Papa Francesco a Napoli.

«Chesti parole veneno a me»

La città in festa per la visita del Papa. Anche otto ragazzi dell'Istituto penale minorile di Nisida sono andati ad incontrarlo. Quattro hanno pranzato con lui nel carcere di Poggioreale. Per capire che l'importante non è non cadere, ma Chi ci fa rialzare

La visita del Papa a Napoli è stata vissuta come l'attesa di uno che porta un po' di speranza. L'attesa di un intero popolo che, pur tra mille difficoltà e paradossi, ha la capacità di guardare a Chi solo può rispondere alle attese del cuore di ciascuno. È stato così anche per i ragazzi ospiti dell'Istituto penale minorile di Nisida. Quattro di loro hanno avuto la possibilità di mangiare col Papa a Poggioreale, durante il pranzo previsto per i detenuti, mentre altri quattro hanno partecipato all'incontro con i giovani e le famiglie sul lungomare. Le storie sono tra le più disparate e tutte raccontano di ferite aperte. Una grande occasione, dunque, tanto che al mattino, nel prepararsi, si sono "tirati a lucido", come per i colloqui settimanali con i familiari. In fondo ci si preparava ad incontrare il padre di tutti, il Santo Padre. Sicuramente avrebbe avuto una parola di conforto per ciascuno di loro, ognuno con la propria domanda nel cuore, le proprie paure e le proprie angosce, insieme ad attese e sogni. Più di tutto, però, a parlare è stato lo sguardo di questi ragazzi. Uno sguardo lieto. Certo dell'abbraccio di un padre. I due che erano venuti con me a Roma, all'udienza del 7 marzo, si erano sentiti dentro un grande famiglia. Oltre alla gioia di aver donato al Papa una stola disegnata e cucita da loro, hanno colto quanto il Papa ha detto a proposito della moralità: l'importante non è non cadere, ma afferrare la mano tesa di Gesù che aiuta a rialzarsi. Mi diceva uno: «Chesti parole veneno a me» (queste parole le sta dicendo a me). Gesù tocca il cuore di ognuno, in qualsiasi situazione si trovi. Di seguito, alcuni temi che i ragazzi hanno scritto dopo la visita del Papa.
Felice, volontario del carcere minorile di Nisida


Sabato siamo partiti, un gruppo di ragazzi, e siamo andati dal Papa. Un gruppo è andato a Poggioreale e io sono andato alla rotonda Diaz ad aspettare il Papa. Quando è arrivato, ha fatto prima il giro sulla papamobile, poi è salito sul palco e si è messo a parlare con i fedeli. La cosa che più mi è rimasta impressa è stata quando è arrivata una signora di 95 anni e ha detto al Papa che lei, dopo che aveva superato una certa età, aveva paura che la famiglia la mettesse in una di quelle case di riposo. Ha detto al Papa che delle persone l’avevano aiutata e lei li chiamava angeli. Il Papa ha raccontato che una famiglia aveva un parente anziano che quando mangiavano a tavola si buttava tutto addosso e quindi non potevano invitare nessuno a cena. Il figlio dell’anziano allora prende un tavolino e lo mette in cucina a mangiare da solo. Un giorno, rientrato da lavoro, trova il figlio piccolo con chiodi, martello e legno e gli chiede: «Che cosa stai facendo?». Il figlio risponde: «Un tavolino, così quando ti fai vecchio mangi anche tu in cucina!». Con queste parole ha fatto capire tantissime cose. Anche se sono anziani non bisogna lasciarli soli, perché la più brutta cosa è la solitudine. È stata una bellissima cosa per me vedere una persona così importante da vicino. Ha detto delle bellissime parole ai fedeli. Io non mi sarei mai aspettato di vedere il Papa e mentre stavo lì a guardare mi sono detto: speriamo che ci perdona da tutti i peccati che ho fatto. E me ne sono andato via soddisfatto, perché ho aiutato un disabile e gli ho dato le stampelle. Non avevo mai fatto una cosa così per una persona disabile. A volte penso, guardando quelle persone, ma perché devono soffrire così? È la vita che va così, sono molto sfortunate. Questo Papa entra proprio dritto al cuore. È una persona onesta e sincera, da come l’ho visto io. Mi è piaciuto molto e credo che a volte solo Dio ti può aiutare.
Silvano

