La nube di fumo dopo il crollo delle Torri.

«Da quel giorno so che Dio è con me»

Tiffiny era una manager di successo a Downtown Manhattan. Quel giorno era all'angolo di Broadway. Quando le Torri sono crollate le è cambiata la vita. A partire da una malattia...
Suzanne Tanzi

«Ero all’angolo della Liberty con Broadway. Ricordo che all’improvviso mi sono ritrovata a correre in una nube di fumo» racconta l'allora ventinovenne Tiffiny Gulla. L’11 settembre 2001 era vicina alle Torri Gemelle, dove lavorava come dirigente aziendale di successo: «Cercavo di raggiungere l’acqua per allontanarmi dall’edificio che stava crollando, ma non mi ero neppure resa conto che stesse crollando», continua Tiffiny: «Abbiamo pensato tutti che quegli scoppi fossero bombe. La gente veniva scaraventata contro muri e cassette postali, dal fumo e dallo spostamento d’aria; ma io, non so come, sono riuscita a correre, e a un certo punto sono stata “trasportata” quattro isolati più avanti. Ancor oggi, io e alcune persone che erano con me non sappiamo come siamo riusciti a coprire quella distanza in pochi secondi. Ma tutti ricordiamo le luci bianche e blu intorno a noi, e molti ritengono che fossero angeli custodi. Ma io arrivai a casa spaventata e stordita. Solo anni dopo sono riuscita a rivedere i filmati di quel giorno».

Eppure, solo due giorni dopo sei tornata lì…
Sì. C’era bisogno che qualcuno recuperasse gli effetti personali dei clienti nei nostri immobili di Battery Park: gli occupanti erano fuggiti. Poiché avevo già assistito al massacro, non volevo far vivere a nessun altro questo trauma, quindi mi sono offerta volontaria per tornare laggiù. Ma il terzo giorno dopo la tragedia mi sono svegliata con le mani molto gonfie. Sanguinavo dal naso e avevo altri sintomi di avvelenamento da mercurio, come tante altre persone. Ci siamo immediatamente sottoposti a una terapia per eliminare le tossine; ma alcuni sintomi sono rimasti. Dieci giorni dopo ho ricevuto la peggior diagnosi possibile: sclerodermia, un’iperproduzione di collagene. È una malattia autoimmune che in genere conduce alla morte entro dieci anni. Provoca un ispessimento di pelle e organi, una fibrosi dei tessuti, in particolare sul viso e sulle mani; ma i danni peggiori sono quelli interni.

Perché tu hai contratto la sclerodermia e altri no?

La fusione delle tubazioni in PVC, le lampadine esplose e altri materiali in combustione hanno provocato l’avvelenamento da metalli. E la terapia era molto aggressiva. La maggior parte dei pazienti è riuscita a liberare il corpo dai metalli pesanti; ma nel mio caso, dopo la terapia il sistema immunitario ha smesso di funzionare, e l’anticorpo SCL-70 che i medici hanno trovato indicava sclerodermia. Forse è stato il trattamento a provocarla, o forse ho una predisposizione genetica... qualunque siano le ragioni scientifiche, che sono ancora misteriose, so che Dio mi ha permesso di trovarmi in questa situazione per un motivo preciso. Questa consapevolezza si è risvegliata in me pochi minuti dopo aver ricevuto la diagnosi, perché già da tre anni seguivo un percorso. Nel 1998 avevo pregato Dio di manifestarsi più spesso nella mia vita, e fin da quel giorno Dio mi stava preparando per questa croce da portare. Quando ho avuto la diagnosi stavo andando a una sfilata di moda: ricordo che ci sono andata lo stesso, a braccetto con un amico. Penso di aver immediatamente messo tutto nelle mani di Dio per poter continuare la mia vita quotidiana, come ho fatto. Sono andata avanti con un forte senso di speranza e promessa, che venivano da un Altro.

Per la tua famiglia e gli amici è stato difficile accettarlo?

