Muhammadu Buhari con Goodluck Jonathan.

Da dove riparte la Nigeria

Le urne hanno premiato Muhammadi Buhari, generale a riposo ed ex dittatore. Ma il Paese guarda con fiducia al futuro. Monsignor Ignatius Kaigama, vescovo di Jos, parla delle sfide che bisogna affrontare, con una priorità: «l'educazione»
Maria Acqua Simi

La Nigeria ha scelto. Ha scelto di mandare a casa il suo presidente, il cinquantasettenne cristiano Goodluck Jonathan, e di rottamare, dopo sedici anni di dominio assoluto, il suo partito, quel partito Democratico popolare (Pdp) così in voga nel Sud del Paese. E per farla finita con corruzione dilagante e misure governative deboli nei confronti della piaga di Boko Haram, il popolo ha deciso di puntare questa volta sull'usato sicuro: Muhammadi Buhari, generale a riposo ed ex dittatore alla guida del Paese negli anni Ottanta.

I nigeriani sanno di correre un rischio con questa scelta. Buhari, che oggi si definisce un "democratico riformato", è un militare musulmano, un uomo forte dal passato non certo in sintonia con il rispetto dei diritti umani e amante della sharia.

Quando era al potere trent'anni fa, il costo della vita aumentò vertiginosamente e la qualità si abbassò a causa di scelte protezionistiche che, di fatto, fermarono le importazioni facendo impennare la disoccupazione. Il più popoloso Paese africano, oggi, spera che il suo nuovo Presidente sappia fronteggiare e sconfiggere i terroristi islamici, oltre a ristabilire un minimo di giustizia sociale in uno Stato dove la ricchezza e la povertà sono ancora iniquamente distribuite tra Sud e Nord. La Nigeria sta infatti attraversando una difficile congiuntura, legata soprattutto al crollo del prezzo del greggio (che rappresenta il 20% del Pil, il 95% delle esportazioni e il 65% delle entrate governative). Sebbene infatti la Nigeria sia diventata la prima economia del Continente africano, secondo il calcolo aggiornato del Pil, le differenze sociali e la povertà sono ancora forti. Ma è il terrorismo islamico a preoccupare di più e così i nigeriani alle urne (69 milioni gli aventi diritto) chiedono più sicurezza : quella stessa sicurezza che è mancata durante la presidenza di Goodluck Jonathan, punito dal voto per non essere riuscito a fermare l’avanzata di Boko Haram, che dal 2009 ad oggi ha ucciso oltre 20mila persone. I miliziani islamisti solo due settimane fa hanno giurato fedeltà all’autoproclamato Stato Islamico (Isis) e questo non ha fatto altro che inasprire la situazione. Così, ieri sera, Jonathan ha dovuto ammettere la sconfitta telefonando all’avversario per fargli i complimenti.

Secondo i dati diffusi dalla Commissione elettorale nazionale indipendente (Inec), con un solo Stato ancora da scrutinare su 36, Buhari, 72 anni, leader del partito Congresso di tutti i progressisti (Apc) avrebbe ottenuto quasi 15 milioni di voti contro i 12,8 di Jonathan.

La Chiesa nigeriana, come ci spiega monsignor Ignatius Kaigama, vescovo di Jos e presidente della Conferenza episcopale locale, guarda con fiducia al futuro: «Noi facciamo e faremo tutto il possibile per educare. Partecipare alle elezioni è stata una cosa importante per scegliere dei leader che possano darci una direzione. Per noi era importante che le elezioni si svolgessero correttamente. In Nigeria abbiamo molte sfide da vincere, come il malgoverno, la corruzione, la mancanza di infrastrutture e di sicurezza». Non risparmia, Kaigama, un giudizio sul nuovo presidente: «Non possiamo ancora dire come se la caverà e se farà bene il suo lavoro. Del resto il giusto del budino lo si scopre assaggiandolo, no? Abbiamo pregato, digiunato, tenuto veglie e abbiamo fatto tutto il possibile umanamente, chiedendo la volontà di Dio: se è questa, io sono sicuro che è per il nostro bene. Inoltre, ci auguriamo che il bene della Nigeria sia l’unico fattore determinante nella gara di Buhari per la vittoria, nonostante la sconfitta subita nelle tre elezioni presidenziali precedenti. Ora che ha vinto, e i nigeriani gli hanno dato questo mandato, non credo che si permetterà di giocare. Dovrà fronteggiare e porre fine alle violenze di Boko Haram con molta determinazione, se vuole davvero mantenere le promesse elettorali». Il vescovo fa poi un breve cenno all’amministrazione uscente, quella del presidente cristiano, «che anche se molto criticata, negli anni ha creato un terreno favorevole per poter affrontare libere elezioni, in un clima pacifico e democratico. Il presidente Jonathan è un eroe della democrazia e si è guadagnato certamente un posto nel cuore dei nigeriani. Ed è diventato un punto di riferimento per i leader africani che hanno Paesi la cui storia è stata fatta di poteri corrotti e abusi sul popolo».
Infine sul dialogo interreligioso, Kaigama chiosa: «La riconciliazione tra cristiani e musulmani moderati non è un problema. Proprio nei giorni scorsi ero con un imam, leader dei musulmani qui a Jos. Parlavamo di come poter dare speranza alla gente. L’educazione è la cosa più importante e partiamo da qui».