Lafforgue: «La lotta contro la violenza si gioca nel nostro cuore»

È ancora vero che l'Europa è uno spazio di libertà? Come sconfiggere quel vuoto che genera la violenza e la disperazione? Un dialogo con Laurent Lafforgue, matematico francese, a partire dalla lettera di Julián Carrón al "Corriere della Sera"
Flora Crescini

Fino a che punto si può parlare di libertà in Europa? Se lo chiede il matematico francese Laurent Lafforgue (Medaglia Fields nel 2002), confrontandosi con la lettera di don Julián Carrón al Corriere della Sera sulla sfida del vero dialogo dopo i fatti di Parigi. Con Tracce.it riflette sulla violenza («presente in ciascuno di noi») e sul compito dei cristiani oggi, che non riguarda più solo la verità rivelata e il soprannaturale, ma «la difesa stessa della natura delle cose».

Di fronte agli attentati di Parigi «il problema è anzitutto interno all’Europa e la partita più importante si gioca in casa nostra. La vera sfida è di natura culturale»: è d’accordo? Cosa significa questo? Soprattutto in questo momento storico che rifiuta la cultura?
La lotta contro la violenza è in ultima istanza interna al cuore di ogni persona. Siamo tutti suscettibili di lasciarci andare alla violenza. Tuttavia, non è solo un problema individuale, nella misura in cui l’uomo è un essere sociale, culturale e politico. Esiste certamente un problema specifico dell’islam, di rapporto con la violenza, ma non possiamo farci carico noi di questo problema al posto dei musulmani. Considerando il fatto che l’islam non ha evidentemente il suo centro in Europa, non sono così sicuro che il problema della violenza nell’islam sia prima di tutto un problema interno all’Europa, anche se si rende presente ugualmente sul suolo europeo per via della presenza di importanti minoranze musulmane. Tutt’al più i cristiani e gli europei non musulmani potrebbero, o dovrebbero, per prima cosa, non cedere alla tentazione della violenza, sul piano sia individuale sia collettivo. Che i redattori di Charlie Hebdo fossero minacciati (in seguito alla pubblicazione di caricature anti-musulmane che non approvo come non approvo le loro caricature anti-cristiane) non era un fatto meno noto rispetto alle minacce contro Salman Rushdie. Ma la polizia inglese ha protetto Salman Rushdie (che è sotto minaccia di morte da venticinque anni) più efficacemente di quanto la polizia francese non abbia protetto i redattori di Charlie Hebdo. Anche i musulmani che lasciano l’islam per un’altra religione, in particolare il cristianesimo, sono sotto minaccia.

«Il terreno di questa sfida è la vita quotidiana»: in che senso e perché?
Si tratta per ognuno di combattere la violenza in sé, e il terreno su cui si gioca questa sfida è allo stesso tempo il nostro cuore e i nostri rapporti con gli altri, vale a dire la vita quotidiana.

«In tanti giovani che crescono nel cosiddetto mondo occidentale regna un grande nulla, un vuoto profondo, che costituisce l’origine di quella disperazione che finisce in violenza». È vero?
Sì, ma se è il vuoto che genera la disperazione e finisce in violenza, questo vuoto non è solamente “occidentale”, è presente ovunque e in ogni epoca.

«Per noi l’Europa è uno spazio di libertà: che non vuol dire spazio vuoto, deserto di proposte di vita. Perché del nulla non si vive»: se questo è vero, dobbiamo domandarci se le persone siano consapevoli di vivere in uno spazio vuoto, oppure no.
Mi domando sino a quale punto si possa ancora parlare di libertà in Europa. La messa in discussione del concetto di tradizione (sia essa intellettuale, culturale o religiosa) mina alla radice i fondamenti della libertà. L’influsso dei media, l’organizzazione economica e tecnocratica del mondo, il potere preso dai giudici - ossia oggi dal diritto formale e procedurale - e l’abbandono delle sovranità nazionali a favore di istituzioni sovranazionali come l’Unione Europea, indeboliscono l’ossatura della democrazia, e quindi della libertà politica. Le persone sono consapevoli di vivere in uno spazio vuoto, ma mi sembra che non abbiano la speranza che la verità sia qualcosa d’altro rispetto al vuoto.

«Si parte dal presupposto della comune appartenenza alla natura umana (per incontrarsi nella verità)»: la comune appartenenza alla natura umana è ancora un presupposto?
L’idea stessa che esista una natura viene oggi messa in discussione. Ciò significa che siamo ormai usciti totalmente dal quadro tracciato dall’Illuminismo del XVIII secolo o dallo scientismo del secolo seguente. I cristiani hanno oggi il compito di difendere non solo la verità rivelata e il soprannaturale, ma l’idea stessa di verità e quella della natura delle cose, vale a dire il fondamento buono che è all’origine anche dell’Illuminismo e della Scienza moderna.

«Noi cristiani crediamo ancora nella capacità della fede che abbiamo ricevuto di esercitare un’attrattiva su coloro che incontriamo, e nel fascino vincente della sua bellezza disarmata?»: cosa risponderebbe lei, in termini generali?
La fede non riesce a suscitare un’attrattiva e un fascino vincente, è vero. E non solo perché noi siamo dei cattivi cristiani. Anche Cristo con il suo insegnamento ha suscitato il rifiuto, e sul piano umano ha conosciuto la sconfitta. Noi dobbiamo essere fedeli a Cristo perché Egli è la verità.