Manifestazioni a piazza Tahrir.

Egitto, tutte le domande sul dopo-Morsi

Che Paese è quello che si lascia alle spalle il Governo dei Fratelli musulmani? Come si comporterà l'esercito? I partiti ieri all'opposizione troveranno un accordo duraturo? Quale sarà il ruolo dei Paese del Golfo? Ecco i tanti motivi d'inquietudine
Tewfik Aclimandos

L’esercito ha deposto il presidente Morsi. La mobilitazione popolare lo ha richiesto e le forze armate non si sono fatte pregare, lanciando al tempo stesso un’ondata di arresti che ha preso di mira 300 responsabili dei Fratelli, tra cui la Guida Suprema, le due vice guide, l’ex-presidente del parlamento, i consiglieri del Presidente etc. Anche persone vicine alla Confraternita sono in stato di fermo.

La caduta di Morsi è frutto di una mobilitazione, quantificatasi in decine di milioni di persone, che ha superato ogni attesa, come anche dell’ostinazione cieca e dei paraocchi ideologici dei Fratelli e di un coordinamento tra diversi attori, servizi di sicurezza, giovani rivoluzionari, forze politiche (compresi i salafiti), membri dell’ancien régime, con la benedizione dell’Esercito. I Fratelli si sono ritrovati in una morsa, in cui oltretutto rifiutavano di fare delle concessioni pensando che gliene sarebbero state richieste altre: o lasciavano svolgersi le manifestazioni senza attaccarle e queste diventavano sempre più consistenti, oppure le attaccavano e davano all’esercito un pretesto per intervenire.

La roadmap dell’esercito è piuttosto semplice: congelare la Costituzione, nominare un Comitato per emendarla. Questa formula, un po’ traballante, permette di conservare all’interno della coalizione i salafiti, molto legati alla Costituzione del dicembre 2012. Gli altri provvedimenti sono nominare un presidente ad interim, Adli Mansour, Presidente della Corte Costituzionale; formare un governo di tecnocrati che sia sostenuto dai membri della coalizione; preparare delle elezioni presidenziali.

È molto difficile prevedere il seguito. L’unica cosa che si può fare è un inventario non esaustivo dei problemi e dei motivi d’inquietudine: prima di tutto, c’è da temere uno “scenario algerino”? Il Paese rischia una guerra civile? La prima notte senza Morsi ha già visto una dozzina di persone uccise in provincia, nel corso d’incidenti scatenati da partigiani dei Fratelli musulmani. Questi ultimi e i loro alleati dispongono nel Sinai dei mezzi per abbracciare una politica del “tanto peggio”. E altrove?

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