Una gita durante la vacanza.

I “Cavalieri di Sobieski”: sassolini di una grande montagna

Seicento studenti delle medie dalla Lombardia a La Thuile. Si parte con la sfida di don Marcello: «La vita è un’ipotesi da verificare: ci sei tu, il tuo desiderio». La risposta? Eccola, tra camminate, film e giochi...
Emmanuele Michela

Trecentocinquanta ragazzi di fronte ad un problema di matematica. Ognuno con un quaderno dove sono riportati dati e tesi da dimostrare, in una aula inconsueta: un prato della Valle d’Aosta, davanti allo spettacolo del Monte Bianco. Don Marcello spiega la scelta di iniziare una vacanza con numeri e operazioni matematiche: perché, come un quesito di algebra, «la vita è un’ipotesi da verificare, con dei dati: ci sei tu, il tuo desiderio, la realtà. E l’ipotesi è che la vita sia bella e che ci sia Uno che ti ama. I dati ci sono tutti, e il problema lo puoi risolvere solo tu».
Così è iniziata il 2 luglio scorso la vacanza a La Thuile dei “Cavalieri di Sobieski”, l’esperienza cristiana dei ragazzi delle scuole medie inferiori. Sono venuti da Novara, Legnano, Gallarate, Saronno, Corbetta, Buccinasco e Pavia, per cinque giorni tra gite, giochi, film e testimonianze. Il giorno dopo li hanno raggiunti altri ragazzi da Cremona, Milano Qt8 e Brescia, per un totale di quasi 600 studenti. Il problema i ragazzi l’hanno preso sul serio provando a cercarne una soluzione: «Voglio capire chi sono: mi rendo conto di essere di più dei miei dati anagrafici, ma non riesco a definirmi», diceva un ragazzo il primo giorno. «Io sono pieno di desideri, ma non riesco a capire quale sia il più importante», gli faceva eco un altro. E con questi interrogativi si sono giocati, in tutto: le camminate, le assemblee, i giochi e anche i momenti liberi.
Ogni giorno un video, uno spunto su cui reagire. Si è partiti con le immagini della vittoria al Giro d’Italia di Paolo Tiralongo, ciclista gregario e amico del campione madrileno Alberto Contador. Lo scorso maggio, a Macugnaga, è stato lo spagnolo per una volta a tirare il meno blasonato corridore siciliano al successo di tappa. «Gesù è così», ha spiegato don Marcello, «ti tira durante la volata, poi si sposta, fino al raggiungimento del tuo desiderio. Ma la pedalata devi metterla tu». L’episodio si fissa nella mente di tanti ragazzi. Eccoli salire in gita su per le montagne, uno dietro l’altro, aiutandosi a “pedalare”: «Era come se gli amici mi stessero tirando fino ad un certo punto, poi l’ultimo pezzo invece ero io», ha raccontato una ragazzina durante un’assemblea.
Capita, poi, di vederli girare con in tasca un sasso: passano i giorni, cambiano i pantaloni, ma il sassi è sempre lì. Gelosamente custodito. Complice il film La strada, di Fellini. Da lì è tratto il dialogo tra la protagonista, Gelsomina, e un matto, proiettato il secondo giorno: «Vedi questo sassolino», dice l’uomo all’amica, triste perché trattata male, «Anche lui serve a qualcosa, non so a cosa, se no sarei il Padre eterno. Ma a qualcosa deve servire, altrimenti se questo fosse inutile sarebbe inutile tutto. Quindi anche tu servi a qualcosa». Infine, spazio alla compagnia del Signore degli Anelli, e alla misericordia di monsignor Myriel, de I miserabili.
Grande interesse hanno suscitato le testimonianze di Maicol e El-Medhi, due ragazzi di Ca’ Edimar, casa d’accoglienza per giovani in difficoltà di Padova. Non un semplice incontro, ma un vero botta e risposta. Maicol ha 18 anni, di cui una buona parte trascorsi tra un centro d’accoglienza e l’altro. Racconta del difficile rapporto con la madre, alcolizzata. «Non volevo più sentir nominare il suo nome, ma quando poi ho sentito parlare Carlo Castagna (unico superstite della strage di Erba; ndr) del perdono, ho capito che l’unica possibilità che avevo per vincere in questa storia non era la vendetta, ma lo sguardo che aveva quell’uomo». El-Medhi, invece, marocchino di genitori musulmani a Ca’ Edimar si sente a casa: è stupito dal modo in cui viene trattato. Anche il padre se ne accorge. Tanto che quando, colpito da ictus, viene raggiunto dal figlio in Marocco, gli dice: «Torna a Padova: lì puoi costruire la tua vita con delle persone che ti vogliono bene. Loro saranno prima di noi in Paradiso». «La cosa che più mi ha colpito del cristianesimo», ha testimoniato durante l’incontro con i Cavalieri, «è un Dio che si può vedere e toccare. Io voglio vedere Allah come vedete Gesù». Tanti ragazzi rimangono stupiti nel sentire un musulmano parlare in quel modo. Commenta Camilla: «Anche loro hanno il mio stesso desiderio: essere felice sempre».
Al ritorno il pullman è carico di un’atmosfera diversa: in un silenzio gioioso c’è spazio per riflettere sulla ricchezza della settimana trascorsa: «Quest’anno ho incontrato Dio in un modo diverso», scrive Bianca. «In molte cose che facevamo non riuscivo a vedere niente, e provavo solo invidia per gli altri. Poi mi sono accorta che Gesù si era presentato a me nelle cose difficili che mi sono capitate, come nella gita che non ho potuto fare. Ma, come il sasso del film, anche questo sacrificio ha avuto un senso». Insomma, le giornate sono state ricchissime e si sono fatte ancora più belle quando ognuno si è messo in gioco, fedele ai propri bisogni: «Agli incontri sentivo spesso parlare di domanda di felicità e io, visto che non riuscivo a trovarla, la ritenevo falsa», spiega Matteo, di Novara. «Mi è venuto addosso un vuoto che non riuscivo a riempire. In quei minuti di silenzio ho capito che quel “vuoto” era proprio la domanda, e da quel momento non potevo fare più a meno di cercare di colmare questa esigenza».