L'incontro "Oltre i muri: educare umanamente con <br>orizzonti aperti".

Educare tra muri e orizzonti aperti

All'incontro organizzato dalla Fondazione Sacro Cuore, Antonio Polito e i presidi dei licei Gonzaga e Beccaria si sono confrontati sulle sfide educative di oggi. Punto di partenza: il discorso del Papa alle scuole cattoliche del novembre scorso
Andrea Gianino

Gli attentati di Parigi e il Congresso mondiale sull'educazione cattolica con papa Francesco hanno in comune solo il periodo in cui hanno avuto luogo: novembre dell'anno scorso. Tuttavia, a partire da questi due fatti, lunedì 14 marzo la Fondazione Sacro Cuore ha organizzato l'incontro "Oltre i muri: educare umanamente con orizzonti aperti", presso il Centro Congressi della Cariplo.

L'idea è nata da don Franco Berti, rettore dell'Istituto Sacro Cuore di Milano, insieme ad alcuni colleghi ed amici. Riflettendo sul discorso del Papa alle scuole cattoliche del 21 novembre scorso e su quanto stava (e sta ancora) accadendo, è emerso che di fronte al problema della violenza terroristica e del clima di paura la vera risposta non è innanzitutto di carattere politico, economico o militare (per quanto queste misure siano urgenti), ma di carattere educativo. È assolutamente necessario che soggetti nuovi, uomini nuovi con una ragione spalancata e con una coraggiosa capacità di responsabilità inizino a vivere e a costruire nella nostra società con viva e appassionata speranza.

Sono stati invitati il preside del Liceo Classico Statale "Cesare Beccaria" di Milano, Michele Monopoli, il vicedirettore del Corriere della Sera, Antonio Polito e il direttore dell'Istituto "Luigi Gonzaga", Roberto Zappalà. I relatori sono intervenuti a partire dal testo del discorso di papa Francesco.

Dall’incontro con loro e con altri presidi, professori e genitori è nato anche un forte desiderio di intraprendere, non un gesto tra tanti, ma un cammino comune. Secondo due caratteristiche: cercare un dialogo sul tema educativo con tutta la città e far sì che tutte le realtà vive e presenti nella nostra società possano implicarsi in questa prospettiva.

Monopoli ha sottolineato l'esigenza di un'educazione aperta in cui la libertà, il rispetto e l'apertura "oltre i muri" rendano capaci di accogliere, nella complessità e nella diversità che portano le nuove realtà etniche e culturali. Così come si presentano alla ribalta della nostra storia, abbracciandole e "includendole", senza selezioni o difese. Citando don Giussani e Hannah Arendt, ha ribadito che occorre essere aperti ad una prospettiva universale di umanità, che superi ogni limite e ogni muro. Riconquistando la nostra umanità, la si riconosce nell’altro: un riconoscimento che poggia sulla concreta esperienza dell'io che vive, di ciascuna persona. «Desideriamo che i nostri giovani possano costruire un modello di vita, in cui la speranza e la consapevolezza di appartenere ad un unico umano cammino ci facciano ritrovare il senso dell'esistenza e di una viva, efficace presenza nel mondo».

Polito ha ribadito quanto sia essenziale per gli adulti e gli educatori il fatto di porsi con tutto il rischio e la ricchezza della propria autorevolezza dinanzi ai giovani. Il dono di una umanità e di una viva tradizione fatta propria è ciò che si deve comunicare. Senza paure, giocandosi in un autentico rapporto di libertà con loro; senza ritirarsi, ma implicandosi con loro e sostenendoli nella loro personale e impegnata risposta.

Zappalà, tornando a quanto il Papa stesso aveva detto al Congresso mondiale delle scuole cattoliche di novembre, ha riaffermato l'urgenza di un lavoro educativo aperto, che va posto in una prospettiva di «uscita». Nessuna difesa, nessuna chiusura, ma una vera apertura alla totalità: secondo tutte le dimensioni del reale e secondo tutta la ricchezza della propria umanità. Tale «introduzione alla realtà» implica uno sguardo verso ciò che la realtà è in sè, senza riduzioni di sorta, ultimamente alla ricerca del suo senso. Si tratta di fare entrare nella realtà, per «leggervi dentro», il suo mistero profondo, con un'ultima apertura al divino e al trascendente. Il vero maestro è colui che accende nel ragazzo il desiderio e la domanda, spingendolo a verificare da sé le risposte secondo la proposta di lettura che gli si offre. Contro un'educazione solo formale, occorre rifiutare una formazione puramente intellettuale e selettiva. Così come una posizione umana che faccia guardare la realtà «dal balcone», dall'esterno, con uno sguardo analitico e ideologico, con un ultimo distacco dentro. «Sì ad un’educazione tesa a far crescere persone nuove, libere, aperte, capaci di stare nella realtà con una prospettiva di significato ideale e con la certezza di una efficace e sostanziale speranza».

Don Berti ha poi concluso, affermando che «è solo in un incontro che si ridesta l'io della persona, il nucleo delle sue evidenze ed esigenze originarie. È insoffocabile, irriducibile, presente in ogni uomo. Solo uomini veri, autentici maestri e testimoni, decisi a condividere fino in fondo le autentiche esigenze di umanità dei giovani li aprono e li spalancano».

Colui che educa trasmette il significato ideale per cui vive. Non una tradizione cristallizzata e rigidamente consolidata: ciò che egli comunica come ipotesi e significato totale della realtà è consegnato alla libertà personale di chi gli è affidato. Non può limitarsi a trasmettere una verità astratta e un sapere selettivo. La scuola vera è sempre un rapporto tra due libertà. Da una parte la libertà di chi propone un'esperienza e una prospettiva ideale per cui vive e dall'altra la libertà dei giovani, chiamati a scoprire che cosa compie la loro vita e che cosa li rende se stessi. Nessun formalismo e nessuna rigidità: la verità è vivibile solo nel cuore della libertà. Questo è il rischio di chi educa.

Dall’incontro pubblico è emerso un fatto: dalla forza "inerme" della testimonianza e dell’educazione nasce la speranza vera per la nostra società. Il resto ne deriva come conseguenza. Larga è stata la partecipazione di giovani, genitori, insegnanti, professori universitari e responsabili di settori del mondo del lavoro e della comunicazione.