Le famiglie in fuga da Mosul (Iraq).

Cristiani e musulmani in fuga da Mosul, occupata dalle milizie islamiche

L'arcivescovo caldeo, Shimoun Nona, chiede aiuto perché a breve finiranno le scorte di cibo e acqua. Gli islamisti hanno assunto il controllo della città. E il popolo scappa, mentre il premier Al-Maliki dichiara lo stato di emergenza

La situazione «è molto difficile», per prima cosa «è urgente aiutare questa gente che è fuggita» dalla città, perché «entro due o tre giorni» le scorte di cibo e acqua saranno finite e «generi alimentari e beni di prima necessità» risulteranno introvabili. È il drammatico appello, rilanciato attraverso AsiaNews, di monsignor Emil Shimoun Nona, arcivescovo caldeo di Mosul, nel nord dell'Iraq. Nelle ultime ore la città di quasi tre milioni di abitanti è piombata nel caos, in seguito all'irruzione di centinaia di guerriglieri islamici che hanno assunto il controllo di ampie porzioni di territorio. I miliziani non hanno incontrato resistenze lungo il percorso, perché esercito e forze di polizia - seppur presenti in massa - hanno abbandonato armi e postazioni, gettando le divise e mescolandosi alla folla. «Drammatica» la situazione della minoranza cristiana, in una diocesi che già in passato ha pianto la morte violenta di fedeli e pastori, fra cui il precedente vescovo monsignor Faraj Rahho (nel contesto di un sequestro) e di padre Ragheed Ganni.

Secondo le ultime testimonianze, sarebbero almeno 500mila le persone che hanno abbandonato la città, situata circa 360 km a nord-ovest di Baghdad e secondo centro per importanza di tutto l'Iraq, in un'area strategica per l'estrazione di petrolio e gas naturale. Mosul è una roccaforte del fondamentalismo sunnita wahabita, che ha intrecciato stretti legami con l'Arabia Saudita. Assalti contro oleodotti e altri obiettivi sensibili sono una prassi comune a opera di gruppi legati ad al Qaeda e al jihadismo...

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