Il "Family Day" del 20 giugno a Roma.

Noi, Roma e quel 99 per cento

Un gruppo di amici racconta dell'esperienza fatta partecipando alla giornata per le famiglie del 20 giugno in piazza San Giovanni

Caro Direttore, ti vorremmo raccontare ciò che abbiamo imparato dalla giornata del 20 giugno. Abbiamo esercitato questa opzione "libera e legittima", come l'ha definita don Carrón all'ultima Scuola di Comunità, obbedendo di cuore al caldo ed esplicito invito del nostro Arcivescovo, il cardinale Bassetti. Volendo andare a fondo nella consapevolezza della decisione, avevamo anche invitato qualche giorno prima tutti gli amici della comunità ad un incontro, nel quale abbiamo cercato di maturare un giudizio insieme. Siamo andati in punta di piedi, metaforicamente e di fatto: da una parte per la considerazione dell'autorevole richiamo pervenuto dalla segreteria del movimento, dall'altra per la folla che gremiva la piazza: laici, neo-catecumenali, ciellini, cattolici "modello base", evangelici, musulmani... Non però una folla anonima e disordinata, ma un popolo fatto di padri, madri, tanti bambini, nonni, giovani di cui nelle ore a venire avremmo apprezzato l'umanità e l'energia. Siamo andati a Roma un po' "contratti": per capirci, non siamo istintivamente tipi da manifestazioni di piazza.

Abbiamo vissuto, con sorpresa, un gesto agile e chiaro nella comunicazione, deciso, capace di toccare senza enfasi il cuore di migliaia di persone. Un gesto educativo. L'affermazione di un bene e di una libertà per sé e per i propri figli, con il desiderio che possa essere un incentivo per il parlamento (ben consapevoli che il risultato è tutt'altro che scontato, considerato il panorama politico: sappiamo bene chi è il principe di questo mondo...). In una giornata apocalittica di pioggia battente, fulmini, sole cocente, lo spettacolo erano migliaia di genitori con carrozzine e bimbi grandi, piccoli, piccolissimi che non facevano una grinza... una festa! Qualcuno faceva le barchette di carta che scivolavano nei torrenti in piazza. Alla fine, dopo cinque ore in piedi, dopo esserci asciugati come tanti stoccafissi, un nuovo temporale ci ha trovato in migliaia alle entrate della metropolitana bloccate da centinaia di persone, bimbi e carrozzine. Il servizio d'ordine (giovani sorridenti e radiosi che ci hanno colpito per l'accoglienza) travolto letteralmente dalla fiumana di gente.
È stato bellissimo! Gente che veniva da Matera, da Trani, da Ascoli, dai buchi più impensabili e lontani di un'Italia che dicevano non esserci più e che è invece viva, umana, semplice ma combattiva e capace di sperare.
Abbiamo rivisto nella decisione e nella schiettezza della gente ciò che abbiamo incontrato nel movimento: energia, il coraggio di osare, la proposta di un orizzonte ampio che possa rispondere ai desideri più grandi. Insomma, abbiamo riassaporato cosa vuol dire fare parte di un popolo, tutti sotto l'icona della Madonna che protegge Roma.

Abbiamo visto persone desiderose di capire ed implicarsi con tutta la realtà con naturalezza e senza trionfalismi, senza il problema di scegliere tra azione pubblica e testimonianza privata, con quel pragmatismo sano di chi, giorno dopo giorno, rispondendo alle sfide della vita offre se stesso come testimone certo. Senza opporsi ad alcuno, ma convinto della possibilità di contribuire, con la sua opera, alla grande Opera di Dio nella storia. Tentare di fermare leggi che non si condividono non toglie che il 99% del lavoro si plasmi quotidianamente sulle circostanze concrete, senza scoraggiarsi. Non si scoraggia chi è certo di muoversi per un bene e per la verità, e appartenere a un popolo vivo aiuta questa certezza. Con umiltà, abbiamo guardato e partecipato a ciò che Cristo ha fatto accadere: la realtà di un popolo unito da Lui. I nostri figli, tornando a casa, ci hanno detto che ci vedevano vivi e felici come mai prima. La nostra volontà di dialogo e l'apertura verso gli altri ne sono uscite confermate e irrobustite nelle ragioni e nel desiderio. Pur se nell'azione non cambiamo il mondo (non ne siamo capaci!), però impariamo facendo: andare a Roma ha significato metterci in gioco, mostrare il nostro volto, a partire da un'esperienza di bellezza che sperimentiamo e che diventa tale perché radicata in un'amicizia cristiana, che ci sprona ad alzare lo sguardo verso il Destino che ci compie.

Un'ultima annotazione: è l'oggetto che impone il metodo. A iniziative parlamentari tipo Scalfarotto e Cirinnà (oggetto 1), dissenso civile per supportare iniziative parlamentari (metodo 1). Al crollo delle evidenze (oggetto 2), educazione e testimonianza che generano un soggetto nuovo (metodo 2). Pretendere di rispondere a Oggetto 1 con Metodo 2 o a Oggetto 2 con Metodo 1 è ugualmente ideologico. Confondere i piani ci allontana dalla realtà.
Fin qui siamo arrivati con la nostra esperienza. Non crediamo di avere nulla da insegnare, siamo noi che chiediamo un aiuto a te e a tutti gli amici a camminare insieme, cioè a stare sempre più dentro la realtà tenendo conto di tutti i fattori.
Giuseppe Schillaci e un gruppo di amici


Caro Giuseppe,
grazie per la mail e per il racconto della vostra esperienza. È preziosa. Tanto che spero e vi auguro si possa vivere la stessa intensità, «assaporare cosa vuol dire far parte di un popolo» ed essere «vivi e felici come non mai» anche adesso che la manifestazione è passata, mentre la vita continua a sfidarci e, come dici giustamente, «il 99% del lavoro si plasma ogni giorno nelle circostanze concrete». Il nostro giudizio sull’utilità di quel gesto resta, tanto più alla luce di tante reazioni che si sono viste dopo (non solo in Parlamento); ma su questo credo si sia discusso anche troppo nei giorni scorsi, con il rischio di perdere di vista l’essenziale. Permettimi, però, un’osservazione sull’ultimo aspetto che tocchi, perché mi sembra importante proprio per aiutarci a vivere insieme questa ricchezza. Certo, è l’oggetto che impone il metodo, e ti sono grato di ricordarlo. Ma il punto è che i due “oggetti” che indichi non sono slegati, indipendenti uno dall’altro, né hanno lo stesso peso. Il “crollo delle evidenze”, come lo chiami tu, è esattamente ciò che sta all’origine di quei disegni di legge, e di tanti altri fenomeni. Ne è la radice. Se lo perdiamo di vista, allora sì che rischiamo di allontanarci dalla realtà. Proprio perché è lì che si gioca la partita decisiva, il «99%», appunto. Non credi?
Grazie ancora di tutto e buon lavoro!

(dp)