Una scena dello spettacolo.

L’ultima goccia dello spettacolo

Dalla Siberia a Mosca con “Delitto e castigo”. Per poi finalmente rientrare in Italia. Ma per i 40 studenti bergamaschi il bello arriva ora tra i banchi: «Altro che tornati: siamo appena partiti»
Angela Perletti

Mosca. Tutto diverso. Prima una grande città siberiana tutta tesa per l’arrivo di una piccola compagnia teatrale, composta da noi 40 studenti del Centro scolastico La Traccia di Calcinate (Bg). Poi, la stessa compagnia che cerca un po’ di spazio nella grande capitale russa. Ed è stata più forte, più urgente la domanda: «Ma io, perché sono qui?».
Sono stati giorni molto particolari. Non più grandi silenzi, ma il rumore del traffico. Non più studio e letture, ma visite alla Piazza Rossa, al Cremlino o alla Galleria Tretjakov. Non più seminaristi ortodossi, scolari e giornalisti in platea, ma universitari, studenti dell’Accademia teatrale che ha ospitato il nostro spettacolo al Malyj Teatr, il “Piccolo Teatro” di Mosca. E Tatjana Kasatkina, una dei massimi esperti di Dostoevskij, colei che ci ha voluti a Mosca.
Mille accadimenti, mille volti, mille passi, mille bellezze, ma io cosa ho visto davvero? Fin dal principio, mi sono imbattuta in tutta la potenza di un “sì”. Il “sì” di padre Aleksandr Men’, il sacerdote ortodosso assassinato vent’anni fa nel suo piccolo villaggio, perché aveva un animo trascinante: lo seguivano, leggevano i suoi libri, venivano educati da lui. Un minuscolo punto di verità, così potente da infastidire, da far suscitare il desiderio di eliminarlo. Il “sì” di Vladimir, il tecnico del teatro - «l’angelo custode» della compagnia, è stato definito -, che, con ritmi ben più rapidi di quelli russi e con gusto, ha servito ciò che di strano stava accadendo, spostando scale e recuperando oggetti. Il “sì” di chi, come me - e davvero, questa volta erano proprio tutti -, ha recitato, godendo di quello spettacolo fino all’ultima goccia. Il “sì” di chi è stato un po’ come «colui che un giorno ha dato solo cinque pani e due pesci. Poi, un Altro ha fatto tutto il resto», ha detto il nostro regista Roberto Rossi.
È stato proprio così. E questo non vuol dire che siamo arrivati: siamo appena partiti. Ormai, sono già a casa da qualche ora. Ho raccontato tutto quel che ho visto alla mia famiglia, tra una forchettata di pasta e l’altra. Ho scelto cosa scrivere su questa pagina. Adesso, invece, penso a domani, a cosa mi aspetta. Penso al desiderio di rivedere i miei compagni e renderli parte di quel che ho vissuto. Penso alla fatica che farò per recuperare questi giorni di scuola. Penso alla complicità di sguardi che ci sarà tra noi della compagnia. E mi accorgo, così, che ho già voglia di ricominciare, che già sono piena d’attesa, che già tendo tremante le mie braccia che possono sostenere solo cinque pani e due pesci. Poi, un Altro si preoccuperà del resto.