Code ai seggi elettorali in Egitto.

«El-Sisi rischia la stessa fine di Morsi e Mubarak»

Si chiudono oggi le elezioni presidenziali in Egitto. Dall'affluenza in calo alla minaccia di un nuovo regime militare. Ecco come gli egiziani si misurano con la nuova democrazia. La parola a Wael Farouq, docente dell'Università Cattolica di Milano
Pietro Vernizzi

Le autorità egiziane hanno deciso di prolungare di un giorno l’apertura dei seggi, estendendo a oggi le elezioni presidenziali che si erano aperte lunedì e che dovevano concludersi martedì. A mezzogiorno di ieri l’affluenza era solo del 12%, un vero smacco per l’ex capo delle Forze Armate, Abdel Fattah El Sisi, dato per favorito dai sondaggi. L’ex generale nel luglio scorso aveva destituito l’allora presidente Mohamed Morsi, espressione dei Fratelli musulmani, e sgomberato i sit-in degli islamisti in piazza Rabaa Al-Adawiya, provocando la morte di circa 600 civili. Il suo unico sfidante alle presidenziali è Hamdeen Sabahi, un polito laico e democratico, schierato in difesa dei diritti delle donne e dei cristiani, che però evidentemente non è stato in grado di unire i rivoluzionari di piazza Tahrir. Ne abbiamo parlato con Wael Farouq, intellettuale egiziano e professore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Qual è il vero significato di questa sfida tra El-Sisi e Sabahi?
Il vero dato da cui dobbiamo partire è l’affluenza che è ferma al 15%. Nel referendum sulla Costituzione del 14 e 15 gennaio, l’affluenza era stata del 38,59%, la più elevata dal referendum del 19 marzo 2011, quando fu del 41,9%. Quella del gennaio scorso è stata una percentuale molto significativa, perché non era soltanto un voto sulla nuova Costituzione, ma anche contro i Fratelli musulmani. Lunedì e martedì l’affluenza è stata molto più bassa, non solo rispetto al referendum costituzionale, ma anche rispetto alle elezioni presidenziali del 2012. Ampie fasce della popolazione egiziana hanno scelto di non votare per il candidato favorito, Abdel Fattah El- Sisi, a causa degli errori compiuti dal governo di transizione dal luglio 2013 a oggi.


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