La sorpresa e il fallimento

«Di che è mancanza questa mancanza, cuore, che a un tratto ne sei pieno?». È la domanda su cui, quest'anno, la kermesse riminese scommette tutto. L'abbiamo rivolta ad alcune personalità. Qui la risposta di Giovanni Frangi, pittore milanese
Giovanni Frangi

Un’opera d’arte contiene una forza che le persone, guardandola, fanno propria. C’è un flusso di tensione poetica che viaggia dall’opera allo spettatore. Massimo Di Carlo, un mio amico gallerista, sostiene che l’energia dell’opera si esaurisce come rubata dagli occhi e il quadro ha come tutti noi bisogno di riposare.

Per un po’ l’opera dovrebbe rimanere girata, nascosta, lontana dagli sguardi che si sono impossessati della sua forza. Cosi si ricarica. Che cosa, in noi, si nutre di questa forza? Non lo sappiamo... Ma la potenza del lavoro di un artista è tale tanto più esaudisce questo desiderio. Tanto più arriva a incontrare qualcosa di intimo, a cui si può accedere solo attraverso la rappresentazione di quella immagine.

Io sono convinto che Massimo abbia ragione e che davvero accade che assumiamo in noi l’energia delle opere d’arte. Questa è una dinamica che ha a che fare con quello che prova a indicarci Mario Luzi e che non coinvolge soltanto l’uomo, ma certamente anche quel che l’uomo realizza. Quindi l’opera si svuota... È un po’ come un essere vivente, un po’ come noi, ha un suo respiro, a volte va in carenza d’ossigeno, va in affanno e sente l’ansia del vuoto.

E una dimensione analoga di svuotamento, di mancanza, la avverto anch’io quando concludo un progetto. Io, per abitudine, concepisco le mostre come progetti e, quando devo affrontarne una nuova, ragiono su un’idea complessiva. Poi capita sempre che ci sia uno scarto tra quello che avevo in mente e ciò che effettivamente realizzo. Questo fenomeno ha una doppia valenza. Da una parte la sorpresa del risultato è la molla più interessante del meccanismo creativo. Dall’altra, invece, questo scarto costituisce un fallimento. Quel che pensi prima, alla fine non si realizza e rimani con la necessità di cercare ancora. In quello scarto c’è una sorta di mancanza. Così diventa inevitabile ricominciare da capo...

(testo raccolto da Luca Fiore)