Giovanni Tedone con il suo libro.

Il Cammino di Giovanni

Alla scuola Oliver Twist di Cometa, un alunno pasticciere si scopre poeta. Per lui scrivere è un «appuntamento con la vita». Cinque anni dopo, alcuni dei suoi versi sono diventati un libro. E insegnano a «dire di "sì" al Destino»
Luca Doninelli

Ha più dignità partire in missione per l'Africa o vendere prosciutto nel proprio negozietto? C'è chi ha avuto la fortuna di incontrare la risposta vera a questa domanda. La dimensione, infatti, di ciascuna azione, quale che sia, consiste «nell'apertura alla realtà totale» che essa realizza. Non sono parole mie. Questo spazza via per sempre ogni discussione se esistano gesti più grandi o più piccoli. Tutta la forza di un uomo sta nel «sì» da dire al Destino fatto uomo, così come esso gli si presenta oggi, domani, dopodomani.

Alcuni giorni fa, in Cometa, abbiamo festeggiato un ragazzo di nome Giovanni Tedone, ed è una delle feste più belle cui io abbia mai partecipato. Giovanni è stato, tra gli allievi della scuola "Oliver Twist", uno dei più "somari", secondo l'opinione corrente. Stare in classe era per lui una tortura, e niente era peggio che prendere la penna in mano per scrivere.

Ma una sera di cinque anni fa è successo qualcosa. Avevo invitato Davide Rondoni a tenere in Cometa un incontro per i ragazzi sulla poesia, ma a causa di un allagamento il suo treno aveva accumulato due ore di ritardo, e così ci eravamo trovati a Como in una situazione ridicola: da una parte tutti i ragazzi ben schierati e pronti per l'incontro con il famoso poeta, dall'altra io (il presentatore della serata) e, al mio fianco, una sedia vuota. Che si poteva fare? Avevo notato un signore sulla sessantina seduto tra i ragazzi. Si era presentato: «Sono Vito Trombetta, un poeta locale, e sono venuto per salutare Rondoni». A quel punto, ho preso la palla al balzo e ho chiamato Vito a sedersi vicino a me: «Se Davide non ci può essere, vorrà dire che incontreremo te». Lui è rimasto sorpreso, e mi ha detto che non aveva preparato nessun discorso. «Meglio», gli ho risposto io.

Diversi ragazzi si erano cimentati, durante la settimana prima, in qualche componimento da far leggere al famoso poeta. Questo sarebbe dovuto succedere in coda alle parole che Davide avrebbe detto ai ragazzi (si era preparato una lezione formidabile, che per fortuna avrebbe replicato un paio d'anni dopo). Vito, che, viceversa, non si era preparato nessun discorso, si è fatto consegnare subito i fogli. «Se avrò qualcosa da dire, lo farò leggendo i vostri scritti». Alcune ragazze si sono coperte gli occhi per la vergogna. Nessuno pensava che un vero poeta avrebbe letto a voce alta le loro parole. Ma il lettore è stato bravissimo e indulgente con gli errori e ha portato alla luce tutto il bello nascosto. I componimenti erano quasi tutti opera di ragazze, ma c'era anche qualche voce maschile, e io mi sono chiesto - conoscevo bene i soggetti - come fosse riuscita la professoressa Marianna Nicotra a persuaderli. Quando è arrivato il momento della poesia di Giovanni Tedone, è successo qualcosa. Vito si è fermato un momento, si è girato verso di me e mi ha sussurrato queste parole: «Qui c'è qualcosa di importante».

La poesia, s'intitola Il Cammino ed è dedicata a un tavolo tratto da un tronco fossile di cinquantamila anni, rinvenuto in Nuova Zelanda. Adesso la poesia campeggia, incorniciata, nel salone del ristorante didattico della "Oliver Twist", davanti alla grande vetrata che incornicia il panorama della città. Per chi non può venire fino a Como la riporto qui sotto.

Un tronco in aula mensa,
chissà che cosa pensa?
Tutti questi anni che ha passato,
lui della vita non si è mai stancato.
Dopo Cometa, quale sarà la sua prossima meta?
Si sarà trovato bene?
Gli sarò piaciuto come persona?
Questo tavolo aiuta tantissimo a godere il panorama.
Ogni volta che sto lì a mangiare,
io quel tavolo lo devo toccare,
perché mi fa pensare al passato.
Di lui non sono invidioso,
anzi è lui che è geloso della mia sorte.
Perché io, un domani, saprò
cosa c'è dopo la morte.


C'è un inizio folgorante (Giovanni è uno specialista negli incipit), un finale sorprendente, ma soprattutto c'è un verso speciale: «Questo tavolo aiuta tantissimo a godere il panorama». Basta una piccola esperienza di bellezza, e tutto il mondo prende luce, s'infiamma. Basta un particolare luminoso, e il sole splende su tutto il mondo.

Da allora Giovanni ha scritto tante poesie, alcune delle quali sono diventate un libro, L'amore è vita, la vita è amore. L'abbiamo presentato in Aula Magna con l'attore Andrea Carabelli. L'incontro è durato un'ora, e per un'altra ora Giovanni ha scritto dediche davanti a una lunga fila in paziente attesa, tutti col libro in mano. Il ricavato della vendita del libro per volontà dello stesso Giovanni andrà a sostenere le attività didattiche di Cometa.

Per Giovanni la poesia è stata l'appuntamento della vita, l'appuntamento con il proprio volto e la scoperta che il vero volto dell'uomo è un volto di Grazia, un dono, che ciascuno di noi è donato a sé stesso per un disegno che non gli appartiene. Questa coscienza riluce nel suo incipit più folgorante nella poesia Il pasticcere:

Sono nessuno,
ma sono uno.
Uno che insegna il mestiere,
che dietro un impasto mostra le cose più vere!

La cosa più bella è che queste parole aiutano me, giorno per giorno: il «sì» che tengono stretto vuole diventare anche il mio. Auguro a tutti gli esseri umani la gioia di poter imparare - e tanto - da una persona alla quale si pensava di poter solo insegnare. Di fronte a questo, non ci sono cose intelligenti da aggiungere. È Dio che fa, «Egli solo è», ed è così. E, se potete, acquistate il libro di Giovanni: ne vale la pena.