Pieni di mancanza/1

È il tema su cui a Rimini si scommette tutto. La provocazione di un verso di Mario Luzi che sfida la vita di ciascuno. E permette di conoscere di più se stessi e il mondo. L’abbiamo rivolta ad alcune personalità (da "Tracce" n.7/2015)
a cura di Paola Bergamini, Luca Fiore, Paolo Perego, Paola Ronconi e Alessandra Stoppa

EZIO MAURO (direttore de la Repubblica)
Tutti tendiamo all’infinito, e talvolta in questa ricerca sentiamo la pienezza del nostro essere, comprendiamo di essere fatti per l’infinito, o almeno per sapere che è il nostro orizzonte possibile. Tutti, poi, facciamo i conti con la nostra finitezza, dove sta in realtà il grandioso della nostra natura, vivere, creare e sognare non per accumulare ma per vivere, con gli altri e tra gli altri, sapendo che il nostro percorso è transitorio. E finirà.
Quella pienezza si può trovare nell’umano, dentro la curva della nostra esperienza comune. Ciò che è umano è immenso, nella sua finitezza. Rovescerei in questo senso il Faust: dunque tu chi sei? Una parte di quella forza che vuole costantemente il Male e opera costantemente il Bene.


PADRE GEORGIJ ORECHANOV (sacerdote ortodosso)
Spesso la vita dell’uomo è simile a un deserto. Possiamo avere tutto: la famiglia, il successo, la carriera, un lavoro interessante. Ma spesso manca la cosa più importante. Eppure ci sono momenti in cui, in mezzo a questo deserto, ci appare quel che conta davvero.
Pensiamo al Vangelo: è il racconto di una lunga serie di incontri. Le persone incrociano Gesù e i loro occhi si aprono. Quello che manca alla nostra vita sono questi incontri evangelici.
Recentemente sono stato in Italia e Franco Nembrini mi ha portato a conoscere un suo ex allievo che ha deciso di aprire un caseificio in una valle bergamasca. L’idea di Franco era che mio figlio, che vive un momento difficile, potesse andare a lavorare lì per un periodo. Questo ragazzo, ha 29 anni, mi ha detto cose di una grande profondità. Colpito da lui e da alcuni suoi gesti, gli ho chiesto di insegnare a mio figlio la bellezza del cristianesimo. Franco mi ha corretto dicendomi che quando noi definiamo una forma con cui vorremo che l’altro incontrasse il cristianesimo, di solito, otteniamo l’esito opposto. Ha indicato un pezzo di salame sul tavolo e ha detto: «Tuo figlio inizierà a cambiare quando capirà che in questo pezzo di salame c’è la realtà, l’amore al proprio lavoro. Solo il fascino per un modo diverso di fare le cose di tutti i giorni può destare la domanda su ciò che lo origina».
Questo è stato per me un “incontro evangelico”. Ma quello che comincio a capire sempre di più è che l’incontro con ciò che riempie questa mancanza, cioè il significato delle cose, deve avvenire nella realtà. L’incontro con il compimento del proprio deserto non avviene perché l’uomo, il più delle volte, non ha uno sguardo autentico su di sé e su ciò che lo circonda. Questo dipende dal fatto che siamo concentrati sui nostri problemi, su noi stessi. Invece quello di cui stiamo parlando è una mossa che da noi va verso gli altri. Quando accade, la vita si riempie di un amore inatteso.


SILVIO CATTARINA (fondatore della comunità L’Imprevisto)
Susanna: «Penso che mi sono drogata così tanto e così a lungo a motivo di una grande, incomprensibile nostalgia». Alessandro: «Ho sempre sperato che il dolore che ho in cuore potesse passarmi. Ma ho capito che è un bene che non mi passi mai, è la mia ricchezza, il mio dono al mondo». E poi Enrico, Eugenio, Marigona, Benedetta... Sono i ragazzi de L’Imprevisto ed è grazie a lunghi anni di convivenza con loro che penso di poter comprendere la portata del titolo del Meeting.
Le loro frasi dicono di una grande attesa e di una forte, inaudita certezza. Ogni ragazzo scopre che, prima e attraverso il male, prima e per tramite del dolore, dell’errore, della sconfitta, c’è qualcosa di veramente grande che ci ha sempre voluto, che ha sempre atteso la mia persona, che non vuole altro che trasportarmi verso un bene, una bellezza ed una grandezza inimmaginabili, se io lo voglio e se so farmi aiutare. Questo qualcosa c’è da sempre e ci sarà per sempre.
Il ragazzo vede che il passato non è così determinante. Il punto invece è il presente. Se nel presente manca una presenza, una chiamata. La mancanza di cui si strugge il nostro cuore è una Presenza, la Presenza che fa tutte le cose. Qualcuno e qualcosa di inatteso, di sorprendente, che grida che la vita non è fatalità, non è inesorabile, inarrestabile insicurezza, cruda inutilità. No, la vita di ogni persona, in particolar modo di quella che ha molto sofferto, grida, invoca l’incontro, la conoscenza di una misura diversa, nuova. Un imprevisto, appunto.
Non “cose”, strategie, tecniche. Ma un vento impetuoso. Ecco il mio desiderio, sempre più forte, lancinante: un vento impetuoso. Dico ai ragazzi: «Non guardate me, guardate dove io guardo, guardate il vento impetuoso che infiamma la nostra vita».


