Il logo del percorso formativo "Young factor".

Fattore Y: che cos'è giusto?

Un percorso per gli studenti sulla criminalità. Ma "Young factor" non è un seminario sulla legalità, va molto più a fondo. In una terra dove giustizia è sinonimo di antimafia, «avete avuto il coraggio di ricordarci la nostra grandezza di uomini»
Alessandro Giuntini

Il senso e lo scopo delle leggi non sono argomenti semplici da trattare. E in Sicilia, terra particolarmente toccata dalla criminalità, ancora meno. In questo contesto, da poco più di un anno, un gruppo di persone sta diffondendo tra gli studenti dell’isola un modo nuovo di affrontare questo tema. Si chiama Young Factor - Insieme per un compito, un percorso formativo proposto dal Centro di Solidarietà "Nicola Coppola" e dall’Associazione "Hic et Nunc", al quale hanno già partecipato diciotto scuole, superiori e medie: due lezioni in classe sulla legalità, due testimonianze e un momento di volontariato per verificare quanto appreso e ascoltato.

«Tutto è iniziato nel 2014, con la partecipazione ad alcuni bandi ministeriali, tra cui uno sulla diffusione della legalità e della coesione sociale tra i giovani», dice Maria Concetta Buttà, una delle responsabili del progetto. «Il nostro desiderio era, innanzitutto, andare in classe dai ragazzi per incontrarli, non quello di portare una "riflessione" sulla legalità nelle scuole». Ma alla fine hanno vinto proprio quel bando: «Il più temuto, per il contesto in cui ci saremmo trovati ad affrontarlo. Qui "legalità" è spesso sinonimo di "antimafia", ed è difficile parlarne a prescindere da questo aspetto, allargare lo sguardo». Il rischio era quello di ridurre il discorso al semplice dualismo tra legalità e giustizia, all’equazione "è giusto ciò che è legale". Però, per Maria Concetta e gli altri organizzatori, questo è diventato fin da subito l’occasione per riscoprire personalmente cosa fosse la legalità: «Abbiamo cercato di cogliere il nostro contraccolpo di fronte al sistema delle regole create per la convivenza civile. Questo approccio ci ha portati più a un complesso di domande, che a risposte da "somministrare". E queste domande avevano un nocciolo comune: la persona, con tutte le sue esigenze».

Da qui è nata l’idea di parlare ai ragazzi della legalità, non solo come "una cosa buona in sé", come un "dover essere", ma come «una strada per scoprire una bellezza, per un compimento», invitandoli a rintracciarla. Anche perché «una volta scoperto che la regola "è buona", rimane un problema: dove trovo l’energia per l’osservanza della regola?».

Così il percorso è stato strutturato in tre parti: la proposta di un’ipotesi positiva sulla legalità in classe; l’incontro con due testimoni, Valerio Montalbano, figlio di un medico ucciso dalla mafia, e Marcelo Cesena, pianista brasiliano con alle spalle una forte storia di conversione (qui, la sua storia); infine, la fase "Insieme per un compito": un tentativo di verifica dell’ipotesi iniziale attraverso un’esperienza di volontariato, in genere un doposcuola.

Young Factor ha ricevuto una grande accoglienza da parte dei ragazzi, che hanno sentito «una proposta di certezza per la loro vita». E lo si vede dai questionari valutativi, che i Comuni delle scuole partecipanti chiedono di sottoporre ai ragazzi. «Tutti apprezzavano i contenuti e le modalità scelte, ma quello che li aveva colpiti era l’aver scoperto qualcosa di più che un progetto sulla legalità», dice Maria Concetta. «Mi ha permesso di scoprire cose di me che non avevo mai guardato, che sembrano questioni per intellettuali, e invece sono quelle più vere e più preziose», scrive Sara. Oppure Francesca: «Ho capito che ci sono domande a cui ho paura di guardare, ma ho visto in voi che guardare queste domande apre a possibilità affascinanti, e che siete più veri di molti altri discorsi che ci vengono fatti ogni giorno».

Salvatore, un ragazzo di Termini Imerese, all’incontro conclusivo, a cui hanno partecipato anche tutte le autorità del luogo, è intervenuto dicendo: «Qualcuno per la prima volta è venuto senza la pretesa di doverci dire cosa è giusto o sbagliato, buono o cattivo. Avete avuto il coraggio di ricordarci la nostra grandezza di uomini, che sta nel bisogno di libertà, di bellezza e di giustizia e non di società, legalità e diritti. Nessuno ha più questo coraggio, perché gli adulti, che sanno di aver perso la battaglia che ci chiedono di vincere per loro, non credono più che si possa vivere seguendo questi desideri. Voi invece mi avete fatto vedere che è possibile adesso, nella mia realtà così com’è».

Cosa ancora più sorprendente, anche gli adulti si sono stupiti dell’iniziativa. «Gli insegnanti sono sempre rimasti e hanno partecipato perfino i presidi», continua la Buttà. Non è scontato, poiché «di solito, quando portiamo un progetto nelle scuole, gli insegnanti ci affidano la classe e ne approfittano per fare altro». Questa volta, invece, non si sono schiodati dalle aule.

Altro esempio è stato quello di Rosi, assistente sociale del Comune di Pantelleria, uno dei partner del progetto, che «al termine di un incontro ci ha detto stupita: "Magari i corsi e i convegni a cui partecipo aprissero ad una prospettiva così umana, così personale. E invece sembra che non bisogna entrare nelle questioni con la propria umanità, che bastino le teorie, le statistiche. Manca quello che voi invece vivete: la cultura dell’incontro"».

Incontro che in alcune scuole non è finito con il progetto. Come racconta ancora Maria Concetta: «Sempre a Pantelleria una trentina di ragazzi ha dato la disponibilità per continuare, una volta a settimana, il doposcuola con i bambini, che avevano fatto durante "Insieme per un compito"». Oppure, in un altro istituto, il preside ha chiesto che il doposcuola proposto ai ragazzi durante il percorso diventi l’opportunità per l’alternanza scuola-lavoro, da quest’anno obbligatoria, «perché voi avete a cuore la persona».