Papa Francesco pronuncia il discorso all'Onu.

Tomasi: «La Chiesa ha un messaggio chiaro per il mondo»

Per l'osservatore all'Onu di Ginevra, il Papa ha mostrato come i cristiani siano aperti al dialogo senza rinunciare alla propria identità. «C'è bisogno di ritrovare fiducia reciproca per arrivare alla pace. E a proposito dell'educazione...»
Luca Fiore

Due discorsi fondamentali, quelli di papa Francesco al Congresso americano e all’Assemblea generale dell’Onu. Ne è convinto monsignor Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede alle Nazioni Unite di Ginevra. Il Pontefice è appena uscito dal Palazzo di Vetro e si sta dirigendo verso il Memorial dell’11 settembre, e la reazione è a caldo.

Cosa la sta colpendo di più di questo viaggio americano?
Nei due discorsi al Congresso americano e alle Nazioni Unite, papa Francesco ha dato un messaggio chiaro: la Chiesa ha qualcosa da dire alla società contemporanea. Non è una realtà che si vuole isolare, ma è in dialogo anche sui temi più scottanti. Mi pare che questa percezione si sia veramente allargata, non solo ai mezzi di comunicazione ma anche alle persone comuni raggiunte dal linguaggio diretto di Francesco.

Quel è il punto che l’ha più sorpresa nel discorso all’Assemblea generale?
Il coraggio con cui ha messo sul tavolo davanti ai legislatori americani e davanti alla comunità internazionale alcuni problemi davvero urgenti. Soprattutto il bisogno di dialogo tra le parti contro la tendenza che si ha ad alzare muri che creano posizioni di intolleranza reciproca. Se si vuole ricercare la pace, che poi è alla radice del benessere della società, dobbiamo incominciare ad avere un minimo di fiducia reciproca. Questo è un passo chiave in entrambi i discorsi. L’altro aspetto è che ha giocato in questi due contesti così solenni i temi che gli stanno più a cuore: la condanna della cultura dello scarto e la tutela della natura. Quest’ultimo è una preoccupazione che ormai lo identifica molto nell’immagine pubblica. Ma questa insistenza non è generica: il Papa mette l’accento sul fatto che la natura coincide con la creazione. Le cose sono create e hanno uno scopo. Anche noi uomini siamo parte del creato e perciò dipendenti da Dio che ha su di noi un piano più grande dell’orizzonte del nostro soggettivismo. Mi pare che questo discorso abbia un’incisività che va al di là della religione cattolica o addirittura della cultura occidentale: è un messaggio che arriva a tutti gli angoli del mondo.

Francesco traccia un legame tra la libertà di educazione della famiglia e della Chiesa e la possibilità di realizzare gli obiettivi di Agenda 2030. Cosa ne pensa?
Un paio di volte ha sottolineato il fatto che gli obiettivi sostenibili nuovamente proposti dalle Nazioni Unite non possono rimanere parole su un pezzo di carta o belle aspirazioni. Devono essere messe in pratica. Ha ricordato, nonostante l’enfasi su questi obiettivi, che anche i non nati hanno diritti e quindi non ha evitato di riproporre questa realtà che è il diritto alla vita. E poi non solo i bambini devono essere protetti e l’educazione deve essere aperta ad accettare anche il contributo delle Chiese, cioè della società civile: ha voluto esplicitare che le comunità religiose danno un importante contributo attraverso l’educazione. Certo la Chiesa cattolica, in campo educativo, ha un ruolo fondamentale nel mondo e questo deve essere accettato e rispettato, perché attraverso la trasmissione di valori fondamentali, come avviene nelle nostre scuole, non si fa una politica partigiana, ma si sostiene il bene comune.

Il Papa ha detto che se si oltrepassano alcuni limiti etici insormontabili i documenti fondanti delle Nazioni Unite rischiano di trasformarsi in miraggi irraggiungibili o parole vuote che promuovono una colonizzazione ideologica irresponsabile. Parole molto dure.
È un’osservazione molto pertinente. Dopo la Seconda Guerra mondiale, quando le istituzioni internazionali sono state fondate, con l’approvazione della Carta fondamentale dell’Onu della Dichiarazione universale dei Diritti dell’uomo, il background culturale era quello della tradizione greco-romana e del cristianesimo. Una cultura del diritto e della persona realisticamente compresa. Oggi c’è il rischio che, sostituendo a questo realismo un’ideologia basata sulla realizzazione di desideri dettati da un soggettivismo estremo, perdiamo l’obiettivo originale di questi documenti fondanti. Il timore è quello di portare avanti un discorso che alla fine non serve alla comunità della famiglia umana, ma crea soltanto delle chiusure che portano soltanto a conflitti. Per questo vediamo un moltiplicarsi di focolai di violenza in giro per il mondo.