La sede di Mediobanca, in piazzetta Cuccia a Milano.

Chi sono (e chi temono) i "poteri forti"

Dalle forze "occulte" della finanza alle lobbies industriali. Una mappa delle oligarchie che sembrano tenere in scacco la storia. C'è da spaventarsi? Non c'è da scherzare. Ma esiste un «motore inesauribile» che presenta sempre il conto: la persona
Gianluigi Da Rold

Un vecchio libro edito da Longanesi nel 1967, firmato da David Wise e Thomas B. Ross, aveva un titolo inquietante Il governo invisibile. Recentemente è uscito un testo di Daniel Estulin Il club Bilderberg. La storia segreta dei padroni del mondo. Gli scenari disegnati da questi libri (ma se ne potrebbero citare molti altri) fanno pensare a cittadini del mondo, a popoli, che sembrano semplici pedine, numeri insignificanti rispetto al "grande gioco" condotto da esponenti di grandi interessi internazionali, di grandi poteri, di quelli che abbiamo sempre chiamato "poteri forti".
Un'espressione che, in questo momento di crisi politica e sociale, è tornata a farsi sentire più spesso. In particolare, dopo essere stata evocata da una dichiarazione del premier Mario Monti: «Il mio Governo ed io abbiamo sicuramente perso in questi ultimi tempi l’appoggio che gli osservatori ci attribuivano, spesso colpevolizzandoci, dei cosiddetti "poteri forti"...». Allora torna urgente capire di cosa parliamo quando usiamo quest'espressione.

Pensare che la storia dell'umanità, della civiltà e dei popoli sia solo la conseguenza di complotti, congiure e disegni di grandi personaggi che dirigono la "danza" della vita è riduttivo, spesso schematico e quasi sempre di respiro corto. La tempesta del "grande potere" napoleonico finì con la Restaurazione del 1815. Gli artefici dell'ordine europeo ritrovato, Talleyrand e Metternich, non fecero i conti prima con le avvisaglie dei moti del 1821, poi con il fragore del "quarantotto". Il "secolo inglese" (l'Inghilterra che dominava il mondo) termina di fatto con la Prima guerra mondiale, quando comincia il "secolo americano". È imploso il comunismo sovietico, si è modificato il rapporto tra grandi potenze e Paesi emergenti. I grandi interessi e i grandi poteri, determinati dalla forza militare e finanziaria, che cercano di difendere la loro posizione dominante devono sempre fare i conti, alla fine, con le esigenze delle persone, dei popoli, con i desideri e le aspirazioni a una vita più libera e democratica che, anche incosapevolmente, vuole la gente comune.

Il corso della storia è costellato dalla presenza di "poteri forti" che si oppongono ai grandi cambiamenti politici, sociali ed economici, per mantenere posizioni di privilegio, tradendo anche le tradizioni più antiche dei popoli. Nessuno può negare l'esistenza di una ragione di Stato, difesa spesso con brutalità e cinismo dai "poteri forti" occulti dei grandi servizi di intelligence nazionali. Né si può negare la forza finanziaria ed economica di alcuni gruppi industriali e finanziari. E si può aggiungere che tre grandi lobbies mondiali, quella dell'energia, quella della comunicazione e quella della tecnologia abbiano sempre cercato di dettare l'agenda del modo di vivere, dell'organizzazione del lavoro, della stessa convivenza sociale.
Solo trent'anni fa, i "poteri forti" in Italia erano soprattutto nazionali. Nel Parlamento italiano, si diceva con un eufemismo, esiste "il partito torinese", cioè un gruppo trasversale di parlamentari che difendavano sempre gli interessi della Fiat.
A livello finanziario, c'era la mitica Bastogi, una sorta di "salotto buono", creato ancora prima dell'ultima guerra da Alberto Beneduce, che regolava, con una moral suasion tutta speciale, gli equilibri della finanza italiana. Quando Michele Sindona lanciò, agli inizi degli anni Settanta, un'opa su Bastogi, segnò di fatto l'inizio della sua fine che lo portò a errori tragici e al suicidio "chiacchierato" nel carcere di Voghera. Diceva Aldo Ravelli, indiscusso "re" della Borsa di Milano: «Quella mossa gli scatenò contro i vecchi marpioni della finanza italiana: da Cuccia a Pesenti, fino a Cefis. Davvero troppo».
Ma se esisteva in Italia il "potere forte", finanziario-industriale, con le sue ramificazioni mediatiche, di Mediobanca, sotto la regìa esclusiva di Enrico Cuccia, c'era anche il "potere forte" dell'alta burocrazia statale, quello della Magistratura Alta, quello dei partiti che invadevano il mondo bancario e soprattutto quello delle imprese a partecipazione statale. Questi stessi "poteri forti" entravano spesso in competizione, o in autentica "guerra" tra loro. Come definire il tentativo di Carlo De Benedetti sull' "affare Suez", fatto affondare dalla storica alleanza tra la Mediobanca di Cuccia e la Maison Lazard parigina di Andrè Meyer?

