Una scena del corto.

L'Iliade in dieci minuti, per diventare uomini

Una professoressa propone alla classe di girare un cortometraggio sul poema omerico dopo aver visto "Troy". Chi pensa ai costumi, chi alle riprese, chi alla location. Fino a riconoscere che «il cuore dell'uomo di secoli fa non è così diverso dal mio»
Francesca Sartori

Tutto è cominciato dalla richiesta di Tommaso, un alunno della prima del liceo scientifico dove insegno lettere: «Prof, perché non guardiamo il film Troy?». Non sembrava una proposta fatta per perdere tempo, ma di quella pellicola ricordavo solo i muscoli di Brad Pitt. La stessa richiesta si è ripetuta ogni giorno, sostenuta anche da altri alunni, finché una mattina mi hanno portato il dvd e non ho più potuto tirarmi indietro. E dalle perplessità che il film, per tanti aspetti così poco fedele al testo omerico che stavamo studiando, ha suscitato in noi, è nata la mia proposta: «Perché non giriamo noi un film? Visto che Troy non è attendibile facciamo noi di meglio!». Un minuto di silenzio, poi tante mani alzate: «Mio nonno è esperto di video». «Mia nonna potrebbe fare i costumi». «Un mio amico si intende di riprese». «Io posso offrire la location».

Un entusiasmo incredibile anche se, come più tardi ho scoperto, molti pensavano che fosse solo una bella idea e niente di più. Il giorno dopo si erano già messi d’accordo sulle parti ed era pronto l’elenco delle scene da realizzare, allora ho rilanciato, avendo saputo dell’esistenza del concorso di corti del Meeting di Rimini: «Ehi ragazzi, dobbiamo partecipare». Erano gli ultimi giorni di aprile e il termine per inviare il corto era il 10 maggio, ma io ero convintissima. E l’avventura è cominciata. Ci siamo messi al lavoro con l’intenzione di riprodurre nel modo più fedele possibile le parole di Omero. Quante volte mi sono trovata ad iniziare qualcosa per poi lasciar perdere, soprattutto mi è capitato di smarrire l’entusiasmo per un’impresa cominciata e di concluderla a fatica perché bisogna concludere, perché è diseducativo per gli alunni vedere l’insegnante che molla, ma stavolta è stato diverso. Fin dall’inizio mi sono detta che non mi sarebbe bastato realizzare un bel filmino, per me si trattava di un’occasione per fare quello di cui sento sempre parlare: la verifica della fede. Volevo vedere Dio e amare i miei alunni di più. «Io ti seguo», mi ha detto Cristina e allora è cominciato un confronto continuo con lei e le altre mie amiche insegnanti, che mi hanno provocato a guardare ciò che accadeva senza aggiungere ragionamenti. E di fatti ne sono accaduti tanti. Ho visto facce illuminarsi, mani alzarsi, ragazzi disposti a trovarsi il pomeriggio e anche la domenica per provare e riprovare. È accaduta un’unità impensata fra noi, come ha scritto Lorenzo: «Ho visto una classe finalmente unita, dove ci si aiuta in modo reciproco, si scherza, si mangia e ci si diverte tutti insieme».

Ho visto alunni solitamente annoiati e poco studiosi memorizzare con facilità decine di versi, altri recitare con un’intensità inaspettata, alunne sempre silenziose farsi avanti e proporre soluzioni belle e originali. Come Giulia, che il primo giorno delle riprese ci ha “salvato” portando da casa il pezzo forte della tavola del banchetto, un centrotavola di limoni e poi fiori, foglie di fico e bicchieri di peltro, praticamente tutto il set. Li ho visti appassionarsi all’Iliade. «L’Iliade è diventata più nostra e adesso è più vera di quello che si legge nei libri di storia», ha detto una mattina Gabriele, che si è accorto dello spessore di Menelao, il personaggio che interpretava: «L’immagine di Menelao che si ricava da Troy è quella di un uomo arrogante, spaccone e insensibile. Ho scoperto invece che anche lui ha i suoi ideali e desideri e può essere “ferito”, come quando non riesce a vincere in duello Paride nonostante ne abbia tutti i diritti e si sente arrabbiato, offeso, ma anche solo e disperato perché gli sembra che gli dei lo abbiano abbandonato».

