BergamoIncontra in piazza Dante a Bergamo.

Per la città, uno spettacolo tutto da vedere

A prevalere è la gratitudine. Gli organizzatori dell'evento, dopo incontri e mostre, raccontano cosa è successo dal 4 al 6 luglio a Bergamo, raccogliendo le testimonianze di volontari e passanti. Ecco perché non si poteva rimanere indifferenti
Maddalena Vicini

Una grande, grande gratitudine. Questa è la parola che riempie il cuore e la bocca di tutte le persone che hanno partecipato ai tre giorni di BergamoIncontra. Chi come volontario, chi come spettatore, chi come organizzatore, chi passato per caso, chi arrivato con piglio critico. Ciascuno a suo modo si è ritrovato coinvolto in qualcosa di inaspettatamente diverso e più grande. È capitato, per esempio, a un ospite di passaggio durante l’incontro con monsignor Francesco Beschi, il vescovo di Bergamo, sul tema di questa edizione, “Come si fa a vivere?”. Il tale, si ferma ad ascoltare. Poi, commenta: «Eh! Tutti bravi a parlare alle conferenze ma poi nessuno fa niente. Tutti chiacchierano e basta!». Un volontario lì vicino lo sente e gli risponde: «Ma è proprio sicuro che sia come dice lei? Provi a fare un giro alle mostre, agli stand, alle cucine...». Il signore, un po’ sorpreso, lo prende in parola e va a vedere. Dopo due ore è ancora lì, a cena con sua moglie: «Non pensavo proprio di trovare un posto così! Sono andato a vedere tutto e poi ho chiamato mia moglie e le ho detto di venire subito a vedere».

La gratitudine non è solo di chi è “nuovo”, ma anche di chi da anni lavora per la manifestazione, come racconta una volontaria: «È stata una gioia, una promessa mantenuta, con cui ho guardato e parlato alle persone che ho incontrato, anche sconosciute, stupite di quello che avevano davanti ai loro occhi. Per esempio, stasera, dopo i canti, mi ha fermato una coppia di mezza età. Hanno preferito fermarsi piuttosto che andare al cinema all’aperto. E così raro sentire gente che suona e che canta insieme così, mi hanno detto. Alla fine mi hanno chiesto chi eravamo, si sono presentati e hanno voluto un contatto per risentirci. Ho regalato loro un catalogo della mostra e ci siamo lasciati con un “arrivederci!”».

Tre giorni che hanno interrogato tutti sulle domande più profonde che accomunano ogni uomo: questi solo alcuni dei tanti messaggi lasciati sulla bacheca della mostra che ha preso il titolo della manifestazione: «Le domande che porto nel mio cuore sono vere!»; oppure: «Io sono di un’altra ideologia… ma prendo il catalogo!»; ancora: «In tante di queste parole ci sono dentro io». Una donna dalla storia travagliata, arrivata a Bergamo dalla Nigeria, sempre commentando la mostra, ha lasciato queste parole: «Questa mostra racconta di me, l’avrei potuta scrivere io». E sono tante le persone che hanno scoperto quasi per caso il programma della manifestazione e che hanno passato tutta la giornata seguendo un incontro dopo l’altro. Tutti esempi che mostrano come la domanda del titolo, “Come si fa a vivere?”, sia difficile e nello stesso tempo coinvolgente, e chieda a ciascuno una risposta. Ma è anche una domanda che, se presa sul serio, può arrivare a suscitare gratitudine e commozione.

«Siamo felicissimi dell’esito della manifestazione», spiega il presidente dell’Associazione BergamoIncontra, Tommaso Minola: «Ci consegna un format di dialogo “con” e “per” la città che ci sembra adeguato; riflettere sulla propria esperienza e condividerla con gli altri risponde davvero a un’esigenza dell’uomo moderno, del cittadino di oggi. Siamo grati nei confronti di tutti quanti hanno raccolto la nostra proposta, e hanno sentito BergamoIncontra come loro, come casa propria: relatori, associazioni coinvolte, istituzioni, sponsor; tutti hanno contribuito a rendere efficace la proposta e a fare intuire, innanzitutto a noi volontari e proponenti, che davvero la vita nostra, di tutti, è qualcosa di più grande di quello che noi stessi, spesso, pensiamo».

E un grazie arriva anche da uno dei “protagonisti” di questa edizione, Federico Buscarino, autore delle bellissime e suggestive immagini della mostra “Tutti i respiri della vita” dedicata agli Ospedali Riuniti di Bergamo. Sorpreso per l’accoglienza, è rimasto per tutto il tempo documentando con i suoi scatti preziosi la vita che ha attraversato la manifestazione.

Ma è una gratitudine che non lascia più “tranquilli”, come racconta un’altra volontaria: «Ieri sera pur stanchissima non riuscivo a prendere sonno: ripensavo a questa storia che mi ha preso e che mi permette di stare in piedi e mi è tornata in mente la frase di don Giussani: “Man mano che maturiamo, siamo a noi stessi spettacolo e, Dio lo voglia, anche agli altri. Spettacolo, cioè, di limite e di tradimento, e perciò di umiliazione, e nello stesso tempo di sicurezza inesauribile nella Grazia che ci viene donata e rinnovata ogni mattino. Da qui viene quella baldanza ingenua che ci caratterizza, per la quale ogni giorno della nostra vita è concepito come un’offerta a Dio, perché la Chiesa esista dentro i nostri corpi e le nostre anime, attraverso la materialità della nostra esistenza”». Uno spettacolo, appunto, che si «doveva venire a vedere».