Il quartiere cristiano di Midaan, Aleppo.

Siria: «Siamo tribolati, ma non schiacciati»

La lettera di padre Ibrahim Alsabagh, parroco di Aleppo, pubblicata sul quotidiano svizzero. Tra la ripresa dell'offensiva del Governo e le risposte dei ribelli, il sacerdote racconta quello che sta succedendo nei quartieri cristiani della città
padre Ibrahim Alsabagh

Cari amici, provo a raccontare quello che stiamo vivendo ad Aleppo da quando è cominciata l’offensiva dell’esercito per riprendere la città. Nella notte tra il 3 e il 4 febbraio, due missili lanciati dagli jihadisti hanno colpito la zona di Soulaymanieh-Ram, dove è collocata la nostra succursale. Avevo pensato di radunare i frati, in un capitolo locale pastorale, per vedere come potevamo intensificare il servizio svolto nella zona di Soulaymanieh e di Midaan, quando ci ha raggiunto la notizia dell’accaduto. Il risultato dei bombardamenti, incessanti, è sempre lo stesso: morte e distruzione di case. Due cristiani sono rimasti uccisi; diversi feriti e diverse case danneggiate. Siamo scoraggiati, perché avevamo appena finito di riparare i danni dei missili caduti il 12 aprile 2015, quando sono arrivati queste nuove bombe, distruggendo nuovamente quello che abbiamo appena riparato. La nostra chiesa non è stata per ora danneggiata, ma il tetto delle aule di catechismo è stato colpito e parzialmente distrutto, le pareti sono state danneggiate dalle scosse e dalle esplosioni e così i vetri, che sono andati in frantumi. Il missile che è caduto direttamente sulla succursale ha forato il tetto, colpendo la statua della Madonna, il campanile e alcuni depositi di acqua, nuovamente installati. La statua della Madonna è stata ridotta in mille pezzi e potete immaginare il nostro dolore: il volto della Vergine in frantumi in mezzo alla strada, oltraggiato. Mentre l’altro missile è caduto per la strada, danneggiando l’entrata della succursale e ammazzando due uomini cristiani, senza risparmiare gli edifici che, nel passato, sono stati colpiti da diversi missili e bombe. Noi frati siamo subito andati a visitare le case negli edifici vicini alla nostra succursale, dove i due uomini sono stati colpiti e uccisi e abbiamo ascoltato l’esperienza dolorosa delle mamme e dei padri di famiglie che ci raccontavano dell’accaduto e di come hanno vissuto, insieme ai loro figli, il terrore e lo spavento. Stiamo cercando di stare vicini alla nostra gente, che bussa alla nostra porta cercando aiuto. La nostra succursale infatti accoglie le famiglie della zona, ma anche quelle di Midaan (che hanno cercato riparo dopo che la chiesa di Bicharat a Midaan è stata distrutta). Ospitiamo anche la comunità cristiana maronita che celebra da noi diverse messe settimanali, dopo la distruzione delle sue chiese nelle zone vicine. È il luogo dove diversi gruppi parrocchiali si ritrovano per i loro raduni settimanali e dove trova spazio anche una scuola per i sordo-muti: uno dei pochissimi centri di questo genere rimasti attivi oggi ad Aleppo. Oltre all’accoglienza e al servizio umano e spirituale menzionato, si distribuisce l’acqua alla gente, dal pozzo che abbiamo dentro la medesima succursale.

Il quartiere cristiano di Midaan.
I lanci di missili da parte dei gruppi jiahdisti, come risposta all’avanzata delle forze governative e dei loro alleati, è continuata anche la notte tra il 4 e il 5 febbraio. Ancora una volta, siamo stati colpiti al cuore. Le esplosioni hanno interessato il quartiere di Midaan, la zona a maggioranza cristiana. La distruzione è stata totale: i poveri abitanti rimasti sono nuovamente senza casa. Provate a immaginare cosa voglia dire per noi stare qui mentre di notte cadono i missili. Senza sapere cosa accadrà. Un’anziana signora piangeva raccontando che la gente non sapeva come comportarsi, quale decisione prendere: uscire dalle case per scappare con il pericolo di incontrare «sorella morte» per la strada o rimanere nelle abitazioni rintanati, con il pericolo che i missili le distruggano? Alcune famiglie hanno deciso di dormire al freddo all’entrata delle loro abitazioni, altri sotto le scale. Una signora che ha bussato alla nostra porta chiedendo aiuto, mentre portava in braccio il suo bambino, mi ha raccontato che c’erano delle persone che sono rimaste sotto le macerie. Alle sue grida di soccorso, con l’intenzione che venisse qualcuno ad aiutare quella povera gente, nessuno aveva il coraggio di rispondere. I feriti sono rimasti lì, e così anche i cadaveri, per ore e ore.

Perché rimaniamo.
Noi però non ci arrendiamo. Siamo tribolati ma non schiacciati. Alle case danneggiate che abbiamo visitato, insieme con l’ingegnere, abbiamo distribuito subito scatole di alimentari di emergenza e abbiamo iniziato a riparare, cominciando dalle porte e le finestre. A chi ha avuto la casa tutta danneggiata, abbiamo aiutato con i soldi per prendere case in affitto per tre mesi, con la possibilità di rinnovare il pagamento. In tantissimi bussano alla nostra porta terrorizzati, soprattutto le famiglie con i bambini piccoli. La maggior parte di loro non ce la fa a pensare di fuggire: non hanno neanche un soldino per il trasporto. Per me, in questa situazione, non restano che l’accoglienza e l’ascolto. Dopodiché, bisogna passare subito all’azione: non si può rimandare all’indomani. Il lavoro però è immenso e così anche le necessità.

Acqua e prezzi proibitivi.
Rimane il problema grandissimo dell’acqua: mentre i missili cadevano, era impressionante vedere la gente aggirarsi cercando l’acqua. Le persone sono disperate e sfidano i missili e la pioggia, pur di attingere acqua dai rubinetti installati lungo la strada, dove ci sono i pozzi. Ormai, è da più di dieci giorni che siamo senza acqua. Il dollaro arriva a quattrocentodieci l.s. oggi, mentre ieri aveva il prezzo di quattrocento. Questo vuole dire che il prezzo degli alimentari s’è alzato da un giorno all’altro, anche quello delle cose più leggere e più semplici di verdura. Una signora racconta che ormai le entrate mensili, per lei che ha ancora un lavoro e un’entrata fissa mensile, non permette oggi di comprare un piatto di verdura giornaliero per tutto il mese.

«Fino a quando, Signore, ti scorderai di me?» (cf. Sal 12).
Dentro il dolore di questi giorni, mi torna alla mente il salmo che dice: «Fino a quando Signore ti scorderai di me?». La domanda a volte affiora: il Signore ci ha abbandonato? Ma dove è il Signore? È un momento dove la fede viene scossa fortemente dalle sue radici per tutto il “piccolo gregge” che è rimasto ancora ad Aleppo. A Saul, il Risorto l’aveva chiesto: «Perché mi perseguiti?», lasciando una conferma sicura della sua unione con le membra del suo Corpo mistico. Egli è presente; sofferente e appeso sulla croce e non «guarda da lontano mentre i suoi soffrono». Egli è presente in mezzo al Suo popolo; lo aiuta e lo assiste attraverso la tenerezza misericordiosa dei suoi pastori; anche se sono molto affaticati e amareggiati al vedere cosa succede al loro gregge. Così è per noi, frati francescani. E per questo rimaniamo qui.


(Dal Giornale del Popolo, 7 febbraio 2016)