Piazza Maidan a Kiev.

Ucraina, un problema di libertà (per tutti)

Piazza Maidan, la caduta di Yanukovyc, l'invasione della Crimea e tante notizie che spesso si contraddicono. Ma è possibile che un conflitto dove sono in gioco i soliti interessi si trasformi in una pagina di civiltà da cui imparare?
Giovanna Parravicini

In queste ore siamo tutti, qui a Mosca, con il fiato sospeso a seguire la ridda di tragiche notizie – spesso contradditorie e incontrollabili – che si susseguono dall'Ucraina. Mi scrive Svetlana Panic, un'amica: «Ero in metrò. Lo sguardo mi cade sul giornale che legge la mia vicina, che titola "Guerra santa" parlando dei combattenti del Maidan che torturano i genitori sotto gli occhi dei figli ecc... Quando, non riuscendo a trattenermi, le chiedo: "Ma è sicura che sia la verità?", non mi risponde. In quel momento ho capito: il problema non è solo che ci stanno facendo il lavaggio del cervello... È che la gente ha perso ogni speranza nel vero, nel giusto, nel bene, e si aggrappa a chi le dà un'illusione di sicurezza e di forza. È inutile cercare di dissuadere la gente, il nostro compito non è tanto quello di denunciare, quanto piuttosto di porre domande, ascoltare, parlare. Senza trincerarci nel "nostro fronte", ma scendendo sull'arena dell'umanità tutta intera. Persino con quelli che questa comune umanità per ora la rifiutano. Anche questo è un lavoro, a volte molto rischioso. Che cosa ne verrà fuori, ci penserà Iddio». L'Ucraina è sulle bocche di tutto il mondo, e i giudizi che si leggono sono i più svariati, ma comunque si evolvano le cose, e per numerosi e complessi che siano i fattori in gioco, ci sono almeno tre elementi che fanno sì che questo dramma superi di gran lunga le dimensioni di un conflitto locale dove in gioco sono interessi economici e politici, rancori etnici e lotte ideologiche, e si trasformi invece in una pagina esemplare di civiltà da cui possiamo/dobbiamo imparare.

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