Una volontaria al Villaggio Ragazzi del Meeting.

Villaggio Ragazzi: una cosa da grandi

Tutta la settimana a raccontare fiabe, animare burattini e organizzare giochi per bambini. Alcuni volontari raccontano la loro esperienza nello spazio dedicato ai più piccoli. Un Meeting dentro al Meeting, con la stessa intensità
Francesca Cestari

Anche quest’anno durante la settimana del Meeting sono tornata a lavorare come volontaria al Villaggio Ragazzi, uno spazio interamente dedicato ai bambini, un Meeting nel Meeting: mostre, incontri, spettacoli e laboratori pensati alla portata dei bambini. La presenza di questo spazio mi sorprende perché fa capire che il Meeting vuole essere la possibilità di incontro non solo per diverse esperienze e diverse culture, ma anche per le diverse età: il Villaggio Ragazzi è proprio questo, la possibilità di incontro con una cosa bella anche per i bambini. E così è davvero! Lo si capisce da quei bambini che ogni anno e ogni giorno del Meeting tornano al Villaggio Ragazzi, come Caterina, Annina e Francesco che tutti i giorni hanno partecipato almeno una volta allo spettacolo dei burattini al teatrino di Pim Pam, spettacolo che si è ripetuto sempre uguale tutta la settimana. O come Jacopo che ogni giorno è tornato al Villaggio Ragazzi a trovare Bonny, uno dei volontari. Sono gesti piccoli, ma che ti fanno domandare: perché questi bambini tornano così spesso? Cosa succede, cosa vedono che li fa affezionare tanto? Irene, volontaria del Villaggio, dice che è l’essere attesi, il sentirsi aspettati che li fa tornare. Un altro esempio è l’affetto dei bambini per il Capobanda - personaggio principale del Villaggio Ragazzi e protagonista delle riviste Piccole Tracce e Pim Pam - che ogni giorno li aspettava per il saluto del pomeriggio e della buona notte. Mi ha sorpreso vedere il modo con cui gli correvano incontro e desideravano salutarlo, abbracciarlo e mostrargli qualcosa di bello, come una bambina che ha voluto fargli vedere quanto è brava a fare la ruota.

Il Villaggio Ragazzi non è solo la possibilità di incontro con qualcosa di bello per i bambini, ma anche per i genitori che vedono i loro figli trattati in un modo diverso, come è successo alla mamma di Michelangelo. Il giorno del suo compleanno, Michelangelo è stato inaspettatamente festeggiato da tutti i volontari e da tutto il Villaggio Ragazzi durante il momento del lancio della giornata e la mamma è rimasta così sorpresa che ha voluto offrire il caffè a tutti i volontari.

Ma il Villaggio Ragazzi è la possibilità di incontro e di amicizia anche per noi volontari. Come con Cristian, un ragazzo non del movimento, che per la prima volta è venuto a lavorare come volontario e che mi ha provocato per la lealtà con se stesso che lo ha portato a diventare una "nuova leva" del Meeting, come si definisce lui.
Insomma, il Meeting al villaggio Ragazzi è un Meeting di incontri stupendi che non possono lasciare indifferenti.


Le lettere di due volontarie

Quest’anno ho deciso di non fare il lavoro delle hostess che ho fatto gli anni precedenti perché sentivo l’esigenza di riemergermi con semplicità nel Meeting. Mi hanno assegnato al Villaggio Ragazzi in particolare al teatro dei burattini, cosa che non c’entra nulla con il mio percorso scolastico o con qualcosa che sono abituata a fare. All’inizio il lavoro mi lasciava indifferente e stava rischiando di diventare una parentesi dal resto della vita. Con il passare dei giorni, la prima cosa che mi ha stupito è stato il fatto di rendermi conto che quelli con cui lavoravo avevano un modo bello di stare con i bambini, che li trattavano da uomini e questo si vedeva dall’attenzione che avevano nel pensare a una storia che fosse adatta a loro. Scoprendo questo, mi sono anche resa conto che era pensato per i bambini un Meeting alla stessa altezza che per gli adulti. In particolare una volta mentre raccontavo una favola mi sono accorta che c’era bisogno che io li guardassi a uno a uno con curiosità altrimenti si distraevano e non si godevano la storia. Se c’era questo stupore nasceva la possibilità di conoscerli anche se il tempo a disposizione era poco. L’altra cosa che mi ha colpito è stato rendermi conto che con il passare dei giorni è cresciuta una familiarità impensata anche con quelli con cui lavoravo, cosa che ha generato fra noi un’unità sempre più grande. Durante la settimana sono capitati ad alcuni di noi circostanze dolorose ed è stato incredibile vedere come la condivisione di questi e delle domande che ne nascevano, abbia permesso una simpatia e una dedizione al lavoro molto più interessanti e impensate all’inizio. In me sorgeva la domanda: «Ma come è possibile? Non succede sempre così… eppure io ho così bisogno di questa unità nei rapporti più cari, ho bisogno di quella capacità di affezione gratuita che hanno i bambini e che io invece faccio così sempre più fatica ad avere. Come questo che mi apre il cuore, può durare per sempre?». Perché certe cose aprono un desiderio di eterno, di bellezza che sono incredibili e tu non riesci più a vivere senza vedere tutti i giorni una potenza della realtà così grande e ne hai così tanto bisogno che sei costretto a chiederla per continuare a vivere.
Margi


Non avevo nessuna voglia di venire al Meeting, e gran parte del mio disappunto era dovuto al lavoro che mi era stato assegnato. Appena ho scoperto di essere al Villaggio Ragazzi, infatti, ho subito pensato con fastidio che la maggior parte dei miei amici lavorava insieme altrove e che, siccome non sono proprio una simpaticona, non sarei mai riuscita a ingraziarmi i bambini. Come se non bastasse, sono arrivata a Rimini con una grande domanda di senso per la mia vita e un dolore enorme, nati da due settimane passate con la mia famiglia, che sta vivendo un periodo difficile. Come mi aspettavo, i primi tre giorni sono stati decisamente difficili. Ciò che mi opprimeva maggiormente era il fatto che fare il Teatrino dei burattini, scherzare e giocare con i bambini - tutte cose che, tra l’altro, non mi riuscivano neanche troppo bene - mi sembravano una forzatura, un rinnegare il mio dolore. Sono andata avanti così, contando i giorni che mi separavano dalla fine del Meeting, fino a che non sono scoppiata. Ho raccontato la mia situazione ai ragazzi che lavoravano con me e ho detto loro ciò che mi stava più a cuore e che realizzavo pienamente solo in quel momento, cioè che a me non interessa fare qualcosa che non tenga conto di tutto ciò che sono. Ho chiesto di aiutarmi a fare il Teatrino dei burattini, che era la circostanza che mi era data da vivere in quei giorni, in un modo che tenesse conto della mia domanda. È incredibile come i rapporti cambino quando mettiamo a tema la verità di noi stessi! Da quel momento, infatti, sono nati un’attenzione, una stima e un affetto reciproci che hanno reso tutto più bello e più semplice. Più semplice, non più facile, perché io sono rimasta una burattinaia piuttosto scarsa e la serenità non è tornata nella mia famiglia. Finalmente, però, facevo il mio lavoro con “la coscienza di un io che sa che c’è”, come diceva Emilia quando ci spiegava il significato del titolo “Emergenza Uomo”. E tutto questo lo vedevano anche i bambini, che hanno cominciato ad aver voglia di stare con me.
Giulia