La folla dei manifestanti a Parigi.

In più di un milione, per difendere la verità

La Domenica delle Palme nella capitale francese si torna a manifestare contro l'approvazione della legge sui matrimoni gay. Ecco il racconto di ciò che è successo in piazza (tra bandiere, fischietti e incontri) attraverso la lettera di una che c'era

A Parigi, dopo le manifestazioni del 17 novembre e del 13 gennaio, siamo tornati di nuovo in piazza: il 24 marzo, Domenica delle Palme, sul percorso di cinque chilometri della Avenue della Grande Armata, che va dalla Défense all’Arco di Trionfo, migliaia di persone sono accorse a protestare contro le rivendicazioni di una minoranza di omosessuali in tema di matrimonio e adozione.
Famiglie intere, giovani adolescenti, giovani lavoratori, giovanissimi in carrozzina o sulle spalle dei genitori, anziani... È lo stesso popolo delle due precedenti occasioni di cui avevamo raccontato su Tracce. Questa volta eravamo ancora più preparati. Seggioline pieghevoli, carte da gioco per ingannare l’attesa, qualcuno seduto per terra. Sono state distribuite migliaia di bandiere, per essere visti meglio dell’ultima volta, quando la polizia aveva dichiarato la presenza di 340mila contro il triplo della cifra reale. E poi un’infinità di fischietti per farci sentire senza rischiare di diventare afoni, striscioni nelle mani dei manifestanti o attaccati ai balconi delle case («Non toccate i nostri figli», «Vogliamo lavoro, non il matrimonio gay», «Contro il gay-estremismo»...).

Tanti gli schermi giganti per informare di quello che stava accadendo e perché tutti vedessero le personalità politiche e religiose, di varie confessioni, che hanno preso la parola. Anche questa è stata una novità: se nelle precedenti edizioni quello che saltava all’occhio era stato spettacolo della musica, dei canti e dei balli, questa volta è stato un evento più incentrato sulla politica e sull’opposizione alla legge che dovrà essere approvata dal Senato francese questa settimana.
Anche una ragazza ha preso la parola: «Avevo votato per Hollande perché ci credevo. Credevo nel dialogo, credevo nella lotta sociale e nella possibilità di un bene per i più deboli. Adesso rimpiango tutto perché mi rendo conto che mi hanno mentito».
Il deputato Henri Guaino, ex-consigliere politico di Nicolas Sarkozy, si rivolge alla folla: «Il 13 gennaio eravate un milione. Oggi siete ancora più numerosi. Questa giornata rimarrà nella storia e si ricorderà in futuro di quando più di un milione di persone hanno urlato a una sola voce: “Basta!”». Quindi tira in ballo Hollande : «Signor Presidente, lei cerca di far dimenticare il suo fallimento di fronte alla crisi economica e sociale. Il suo è un grave errore morale: fa passare tutto questo con la forza, ma sta violando milioni e milioni di coscienze che non la pensano così. Guardi questa folla: è una grande armata pacifica, ma determinata!».

Sì, determinati. Tantissimi i giovani impegnati, chi nel servizio d’ordine, chi per distribuire bandiere e fischietti, chi per raccogliere i soldi per le spese della manifestazione.
Mi hanno colpita molto, come del resto l’altra volta. Tutti coscienti di vivere un momento che ha una portata storica. «Ma tu eri venuto all’ultima manifestazione?», chiedo a un ragazzino con una faccia d’angelo: «Certo». «E perchè sei di nuovo qui oggi? Hai visto che non era servito a niente? Non sei scoraggiato?». «Assolutamente no! Perché ci credo e ci crederò fino all’ultimo. Sono qui per la verità. E più il governo continuerà a essere contro di noi, tanto più io avrò voglia di battermi per la verità. Fino in fondo e sempre di più». Grazie, ragazzo.

Alessandra Guerra