Sono accadute tante scoperte sorprendenti, come quella di Arianna che ha scritto in un tema: «Ho capito, immedesimandomi nel personaggio, lo stato d’animo della povera Andromaca, che amava profondamente Ettore: non c’è amore così sincero come quello tra un uomo e una donna che non sfruttano la parola amore come sinonimo di passione», o quella di Elena: «Ho capito che il cuore dell’uomo dell’VIII secolo a.C. non è poi così diverso dal mio, ragazza del 2013. Entrambi desideriamo le stesse cose: non vivere e morire e basta, ma essere ricordati, e poi avere Dio al nostro fianco».
Ho visto alcuni alunni prendere coscienza delle loro difficoltà scolastiche e mettersi a studiare anche aiutandosi. Anch’io mi sono accorta di ciò che mi serviva, che ad esempio non potevamo fare tutto da soli, ma avevamo bisogno di un regista. Così abbiamo conosciuto Silvia, che ha ventiquattro anni e sta verificando la strada della regia, e il suo amico Angelo, che condivide con lei questo sogno. Me li sono ritrovati accanto come compagni di viaggio e mi sono stupita che due sconosciuti, oltretutto due ragazzi, abbiano preso così sul serio il mio lavoro facendolo diventare anche loro, al punto da investire ore ed energie.

È accaduto che molte persone mi hanno detto di sì e anche i miei alunni si sono stupiti di questo: «Sembra che il nostro lavoro interessi a tutti». Ad esempio una mia collega di educazione fisica, non insegnante della classe, esperta di teatro, si è messa a nostra disposizione e per un mese. Si è coinvolto anche Fausto, l’istruttore del maneggio dove abbiamo girato i duelli, esperto di ricostruzioni storiche di combattimenti. Mi hanno detto di sì gli organizzatori dell’Happening dei Giovani di Modena, quando ho chiesto loro di trovare uno spazio anche per il nostro cortometraggio. Ci hanno chiesto di cenare insieme, per conoscere i protagonisti della vicenda; mi hanno aiutato ad allestire una mostra di presentazione del corto con le foto dei ragazzi e le frasi dette o scritte nei temi, come quelle di Caterina: «Nell’Iliade gli dei riuscivano a farsi sentire, a mandare dei segni così che gli uomini potessero sentirli vicino. Questo accade anche a noi adesso? Giustamente in classe mi è stato detto che se non riusciamo a vedere i segni che ci dicono che Dio esiste, allora forse andrebbero cercati. Ma perché noi dobbiamo cercarli mentre i Greci li trovavano senza problemi? Basandomi sulle fonti storiche posso dire che Dio esiste. È stata ritrovata la Sindone e la storia viene addirittura divisa in prima e dopo Cristo. Quindi, storicamente parlando, alcuni segni ci sono. Ma io voglio, desidero qualcuno che si faccia sentire adesso». Questa era anche la mia esigenza quando è cominciato tutto. E devo dire che la risposta è stata strabordante.

Quasi tutti i ragazzi sono venuti all’Happening di Modena per tre sere, e hanno presentato il cortometraggio con delle «facce bellissime», come mi hanno fatto notare diversi visitatori. Sono venuti in tanti a vederci, anche il regista Rafal Wieczynski, che, invitato per parlare del suo film Popieluszko, ha voluto dire ai miei alunni che con questo lavoro hanno imparato cosa è necessario fare per avere un’opinione su qualcosa: «Avete sfidato una pellicola hollywoodiana come Troy e avete fatto un lavoro per arrivare alla vostra opinione al riguardo. Sappiate che questo è il modo in cui si diventa uomini. Uomini che hanno libertà e dignità».