PIETRO MODIANO (presidente Sea)
«Capisco». È la prima cosa che dice sentendo il verso di Luzi. Capisce perché è un pensiero che sta «annidato» in ogni momento: «A volte si fa luce, a volte lo teniamo compresso. Ma è sempre lì, pronto, a darci la sveglia. O a non farci dormire. Che è la stessa cosa».
Per Pietro Modiano se non capita di sentirsi pieni di quella mancanza «è solo perché non si ha il coraggio che capiti». Ripensa a quello che Giussani diceva di Leopardi, e che tanto lo ha colpito nella sua biografia: «È stato uno degli uomini che è arrivato più in profondità nell’esplorare la contraddizione umana tra finito e infinito. E Giussani si domandava perché questo non avesse dato luogo ad un sentimento religioso. Si è risposto così: a Leopardi è mancata l’amicizia. Il cuore non è stato messo nelle condizioni di dare alimento e forza all’intelligenza, per darsi una risposta davanti alla contraddizione. Davanti a quella mancanza».
Di che cos’è mancanza? «È paura. Paura che manchi il senso. Ci si domanda perché è tutto così bello - o potrebbe essere tutto così bello - e invece dobbiamo fare i conti con i tempi e le possibilità». Limite e infinito. «Il fatto che c’è la vita che finisce e sarebbe meglio non finisse».
Davanti al vuoto che assale, «è il cuore che dà il coraggio della risposta, perché forse l’intelligenza da sola non può». E, poi, quello della risposta è «il regno della libertà». Ma una cosa bisogna farla, dice: «Lasciare che quel pensiero lavori, invece che comprimerlo. È il motivo per cui non stiamo bene da soli. Perché iniziamo a pensarci. Allora meglio occuparci. È la tentazione dell’intelligenza: rimuovere i problemi irrisolvibili, o più difficili. Rinviare».


ALESSANDRO BERGONZONI (attore)
Per Alessandro Bergonzoni, attore, scrittore e artista bolognese, le parole sono molto importanti. Le usa come un giocoliere ma, dice: «Sono le parole che giocano con me». Comunque la si veda, si tratta di un gioco serio. Quando legge il verso di Luzi, si entusiasma: «È potentissimo». E reagisce a modo suo: «La mancanza? Noi abbiamo una terza mano. Non la destra, non la sinistra. È una mano che può uccidere: la man-canza. La densità buia. L’anima svuotata. È la comunicazione che ha perso conoscenza. È il grande mancamento. Siamo pieni di “senza”, non di trascendenza. “Allora ci sarai, essere?”. “Non mancherò”». Quasi uno stream of consciousness, un flusso di coscienza mosso da assonanze, rimandi, doppi sensi.
Ma lei si sente mai pieno di questa mancanza? «Io la sento ovunque, quindi la subisco anche io. La mancanza come “mancamento” vero, che significa svenire, non esserci più per un po’, quella no. Sento delle “mancanze”. Quella di cui parla Luzi è il grande mancamento. È una mancanza proprio di luce. È una mancanza di trascendenza. Cioè: senza “sé”. Noi parliamo sempre di “se” - senza se e senza ma -, invece manca il “sono”. In questo senso abbiamo “vite, private”. Luzi, secondo me, si riferisce a una grandezza e a un infinito che a noi fa paura». Come si fa a non aver paura? «Abitando la grandezza. Usando altri arti. La parola arti, da arte ma anche da braccia, gambe e arti invisibili. Altri mezzi di trasmissione. Se non fai quel salto in altro, quel salto in alto, quel salto in oltre...». Qualche anno fa, in un suo spettacolo, diceva: «Ho fatto voto di vastità». C’entra con il verso di Luzi? «Certo! Che cosa ci manca? Ci mancano i pezzi degli altri. Ci manca il cosmo, l’universo, ci manca l’infinito».