Quando la Rete va in vacanza (di lavoro)

Gli amici di Retemanager raccontano i due giorni di convivenza a Varigotti. La cura reciproca nelle passeggiate e negli orari da seguire. Un'attenzione (non solo professionale) agli amici in cerca di occupazione. A partire dai più giovani

Siamo il gruppo di amici che ha dato vita a Retemanager, una libera associazione di persone, provenienti per lo più dal mondo delle imprese, che sulla scia del monito di don Giussani per cui «nessuno può stare tranquillo se un amico non ha il lavoro» da alcuni anni dedica tempo, energie e passione, per aiutare altre persone, soprattutto manager over 50 che hanno perso il lavoro, nel percorso di ricollocazione verso la ricerca di una nuova opportunità professionale.
Vogliamo raccontarvi dei due giorni di vacanza, convivenza e lavoro, che abbiamo fatto a Varigotti, nella casa San Francesco. Anche se il gesto della vacanza-lavoro lo avevamo già deciso qualche mese fa, la Giornata di inizio anno ci ha dato però le chiavi per comprendere meglio sia la decisone iniziale che poi la stessa esperienza fatta. Don Julián Carrón ci ha infatti ricordato, primo, che «ciascuno deve guardare la propria esperienza, deve riandare all’origine di quella sua mossa iniziale per vedere sorgere proprio da lì il primo albore» e, secondo, citando don Giussani, che è la «commozione della Sua presenza che diventa commozione nella vita quotidiana e illumina, intenerisce, abbellisce, fino alle sue conseguenze magnifiche di rispetto della cosa che fai, di precisione nella cosa che fai, di lealtà con la tua opera concreta, di tenacia nel perseguire il suo fine». Forti di queste due chiavi di lettura, questa esperienza è stata per noi letteralmente un viaggio verso la nostra origine che, essendo viva, ci richiama alla verità e bellezza di ciò in cui ci ha già coinvolti e ci attira in avanti.

Vogliamo raccontare la nostra esperienza a Varigotti sui tre piani della convivenza, della bellezza della intelligenza operativa, che - per inciso - altro non sono che tre declinazioni del «buono», del «bello» e del «vero». Innanzitutto il piano della convivenza, della «bontà» della convivenza, così attenta alle persone, in molti casi mai viste prima, ma da subito sentite a trattate come se da sempre fossero volti familiari. Convivenza inaugurata con la festa di compleanno del nostro amico "Tex" Fausto, continuata poi con momenti conviviali e passeggiate. Sempre ritmata dalla letizia e dall’attenzione reciproca, fin negli orari da seguire. Poi quello della bellezza, richiamata da luoghi così ricchi per diversità di paesaggio, dolci ed aspri al tempo stesso. E in tutto questo scenario naturale, lo scenario umano della casa, di quella casa dove don Giussani soggiornò e che ora ci rimanda un po’ di quella memoria anche attraverso la cura dei suoi particolari, fatta «di rispetto e precisione» - come la famosa sedia di Peguy - grazie al lavoro di un gruppo di Memores che la gestiscono.
Infine il terzo piano è quello della intelligenza operativa sull’opera di carità che ha illuminato il gesto, con il richiamo innanzitutto al valore dell’esperienza come fattore di innovazione, costruzione, giudizio e correzione su di noi e sull’opera a partire dalla risposta alla realtà che incontriamo e che diventa per noi compito.

Questa esperienza è per noi viva e coincide con il percepirci oggetto di uno sguardo vero di amicizia su di noi. Sguardo che ci fa diventare ed essere a nostra volta soggetti portatori di quella stessa attenzione ed amore alle persone amiche che incontriamo e che accompagniamo nella ricerca di nuove opportunità di lavoro. Il richiamo che ci facciamo oggi è che questo rapporto con quelle persone rimanga vivo perché, dentro il reale ed ineludibile problema del lavoro, loro hanno bisogno del concreto di questa compagnia. Anche la storia di Retemanager ci conforta in questa valorizzazione dell’esperienza, perché l’opera è cresciuta non per piani e progetti, ma per incontri fatti e per testimonianze ricevute. Essa è quindi una forma di obbedienza all’opera di un Altro. Guardando ai nuovi bisogni che sorgono e senza defocalizzarci dal fine originario dell'aiuto ai manager e ai senior, non possiamo non considerare, in modalità ancora da valutare, anche i nuovi fenomeni della precarietà dei giovani. Sia di quelli che pur con alte qualificazioni di studi, ma troppo protratte rischiano di precludersi fin dall’inizio l’ingresso nel mondo del lavoro, sia di quelli che per scelte forse improprie e dettate da criteri non adeguati si sono già ritrovati ai margini.

Ci siamo pertanto dati, come indicazione di ulteriore lavoro, almeno tre punti da sottolineare: quello di immaginare forme per un’attenzione nostra ai giovani in difficoltà, quello di aiutare le persone amiche in cerca di lavoro a una piena rimessa in discussione di loro stessi in relazione alle nuove condizioni del mercato del lavoro. Infine, ultimo, ma non meno importante, quello del rilancio forte del rapporto di amicizia con queste persone.
Giulio