«La forza di un miracolo»

Settemila persone sabato scorso nell'aula Nervi, in Vaticano, per l'incontro tra il Banco alimentare e papa Francesco. Un abbraccio reciproco, in una storia che permette di «educarsi all’umanità di ogni persona, bisognosa di tutto»
Alessandro Banfi

Tutto è cominciato da uno sguardo, due uomini seduti uno di fronte all’altro che si guardano nel silenzio. Don Luigi Giussani e Danilo Fossati. Non corrono parole, ma solo l’intensità di una doppia visione reciproca. Quasi fosse una performance di Marina Abramovich. Ma qui non è arte, è un fatto. Meglio: è l’arte della vita, della Provvidenza. Quei due uomini sono già famosi quando si vedono la prima volta: l’uno ha suscitato Comunione e Liberazione, l’altro ha messo in piedi la Star, grande azienda alimentare, quella del doppio brodo, così nominata in onore di sua madre Stella.

Quando, all’inizio dell’introduzione all’udienza papale, Pier Alberto Bertazzi - testimone, è il caso di dire, oculare - evoca questo istante della storia italiana davanti ai settemila presenti nell’aula Paolo VI in Vaticano, si percepisce che tutto quello che si sta raccontando e in qualche modo celebrando lì, arriva dritto dritto da quell’avvenimento semplice, in apparenza piccolo, sicuramente silenzioso. Un fatto carico di intensità, non un’intenzione, un discorso, un proposito. Un avvenimento di vita che è diventato una storia, per parafrasare il titolo di un libro indimenticabile.

Una storia che nel tempo e nello spazio ha toccato tanta gente. E che continua a raggiungere donne e uomini oggi, anche se Fossati ci ha lasciato nel 1995 e don Giussani dieci anni dopo.

La Fondazione Banco alimentare ha avuto l’occasione di incontrare il Papa in un’udienza, sabato 3 ottobre, e così c’è stata la straordinaria opportunità di ripercorrere davanti a tanti volontari - e al Santo Padre - la natura di questa “rete di carità”. E di incontrare il primo Papa nella storia che ha preso il nome del santo di Assisi, il Papa della carità e delle periferie, ma anche il Papa che più di ogni altro denuncia, anche di fronte ai grandi della terra, la malvagità dell’“economia dello scarto”. Il Banco alimentare recupera lo scarto due volte: quello del cibo, che viene usato proprio per recuperare le persone “scartate”, dimenticate, ignorate dal sistema.

Molte e belle le testimonianze che si sono succedute sul palco dell’aula Nervi da dove poi avrebbe parlato Francesco: dai detenuti che aderiscono alla Giornata nazionale della Colletta alimentare, alla storia di Julian, un giovane tedesco che era stato studente di Architettura a Venezia e che adesso ogni anno torna apposta in Italia per la Colletta. Gli alpini del “coroanaroma”, diretto dal Maestro Osvaldo Guidotti, hanno accompagnato coi loro canti la mattinata, segno dell’alleanza nella raccolta del Banco, che si rinnova ogni anno con le “penne nere”. Affettuosa anche l’adesione dei Vescovi italiani, rappresentati da monsignor Andrea Bruno Mazzoccato, vescovo di Udine, entusiasta del lavoro del Banco nel Friuli-Venezia Giulia.

Due elementi importanti hanno fatto da filo rosso all’introduzione: i video e le letture di storie, grazie all’attore Simone Bobini, tratte dal libro di Giorgio Paolucci Se offrirai il tuo pane all’affamato…, la cui prima copia è stata regalata al Santo Padre. Un libro ricco di storie semplici, a tratti minime, e tuttavia profondo nel raccontare quanto bene si propaghi dal donare. E dal donarsi.

Tocca ad Andrea Giussani, presidente della Fondazione, porgere il saluto al Pontefice. Lo fa citando i numeri essenziali (le oltre 8mila opere caritative assistite, il milione e mezzo di persone aiutate, i 130mila volontari che partecipano ogni anno alla Colletta), ma soprattutto andando all’essenziale: alla presenza di Cristo «che ha già spazzato via il confine tra poveri e ricchi, tra chi dà e chi riceve», a quel «Destino che accomuna chi ha fame a noi tutti, affamati di senso della vita», alla consapevolezza che quello del Banco «è un tentativo: non potremo mai cancellare l’indigenza, ma solo attenuare qualche effetto». Ma è un tentativo fondato sulla «dimensione antropologica del dono», che ha «la forza del contagio».

Le parole di papa Francesco sono arrivate a chiudere una mattinata straordinaria, proprio evocando quell’inizio, quell’amicizia fra due uomini che ha fatto partire questa impresa. Ha detto infatti: «Noi non possiamo compiere un miracolo come l’ha fatto Gesù; tuttavia possiamo fare qualcosa, di fronte all’emergenza della fame, qualcosa di umile, e che ha anche la forza di un miracolo. Prima di tutto possiamo educarci all’umanità, a riconoscere l’umanità presente in ogni persona, bisognosa di tutto. Forse pensava proprio a questo Danilo Fossati, imprenditore del settore alimentare e fondatore del Banco alimentare, quando confidò a don Giussani il suo disagio di fronte alla distruzione di prodotti ancora commestibili vedendo quanti in Italia soffrivano la fame. Don Giussani ne rimase colpito e disse: "Poche volte mi era capitato di incontrare un potente che scegliesse di dare senza chiedere nulla in cambio e mai avevo conosciuto un uomo che desse senza voler apparire. Il Banco è stata la sua opera. Mai pubblicamente, sempre in punta di piedi, l’ha seguita dal suo nascere”».

Chi dona davvero non chiede nulla in cambio, chi offre il pane all’affamato non vuole apparire. Un richiamo dolce e implicito quello del Papa. Sarà difficile non serbarlo nel cuore sabato 28 novembre, nella prossima Giornata della Colletta. Ha detto ancora Bergoglio: «La vostra iniziativa, che festeggia i 25 anni, ha la sua radice nel cuore di questi due uomini, che non sono rimasti indifferenti al grido dei poveri. E hanno compreso che qualcosa doveva cambiare nella mentalità delle persone, che i muri dell’individualismo e dell’egoismo dovevano essere abbattuti. Continuate con fiducia questa opera, attuando la cultura dell’incontro e della condivisione. Certo, il vostro contributo può sembrare una goccia nel mare del bisogno, ma in realtà è prezioso! Insieme a voi, altri si danno da fare, e questo ingrossa il fiume che alimenta la speranza di milioni di persone». Una goccia utile, umile e casta. Com’è l’acqua per san Francesco.