Un momento della festa.

FIRENZE La Rificolona e la rinascita di una città

Centinaia di persone in piazza. Tra loro, l'Arcivescovo e il Sindaco. Cronaca da una festa della tradizione contadina, tornata a rivivere nel 2002, dopo quattro secoli. Grazie a un'amicizia...
Marco Lapi

Firenze, sera del 7 settembre in piazza della Santissima Annunziata, il più importante santuario mariano fiorentino. Centinaia di bambini e di genitori con le loro lanterne di carta trasparente, le «rificolone», si accalcano sotto il palco realizzato ai piedi dell’Istituto degli Innocenti. Alla vigilia della Natività di Maria, la città torna a vivere una delle sue feste più care. Ci sono la Banda dell’Impruneta, il Piccolo Coro del Melograno, l’attrice Maria Serena Falagiani che legge l’Inno alla Vergine di Dante, accompagnata al violoncello da Benedetta Pacini. E soprattutto ci sono sia l’arcivescovo Giuseppe Betori che il sindaco Matteo Renzi, entrambi alla loro prima «Rificolona» nelle rispettive cariche. Significative le loro parole di saluto: monsignor Betori, parlando ai tanti bambini presenti, paragona la luce delle rificolone a quella di Gesù e ricorda di aver compiuto, alla testa del corteo proveniente da piazza San Giovanni, il percorso inverso rispetto a quello del suo ingresso in Diocesi, per mettersi nuovamente sotto la protezione della Madonna. Anche il sindaco si richiama a Maria «di speranza fontana vivace», sottolineando la necessità di riscoprire e rivivere quei valori che sotto la Sua protezione fecero grande Firenze e consentirono di dare vita a opere di accoglienza come appunto lo «Spedale» degli Innocenti, costruito proprio nella stessa piazza per accogliere i bambini abbandonati.

Chi l’avrebbe detto, solo pochi anni fa, che i fiorentini sarebbero tornati a vivere una tradizione che sembrava ormai irrimediabilmente affievolita, per non dire compromessa? Così si presentava infatti nel 2002 quando un’appassionata insegnante, Cristina Piazzini, capitando nella piazza che ospitava non più la festa di una volta [vedi box] ma solo quella del quartiere del Centro storico, ebbe un moto di delusione. «Mi era capitato di parteciparvi dopo tanti anni - ricorda - ed ero rimasta profondamente addolorata: la Basilica chiusa, poca gente, poche rificolone e una triste e demotivata orchestrina jazz che suonava fra la disattenzione di tutti. Così coinvolsi il mio amico Graziano Grazzini, consigliere comunale, con la bizzarra idea di riportare la festa al suo significato e al suo antico splendore».
L’impresa era tutt’altro che facile, anche perché allora il Comune - depositario della tradizione - non avvertiva certo una preoccupazione in merito alla devozione mariana del popolo fiorentino. Eppure, ricorda ancora Cristina, «Graziano si mostrò da subito entusiasta: coinvolgemmo Giannozzo Pucci, un importante nome legato a molte iniziative cittadine, tra cui il calcio storico fiorentino, e poi padre Alberto, parroco della Basilica. Andando ad incontrarlo, ci fermammo davanti all’immagine sacra della Madonna. Nel tempo di una preghiera vissuta assieme ebbi come la certezza che il nostro cuore batteva come uno solo dentro il cuore della Madonna e che quel nostro piccolo tentativo aveva cara solo una cosa, favorire il ritorno del cuore dei fiorentini davanti a quella stessa immagine. “Occorre che il Mistero torni fra la gente”, scriveva in quel periodo don Giussani, e noi questo lo sentivamo così vero per noi, tanto da desiderarlo per la nostra città. Così andammo a incontrare l’Arcivescovo chiedendogli di esserci compagno in questa avventura. Quello che ci stupiva era l’entusiasmo che incontravamo intorno a questo tentativo, fino a ottenere dal Comune di Firenze l’organizzazione di una festa nuovamente cittadina in piazza Santissima Annunziata. Nacque così la «Compagnia della Rificolona». La sera del 7 settembre 2003, in piazza Duomo per il corteo e poi in piazza Santissima Annunziata, c’era tanta gente: ciò che stava accadendo andava oltre quello che avevamo immaginato.La Basilica, dopo tanti anni, era nuovamente aperta e illuminata, e per tutta la sera ci fu un gran via vai di gente davanti all’immagine della Madonna. Guardavamo, fra lo stupito e il commosso, cosa stava succedendo: non eravamo niente, eppure eravamo stati strumento di una cosa grande, servendo il Cuore della vita della nostra città, ci ripetevamo.

Nel 2006, alla vigilia del 7 settembre, Graziano Grazzini morì improvvisamente. Quella dolorosissima edizione della Rificolona fu una prima occasione per ricordarlo, ancora prima del funerale che sarebbe stato celebrato all’indomani e che avrebbe messo in evidenza quali dimensioni avesse raggiunto il dono della sua amicizia. Dall’anno successivo, un premio a lui intitolato avrebbe celebrato la più bella rificolona artigianale presente in piazza.
«Ciò che trattengo come la cosa più importante per me, all’indomani di quest’ultima edizione - afferma ancora Cristina Piazzini - è l’evidenza che l’amore per ciò che ho visto e incontrato ha generato un gusto per la bellezza e una passione per Firenze. E ciò che mi stupisce di più di questa avventura è quanto di grande e di buono è derivato per me seguendo gli eventi così come si sono presentati, avendo a cuore unicamente quel punto ideale che ha suscitato tutto. Di rapporti ne sono scaturiti tanti, alcuni hanno avuto lo spessore di vere amicizie, ma ciò che tutti gli anni mi colpisce sono gli incontri con la gente in piazza, nel chiostro della Basilica o davanti alla mostra su Giacomo Leopardi allestita quest’anno.
«Gioire insieme della consapevolezza che siamo una grande storia guidata ad un bel destino, fosse stato solo per il via vai di gente che andava a dire un’Ave Maria di fronte alla Madonna, già sarebbe stata una grande cosa», scriveva non a caso Graziano a Cristina all’indomani di quella memorabile prima edizione della festa rinata.