In coda a un Bancomat ad Atene.

Grecia, il referendum "mette nei guai" l'Europa

Il default alle porte, con Tsipras che rimette il destino di Atene nelle mani dei cittadini, che continuano ad affollare le code davanti alle banche. Ma cosa può accadere nell'Unione? È una partita chiusa o ci sono ancora possibilità?
Stefano Cingolani

Il potere appartiene al popolo, quindi il popolo si esprima direttamente: la mossa di Alexis Tsipras non fa una grinza sul piano democratico. I suoi amici e compagni (che abbondano in Italia) sostengono che ha mostrato coraggio politico e correttezza istituzionale. In realtà, la sua è una manifestazione di debolezza e indecisione. Bruxelles gli ha concesso altri cinque mesi per costruire un programma di riforme accettabile anche dal suo elettorato, seppur ingoiando qualche rospo inevitabile su pensioni e Iva (due giungle parallele sulle quali è proliferato non il benessere dei greci, ma un assistenzialismo clientelare e corrotto). Un altro rinvio, non una soluzione, però la porta è rimasta aperta. Tsipras poteva fare una scelta da statista, invece ha avuto paura di affrontare l’ala radicalissima della sua sinistra radicale. E adesso che succede?
Intanto bisogna vedere quale domanda verrà posta agli elettori. Non sarà se vogliono restare o no nell’euro, perché in questo caso, allo stato attuale, vincerebbe il sì (i sondaggi dicono almeno con il 60%). No, la domanda sarà se accettare le imposizioni di Bruxelles. In tal caso, anche il più euro-entusiasta risponderebbe no. Chi vuole imposizioni? Tanto più in una Grecia che da almeno cinque anni va avanti a base di pillole amare trangugiate a mala voglia. Dunque, la possibilità che Tsipras abbia l’appoggio degli elettori è alta...


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