Impariamo a farci attrarre

A Bologna s’è svolta la Convention di Diesse. Dall’intervento di Giorgio Vittadini alle “Botteghe dell’insegnare”, due giorni «per mettere le mani in pasta». E scoprire da quale punto ripartire ogni mattina
Cecilia Bassani

Se avessi spiegato la differenza tra verbi transitivi e verbi intransitivi venerdì, certo non lo avrei fatto come l’ho fatto oggi. Non si entra in classe come prima, dopo un fine settimana come quello appena trascorso. Colpisce vedere, di sabato mattina, un salone gremito di insegnanti differenti per età e studi, portati in quel luogo da un desiderio chiaro: aiutarsi ad affrontare la provocazione che l’insegnamento ogni giorno pone loro davanti, l’educazione. È la Convention nazionale di Diesse, che si è tenuta a Bologna il 14 e 15 ottobre, dal titolo: "Insegnare e imparare cioè guardare".
Io mi siedo, con i miei venticinque anni anagrafici e le mie tre settimane di esperienza nella scuola: sono oggettivamente l’ultima arrivata. Anche qui si parla della situazione del Paese, con un intervento di apertura di Giorgio Vittadini su “Il profilo dell’insegnante nel tempo della crisi”. Ci si potrebbe aspettare un’analisi della scoraggiante situazione economica e sociale dell’insegnante dei nostri giorni, ed invece viene proposto tutt’altro. Vittadini parla di «crisi economica per rispondere alla quale, erroneamente, non si investe sull’istruzione; crisi dell’idea di educazione, ridotta ad organizzazione della vita dei nostri studenti; crisi degli insegnanti e, di conseguenza, crisi degli studenti». A tutto questo come rispondere? Ascoltandolo sembra che ciò che occorre non sia preoccuparsi della crisi, ma occuparsene. Il giudizio è chiaro: «Non siamo davanti ad una condanna, ma ad una occasione: la crisi è possibilità di un ripensamento», ha detto.
Ecco la sfida dunque: possiamo noi insegnanti, certamente vittime della crisi, divenire parte attiva nella ricostruzione? Da dove partire? Vittadini parla chiaro: «Dal desiderio degli studenti». Vediamo i nostri ragazzi distratti a lezione e chiediamo loro di stare attenti, ma poniamoci una domanda: qual è il contrario di “distratto”? Non “attento”, ma “attratto”: «Se i giovani sono distratti è perché non sono attratti, ossia noi insegnanti non riusciamo ad essere per loro “attrazione” e, allo stesso tempo, essi non sono coscienti del desiderio che hanno». Ed è proprio da questo che nasce il compito dell’insegnante: allearsi con il desiderio degli studenti e suscitarlo.
La strada perché ciò avvenga è semplice: far loro intravedere lo scopo di ciò che si propone. Solo in questo modo potranno accettare la fatica di un lavoro, ciò che Vittadini definisce «il sacrificio delle grammatiche». Solo se ogni particolare viene presentato in rapporto con il tutto l’educazione è introduzione alla realtà totale, per questo ogni tipo di analisi deve essere preceduta da una visione sintetica. Fine del nostro lavoro non è, infatti, introdurre negli studenti un infinito numero di informazioni, ma insegnare loro a ragionare, ad essere critici.
Parole che diventano immediatamente ipotesi di lavoro concreto nelle “Botteghe dell’insegnare”, una serie di seminari che si sono svolti lungo tutto il sabato pomeriggio e la domenica mattina. Ricca la possibilità di scelta per gli insegnanti: dalla grammatica alla valutazione, passando per la religione, la matematica e molto altro. Nelle Botteghe si fanno domande e si cercano, insieme, le risposte. Si mettono le mani in pasta: come insegnare grammatica alle medie e come al biennio del liceo? Come riuscire a far ragionare gli studenti? Perché insegniamo loro grammatica, cosa c’entra con la loro vita? In molti raccontano la propria esperienza, altri cercano soluzioni a problematiche didattiche aperte, per loro, da anni. Si crea, così, una rete di insegnanti sparsi in tutta Italia che, in forza di un’amicizia, cercano di costruire insieme una scuola all’altezza di sé stessi e dei loro studenti.
Ho avuto, in questi due giorni, occasione di incontrare professori attraenti, perché loro stessi attratti: impegnanti nella ricerca del segreto che la realtà racchiude. Una cosa è certa: occorre ripartire da un desiderio, il mio, per incontrare quello di chi domani trovo in classe.