Mia madre, che da anni lotta contro il cancro, ha faticato a lungo, ma ora è riuscita ad accettarlo. Era così abituata a godersi i miei successi e la mia energia, tutti i doni che avevo ricevuto. A lei, e a tutti, dico che se hai un dialogo con Dio, Lui non ti deluderà mai. Perché arrabbiarsi o avere paura, quando puoi parlare con Dio, e pregare? Lui risponde sempre! Questo è il mio nuovo dono, la “vista”. Sono stati dieci anni straordinari. Mi sento più me stessa: più felice, più tollerante... Il mio cuore è stato spalancato! In questi anni, ogni volta che sono stata dal medico è saltato fuori qualcosa di nuovo: ho perso i polpastrelli, ho sentito ispessirsi il polmone sinistro... ma non ci penso affatto. Non ho neppure compreso quanto fossi cambiata fisicamente fin quando, nel 2006, ho visto una mia foto e ho pensato: “Accidenti, sono deforme!” Molti altri malati di sclerodermia che ho conosciuto sembrano aver perso ogni speranza; ho cercato di trasmettere loro il mio ottimismo.

Eri piena di talenti straordinari...

Non c’era motivo per cui mi fossero state date tutte le opportunità che ho ricevuto! Dio mi ha portata all’apice del successo a New York. Tra i venti e i trent’anni, dopo la laurea in composizione musicale e chinesiologia, ho lavorato come assistente del compositore ufficiale della Carnegie Hall. In seguito ho iniziato a disegnare accessori per una casa di moda. Poi ho lavorato nei media, nel campo delle licenze dei personaggi, anche per la Lucas Film e Guerre stellari. Come secondo lavoro gestivo un centro massaggi; avevo un fidanzato straordinario, una splendida famiglia e tanti amici, e contatti in tutta New York e nel mondo. Nel 1998, un collega mi invitò a un incontro di preghiera alla chiesa della 42ma Strada, dove rimasi colpita dalla relazione personale che quelle persone sembravano avere con Gesù. Avevo sempre conosciuto e amato il Padre, ma quest’elemento pienamente umano mi commosse fino in fondo.

Come sei passata dalla musica, la moda e il design alla finanza, e perché?

La mia vita era piena di successi, ma era caotica. Mia madre, che per la seconda volta lottava contro il cancro, era appena venuta a vivere con me, insieme a mio fratello, perché potessimo prenderci cura di lei. Avvertivo un profondo desiderio di trovare significato ed ero pronta a qualsiasi cambiamento. Così, su consiglio di un amico, nel 2000 andai a fare un colloquio per la Royalblue Financial Corp. (oggi Fidessa). Mi assunsero non per il curriculum, ma - stranamente - perché giocavo a golf a livello amatoriale, e il mio futuro capo amava il golf! Ho pensato: “Forse è stata la provvidenza!” Come facilities manager, mi occupavo di molte cose: lavoravo con gli agenti immobiliari e gli avvocati per affittare gli spazi da destinare a uffici; poi progettavo, gestivo e supervisionavo la manutenzione di uffici e data center. A due mesi dall’inizio del lavoro scoprii che a pochi metri dal mio ufficio c’era la chiesa di Nostra Signora del Rosario, con la tomba di santa Elizabeth Seton, e ne feci la mia seconda casa. Era una risposta alla mia preghiera, che stava ormai diventando: «Signore, voglio che Tu sia al centro dei miei pensieri». Lavorando lì, mi trovavo a Downtown l’11 settembre. E così ho contratto questa malattia, che ha portato Dio al centro di tutto, come gli avevo chiesto. È stato quasi un sollievo sapere che ora avrei dovuto fare assegnamento su di Lui.

Come gestisci la progressione di questa malattia?

Dio ha dovuto togliermi i miei doni e talenti uno dopo l’altro, perché vedessi qual è il vero Dono. La mia vita non dipende più da chi conosco, da tutti i miei contatti, da quello che so fare; perché fisicamente non riesco più a farlo. Ora la mia vita è interamente devota a Lui e da Lui dipendo pienamente. Lavoro ancora nel settore della finanza, progetto spazi per uffici. Non posso più suonare, ma ho ancora la voce e compongo musica con l’aiuto degli amici. Devo dare tutto a tutti, perché sono così dipendente: ma se non vivessi una relazione di dipendenza con Cristo, non riuscirei ad accettare di dover ricevere tanto aiuto. Invece i miei amici sono segni che Lui mi dà. Mi è stato donato anche un fantastico dottore e amico, che appartiene ai Memores Domini, di nome Franz. Mi ha salvato fisicamente più di una volta, e mi ha aiutata anche sul piano spirituale ed emotivo.

Il dolore e la perdita non ti hanno sviata dal tuo cammino...
Ho forti dolori, ed è faticoso arrivare alla fine della giornata; ma non potrò mai sottolineare abbastanza che Dio è con me in ogni momento. Come potrei non accettare tutto questo come un dono?