Siamo stati sabato 21 marzo al carcere di Poggioreale, più precisamente nella chiesa del carcere, dove abbiamo incontrato il Papa e abbiamo pranzato con lui. Sinceramente, per me che sono molto credente e prego molto, è stata un’esperienza indimenticabile, sono ancora emozionato. Anche perché noi ragazzi "nisidiani" avevamo il tavolo ad un metro e mezzo da quello di papa Francesco, e quindi era proprio di fianco a noi. Era la mia prima volta, sia della mini visita al carcere, sia a vedere il Papa da vicino e a stringergli la mano. La sua era una mano davvero morbidissima; sinceramente me lo immaginavo diversamente, di faccia intendo, però non fa niente. Questa è una di quelle cose che nella vita non potrò mai più dimenticare. Non nascondo che sono stato molto incuriosito anche dal carcere, e da come fosse. Abbiamo avuto anche il tempo di invitare papa Francesco a Nisida, ed il pensiero di servire l’altare della nostra chiesa, mentre la messa la sta dicendo il Papa in persona, mi riempie di gioia. Spero di ricevere presto Vostra Santità, e non ho altro da aggiungere, se non il fatto che è stata un’esperienza davvero bellissima ed indimenticabile per me.
Luigi

Sabato 21 marzo il Papa ha fatto una visita a Napoli. Questa visita si è divisa in tappe, e tra una di queste tappe c’era il carcere di Poggioreale. E ho avuto l’occasione di andare anche io a Poggioreale per pranzare in compagnia del Papa. Quando ho varcato il muro di cinta del carcere, quelle mura altissime e vecchissime, mi ha dato subito una sensazione di chiuso, di soffocamento, poi più entravo e più si sentiva un odore pesante e acre. Siamo arrivati nel piazzale dove sta la chiesa e c’era un centinaio di agenti di polizia penitenziaria in divisa per le loro operazioni, per mettere tutto al suo posto. Siamo entrati nella chiesa, una bella chiesa, la cosa che mi è piaciuta di più sono state le decorazioni del soffitto, molto semplici, ma molto belle. Appena siamo entrati in chiesa, che era stata trasformata in mensa, e dove abbiamo pranzato con il Papa, ho visto subito la formazione dei tavoli: erano stati sistemati a forma di ferro di cavallo, poi al centro c’era un altro tavolo lunghissimo, dove sedevo io. Io stavo seduto proprio al primo posto nel tavolo al centro, e all’altro tavolo, di fronte a me, era seduto il Papa, in mezzo ad altri detenuti. Noi siamo stati i primi ad entrare, visto che venivamo da Nisida, poi poco a poco sono entrati gli ospiti di Poggioreale, il cosiddetto inferno, per come ne parla la gente, e a dire la verità da quel poco che ho visto credo di potergli dare ragione. Quando sono entrati i detenuti del posto, ho visto nei loro occhi tanto dolore, stanchezza, ma soprattutto rassegnazione; questo l’ho constatato in prima persona, perché ho scambiato qualche parola con loro, non ho registrato un clima sereno. Quando tutti i tavoli erano pieni, che tutti erano al loro posto e stavano in attesa del Papa, però poi su di me si è calata una notevole tristezza. Perché quando tutti eravamo seduti, dietro di noi c’erano gli agenti che andavano avanti e indietro, con le mani dietro la schiena. Quando mi passavano vicini sentivo in loro che erano freddi, e andavano sempre avanti e indietro. Quando passavano vedevo nei detenuti la paura crescere, perché ho notato che per tutto il tempo nessuno si è rivolto agli agenti per qualche cosa, secondo me per timore non chiedevano o parlavano con loro. Ma poi all’ingresso del Papa tutto nella gente è cambiato: l’atmosfera, il clima presente, il timore, le angosce, le paure, tutto, entrando il Papa è entrato un bagliore di speranza, di gioia, nessuno più aveva paura, ci siamo alzati tutti, gridando e cantando il suo nome, le guardie non le vedevo nemmeno più, i volti e gli occhi di ogni singolo detenuto erano cambiati, erano molto solari e felici, ma soprattutto pieni di speranza. La rassegnazione era svanita del tutto. È stata un’esperienza che porterò per sempre con me. Io in quel campo di concentramento non ci metterò più piede, può venire anche Obama, non ci andrò. Però me ne sono andato abbastanza sereno, perché quel bagliore che aveva portato papa Francesco lì dentro è rimasto.
Davide

