Le code davanti ai supermercati in Venezuela.

Cosa serve al Venezuela?

Inflazione alle stelle, code nei supermercati e scaffali vuoti. In un Paese a rischio collasso non bastano strategie politiche o economiche, «il primo mutamento richiesto è quello culturale». La testimonianza di Alejandro Marius, imprenditore cattolico
Mauro Pianta

Gli amici glielo dicevano sempre: «Quando riesci a chiudere degli affari, a fare del “business”, sei contento. Ma quando ti coinvolgi in attività sociali, quando aiuti qualcuno, gli occhi ti brillano di più». E così nel 2009 Alejandro Marius, dirigente di una grossa multinazionale, lascia quel posto di lavoro “stellare” per fondare in Venezuela, dove vive con la moglie e le quattro figlie, un’associazione chiamata “Trabajo y Persona”. L’obiettivo è recuperare il valore della persona dentro l’ambito lavorativo. In che modo? «Puntiamo», spiega Alejandro: «Sulla formazione al lavoro, soprattutto manuale, nelle favelas di Caracas, nelle zone rurali». Affiancando altre realtà cattoliche già all’opera: dai gesuiti ai salesiani. Alejandro, insomma, diventa un imprenditore sociale.
Scomparso Chávez nel marzo del 2013, arriva Maduro ma la musica non cambia. I dati ufficiali del Venezuela di oggi parlano chiaro: inflazione al 64%, Pil diminuito del 2,8%, il prezzo del petrolio (il 90% del bilancio dello Stato è - o meglio era - composto dalla vendita all’estero dell’oro nero) che crolla da 100 a 38 dollari al barile. Risultato: il Paese (in cui molte aziende agricole e commerciali sono state espropriate) non ha i soldi per acquistare i prodotti, compresi quelli di prima necessità, che prima importava dall’estero. Ecco, allora, le code ai supermercati, dove gli scaffali sono sempre più vuoti. Ecco le violenze, gli scontri del febbraio scorso. Le statistiche riferiscono di un morto ammazzato ogni mezz’ora. E Maduro risponde imprigionando i dissidenti politici. Insomma, il rischio di precipitare nel caos è qualcosa di concreto.

Allora Alejandro, cosa vuol dire vivere in un luogo così?
«Il Venezuela sta vivendo una delle peggiori crisi della sua storia. Dobbiamo fare i conti con la mancanza di prodotti, soprattutto alimenti e medicine. Le code della gente davanti ai supermercati e alle farmacie sono qualcosa di disumano. Non troviamo il latte, l’olio, il riso, il caffè, lo zucchero. Per il mio lavoro mi è capitato di visitare in un piccolo paese sulle Ande e di vedere una fila di donne lunga due isolati che tenevano in braccio i loro bambini, impugnando il certificato di nascita per comprare i pannolini. Queste carenze, ovviamente, generano anche speculazioni e un mercato nero. Ci sono persone che fanno le code per acquistare gli alimenti a un certo prezzo e poi li rivendono guadagnando il doppio. E questo è considerato un lavoro…»

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