte fatte in questi mesi di scuola.

Al mattino, appena si aprono le porte, il salone del teatro si riempie piano piano, con ordine. Microfono aperto al pubblico sul palco, con domande e interventi che iniziano a susseguirsi da subito.

Inizia Marta, del liceo scientifico Alexis Carrel: «Quest’anno è stato molto intenso, e la cosa che mi stupisce è che mi ha obbligato a chiedermi cosa mi interessa veramente. Ho dovuto riconoscere nel mio modo di vivere lo studio che mi interessava scoprire cosa c’era in gioco. Questo non toglie la fatica ma cambia completamente la prospettiva». Le fa eco Maria, raccontando del saluto di Carrón al Triduo pasquale: «Sono rimasta molto colpita, anche se non ho capito tutto, quando parlava dell’affezione a sé». Le risponde Prosperi: «La parte che non hai capito, non l’hai capita perché non ti volevi bene, in fondo. Questo dimostra la verità che ha detto Carrón: che il senso della vita sia sperimentato dentro uno sguardo. Cioè che ci sia qualcuno che ti guarda come “bene”. Come è possibile che questa affezione diventi affezione a sé? Che uno deve desiderare di essere desiderato». Replica subito Checco, che frequenta la scuola professionale Cometa di Como: «Ho tutti i mezzi per scoprire Gesù in ogni cosa che mi accade, dall’uscire con la morosa a quando faccio caritativa coi miei amici. Perfino quando vado a mangiare dai miei nonni. Perché Gesù è presente ora. Altrimenti sarebbe tutto un po’ di meno».

Sale sul palco Federica: «Dopo essere stata eletta rappresentante di istituto nella mia scuola mi sono imposta di portare qualcosa di nuovo per migliorare le cose. Ma più cercavo idee e più mi accorgevo che mancava qualcosa che le tenesse insieme, un centro. Tornata del Triduo mi sono accorta che ero felice...». La incalza Prosperi: «Il desiderio che hai è molto di più: tu non puoi far coincidere l’espressione di questa grandezza con un gesto che fai tu. Prendi la Vocazione di San Matteo di Caravaggio: c’è Gesù che indica Matteo e Matteo indica sé con una mano e con l’altra i soldi. Gesù arriva e ti chiama così come sei, mentre stai facendo. Non ti chiede di metterti a posto, ti prende come sei e dove sei. Sta a lui di farti sua, non ti è chiesto di diventare quello che non sei, ma di essere disponibile». E poi continua raccontando la storia di Edimar, un ragazzo brasiliano ucciso vent’anni fa per aver rifiutato di obbedire al capo della gang della favela dopo l’incontro con una professoressa del movimento: «“Dopo aver guardato a lungo il cielo in cerca di te, i miei occhi da scuri che erano, sono diventati azzurri”. Erano le parole di una poesia che avevano colpito Edimar durante uno dei momenti trascorsi con la prof e con quel suo gruppo di amici. Rifiutò di uccidere una persona, e fu ucciso. I suoi occhi erano “diventati azzurri”. Il suo cuore era da un’altra parte, preso da qualcosa che lo trascinava verso quello che attendeva. Era dominato da ciò che quella compagnia aveva introdotto nella sua vita».

Tanto basta a guardare l’estate che comincia. Come vogliamo vivere? Cosa vogliamo guardare? Così le due ore volano, nonostante la fatica della “domenica mattina” e il caldo. E anche il pranzo, con un banchetto per salutare gli amici più grandi che tra qualche giorno saranno alle prese con la maturità, diventa occasione per rivedere “di carne” le parole del mattino. E ancora il pomeriggio semplice, fatto di una cantata insieme fino alla messa finale. Il fil rouge non cambia: tutto è un’occasione per ciascuno. Anche dopo la fine della Giornata di fine anno. Niente giochi di parole, ma così ha il sapore di un inizio. Prossima tappa? Le vacanzine. Altro che sfogo...