Sabato ventuno marzo dopo due mesi di permanenza a Nisida ho avuto la possibilità di andare a via Carracciolo insieme ad altri amici dell’istituto a trovare papa Francesco. Mi ha fatto tantissimo piacere che mi abbiamo dato questa possibilità. Primo perché non credo proprio che in libertà avrei fatto questa visita. Noi giovani di solito pensiamo ad altre cose. Poi ci tenevo a questa cosa anche perché pochi giorni prima dell’incontro, dopo che nella sartoria dell’istituto ho realizzato una stola per lui, ho avuto l’onore di decorarla a mano, ma purtroppo non ho avuto la possibilità di dargliela io di persona. Dopo questo è stato comunque un piacere vedere papa Francesco. È stato bello vederlo non solo perché lui è il Papa, ma credo che sia una bellissima persona e ogni cosa che lui dice ha sempre un gran senso, quindi si può dire che un incontro con lui sia una grande scuola di vita! Anzi ne sono certo. Da non sottovalutare anche la sua gran simpatia e senso dell’umorismo, che al giorno d’oggi credo sia una cosa importantissima per affrontare questa vita che non è per niente facile. Se devo dire in poche parole cosa mi ha trasmesso quella giornata sono poche cose che sono tutta la mia vita: appena sono sceso dal furgone con gli agenti e ho visto tutte quelle persone giovani, adulti, anziani e bambini ho capito ancora una volta quanto importante sia la libertà e che non vale la pena perderla per niente al mondo. Poi quando siamo andati a sedere nelle prime file c’erano tantissime persone disabili, soprattutto bambini e devo dire che è un gran dispiacere vedere queste cose. Capisci quali sono i veri problemi della vita, ma nello stesso momento sei forte perché vedi che i genitori di quei bambini, nonostante i loro problemi, fortunatamente riescono a trovare anche il sorriso. Infine sentire le parole del Papa ovviamente è stata la cosa più importante di quelle giornata. Credo che le sue parole riescono a dare forza davvero a tutti e che ci ha ricordato dei valori della vita, che la maggior parte di questo mondo dimentica.
Francesco

Sabato siamo andati dal Santo Padre è stata un’emozione bellissima. Abbiamo mangiato con gli altri detenuti. Quando siamo entrati nel carcere di Poggioreale, è stato bruttissimo vedere tutti quei poveri detenuti con le facce della sofferenza essere come dei poveri schiavi. Spero che questa visita del Papa farà cambiare la vita che facciamo. Sabato padre Fabio mi ha dato anche un libro che hanno scritto i ragazzi di Nisida, io gliel’ho consegnato al Papa e l’ho anche invitato a Nisida. Vedere papa Francesco da vicino è stata un’emozione indescrivibile. Quella giornata di sabato non la dimenticherò mai più. E tutte quelle parole stupende le porterò per sempre nel mio cuore. Dei detenuti hanno scritto anche delle lettere e tutte quelle parole mi hanno colpito al cuore. Spero che usciranno presto, così possono godersi i figli, le mogli, le mamme. Ma soprattutto le loro vite e la libertà. Io in questo istituto ho capito molte cose ma soprattutto che non bisogna fare male al prossimo.
Salvatore