In genere, i "poteri forti" sono anche poteri anarchici, che condizionano pesantemente le scelte dello Stato e del Parlamento, cioè dei rappresentanti della comunità civile. Ma quando la difesa dei loro interessi, grandi interessi, diventa ottusa, tetragona a ogni cambiamento o concessione o pateggiamento, questi stessi "poteri forti" si indeboliscono.
È accaduto all'inzio degli anni Novanta, in Italia e nel mondo occidentale, nel cosiddetto "primo mondo". La "morte" dell'Impero Sovietico ha mutato equilibri politici, diplomatici, economici, finanziari, sociali e culturali. Qualsiasi "potere forte" ha bisogno di una cornice internazionale e nazionale sicura, certa, per difendere i suoi interessi. Nel momento in cui si è aperto il mercato mondiale, quando le transazioni finanziarie hanno cominciato a viaggiare alla velocità della luce attraverso i computer, nel momento in cui si è passati alla globalizzazione del mercato, i vecchi "poteri forti" italiani si sono indeboliti e alcuni sono addirittura scomparsi. Non riuscivano più a comprendere il nuovo mondo.
Nella prima fase delle privatizzazioni italiane, Mediobanca, la banca d'affari italiana per eccellenza, non ha curato alcuna operazione di privatizzazione e intanto è entrata in aperto contrasto con personaggi emergenti come Raul Gardini e come Silvio Berlusconi.
Il problema è che la globalizzazione e l'internazionalizzazione hanno creato molto rapidamente nuovi "poteri forti" di caratura transnazionale. Ancora venti anni fa erano le imprese multinazionali che condizionavano l'agenda politica degli Stati nazionali e, di fatto, l'economia si "mangiava" la politica. Poi è arrivata la grande spinta alla finanziarizzazione e la finanza strutturata che, alla fine, si è "mangiata" sia l'economia sia la politica, già indebolita e quasi morente.

Se si guarda oggi alla mappa dei "poteri forti" si può vedere che dettano legge sempre le lobbies dell'energia, della comunicazione e della tecnologia, ma sopra a queste c'è la finanza, come un involucro che protegge e ordina. Con una bella immagine, un grande economista come Giulio Sapelli vede soprattutto l'oligopolio finanziario internazionale, con i suoi hedges fund, con il suo shadow banking annesso, con una "internazionale di stockoptionisti" che detta le regole del gioco. Sono i grandi manager dell'industria e della finanza che decidono, guardando soprattutto alle stockoptions (pacchetti di azioni societarie) e di bonus a dettare la nuova agenda politica mondiale dei singoli Stati.
I vecchi e indeboliti "poteri forti" nazionali superstiti oppure quelli venuti recentemente alla ribalta sono solo i "vassalli" di un sistema internazional-imperiale molto più complesso.

C'è da spaventarsi di fronte a questi nuovi "poteri forti"? Diciamo che non c'è affatto da scherzare. E che occorre di nuovo testimoniare e difendere la priorità della persona di fronte ai grandi sistemi di interesse internazionale. Ma un "io" educato, un popolo di "io" educati a un ideale, sono una forza irresistibile anche per queste complicate ragnatele di interessi. I "poteri forti", anche se durano a lungo, alla fine finiscono nella polvere di nuove ideologie camuffate. In genere hanno bisogno del consenso, oppure giocano una carta autoritaria che è sempre una scommessa pericolosa. Il desiderio dell'uomo verso una vita civile, può essere conculcato, ma è un motore inesauribile della persona e alla fine persenta sempre i conti al potere. E quando questa "campana suona", anche il complotto di potere più sofisticato diventa solo un tentativo goffo e grottesco.