Lucio Brunelli, direttore di Tg2000

«Un nuovo linguaggio per arrivare a tutti»

Presentato il palinsesto della tv della Cei. «La verità è sempre una sorpresa» è lo slogan inventato dalla "ex iena" Alessandro Sortino e vuole segnare un cambiamento di stile. Ne parla Lucio Brunelli, neo direttore dell'informazione
Luca Fiore

«Il cristianesimo non è un anestetico, la nuova Tv2000 non deve essere un orto chiuso ma una televisione in uscita». Monsignor Nunzio Galantino, segretario della Conferenza episcopale italiana, ha presentato, in veste di editore, il nuovo palinsesto della tv dei Vescovi (in onda dal 3 novembre) e l’ha fatto cercando di giocare in contropiede. L’immagine che usa è quella una tv-Giovanni Battista: che grida nel deserto. Ma con un linguaggio nuovo. Quella presentata ieri al Museo Diocesano di Milano è una svolta nel canale nato sul satellite 15 anni fa. La dirigenza è cambiata col direttore di rete Paolo Ruffilli (ex Rai Tre), il direttore creativo Alessandro Sortino (ex Iene) e il direttore dell’informazione Lucio Brunelli (ex Tg2). Di certo la presenza più spiazzante è quella di Sortino, al quale Galantino avrebbe detto: «Voglio che fai la iena, ma con la speranza». È lui il volto del nuovo spot che lancia lo slogan: «La verità è sempre una sorpresa». Nel nuovo corso di Tv2000 abbiamo parlato con Lucio Brunelli che subito confida: «Quello slogan è bellissimo».

Di chi è stata l’idea?
Di Sortino. Mi ha fatto ripensare al Montale de “un imprevisto è la sola speranza”. C’è una consonanza profonda.

Tu e la "ex-iena" venite da mondi molto diversi...
Lui è un tipo geniale. Anche se lui e Ruffini mi colpiscono soprattutto per la fede. Mi danno una testimonianza che non avevo preventivato. Sul lavoro, nel quotidiano, mi danno un qualcosa in più.

Qual è la sfida più grande della nuova Tv2000?
Il linguaggio. Stiamo lavorando sul modo di raccontare le storie e le notizie. Vogliamo uscire dallo schema delle tv soltanto per la parrocchia. Questo significa imparare una professionalità, togliendo quella patina di chiuso che è la tentazione della comunicazione religiosa. Lo stesso monsignor Galantino dice che dobbiamo essere più giornalisti e meno bigotti. E questo in tutti i settori, anche sull’informazione che riguarda la Chiesa. Un racconto più vivo, meno retorico e reticente.

Reticente?
Sì, senza il timore di trattare anche i temi più spinosi. C’è sempre un po’ di paura ad affrontare certe questioni... Invece è sbagliato, perché tanto in ogni caso le stesse cose le affronteranno gli altri con un’impronta e una linea che non è nostra.

Esempio?
Il Sinodo sulla famiglia. La franchezza, la “parresia”, l’ha chiesta il Papa ai padri sinodali. Penso che possa valere anche per i giornalisti cattolici, no? Dobbiamo raccontare con franchezza, senza venir meno alla comunione della Chiesa.

Ci sarà un Tg in più, alle 12. Cosa cambia?
A livello giornalistico i tratti che sto cercando di dare sono quelli dell’informazione di servizio, le storie e l’approfondimento. Oggi i grandi Tg danno uno spazio spropositato alla politica di palazzo, ma non spiegano abbastanza i provvedimenti che vengono discussi o approvati. Il Tfr in busta paga: come funziona? Perché conviene? A chi conviene e a chi no? Insomma: niente “pastone” politico e più servizio al cittadino. E poi le storie...

Quali?
Andando in giro per l’Italia si scopre che ci sono tante fabbriche che stanno chiudendo o che hanno chiuso fatte ripartire da operai o dipendenti attraverso cooperative. Ci sono ambulatori gratuiti per i poveri che nascono nelle città di provincia, ci sono esperienze di adozione come quella della Cometa di Como che abbiamo mostrato nei giorni scorsi. C’è tutto un mondo di solidarietà che a me pare il volto più bello della Chiesa italiana. Raccontare questo mondo ridimensiona le divisioni del passato, gli ideologismi presenti anche nella Chiesa.

In che senso?
Che l’etichetta non conta. Non ci sarà un manuale Cencelli. Racconteremo questo prisma di realtà seguendo il criterio del contributo positivo dato alla società dal basso. Ci sta la parrocchia di Catania o “La piazza dei mestieri” di Torino che nasce dall’esperienza di CL.

I dati vostri dati d’ascolto sono a livello dei canali all news...
In realtà sono nettamente superiori. È stata una sorpresa anche per me. Noi facciamo una media di share del 2 per cento. Un gioiello dell’informazione come è Tg2 Dossier, al quale ho lavorato, ultimamente fa il 2-3 per cento. Rainews24 e Tgcom24 sono sotto lo 0,6. Poi c’è il fenomeno del Rosario da Lourdes che è un fenomeno a sé e che andrebbe studiato: tutti i giorni alle 18 ci sono mezzo milione di italiani che lo seguono, lì arriviamo al 5 per cento di share. Ma potremmo fare ancora di più se, come chiede Galantino, riusciremo a sintonizzarci con lo spirito della Chiesa in uscita. Abbiamo l’ambizione buona, cioè umile, di raccontare cose che possano interessare a tutti, non solo ai cattolici.