La Colletta di un uomo qualunque

Un diario per raccontare il gesto di quest'anno. Una giornata tra i supermercati della periferia milanese, incontrando amici di una vita e poveri sconosciuti. Ci si ferma la sera, quando tutto è finito, e sembra poca roba. Ma è successo di tutto
Maurizio Vitali

Venerdì mattina

Miglior vigilia della Colletta non poteva capitarmi. Da giorni cercavo di contattare una signora moldava bisognosa, che il mio parroco mi aveva segnalato pregandomi di vedere se il Banco di solidarietà “Enzo Piccinini” poteva darle una mano. Al telefono, dopo tre squilli cadeva la linea. Al citofono, niente risposte. Fino al venerdì prima della Colletta: a fine mattina risponde, dopo un quarto d’ora mia moglie ed io siamo a casa sua. Oxana, trent’anni, un marito con lavoro part-time, settecento euro al mese di entrate, seicento di affitto da pagare, s’era schermita, ma per poco, dicendo che si vergognava un po’ perché la casa non era in ordine. Ostacolo risibile, superato al volo. Ci accoglie con gioia. La casa è linda, qualche giocattolo in giro, ma c’è più ordine che a casa mia quando gironzola il nipotino di quasi tre anni. Anche il suo primo ha quasi tre anni, il secondo un anno e mezzo. Tutti e due a casa, così lei ha dovuto rinunciare al lavoro di badante. Per il piccinino, per forza: un asilo nido costa un occhio della testa. Ma anche per il più grandicello: causa trasloco da un altro paese, era troppo tardi per iscriverlo all’asilo. Le diciamo che vedremo di fare il possibile. Lei straringrazia prima di aver avuto non dico il leggendario pacco di alimenti, ma nemmeno l’assicurazione giurata che l’avremmo aiutata, perché anche noi del Banco non possiamo arrivare dappertutto e dobbiamo fare due conti prima di promettere (mica siamo dei politici). Straringrazia un’altra volta quando le diciamo che all’indomani avremmo partecipato alla Colletta alimentare. Poi ci invita più e più volte ad andarla a trovare quando vogliamo, a portare con noi il nipotino coetaneo del suo bimbo. Insomma prorompe una gratitudine per così dire a-priori, non per il pacco, non per quello che otterrà o non otterrà, ma per il semplice fatto che due estranei, con l’età giusta per essere suo padre e sua madre, si sono interessati di lei, e perciò per lei sono già amici.

Venerdì sera

Leggo una mail del comandante della ciurma di volontari dei dintorni, in un paio di punti manca gente, servirebbero rinforzi. Eh, mi offro, vado dove serve: senza riserve, ma è la seconda cosa che mi costa di questa Colletta. La prima è che per la prima volta in tanti anni non avevo dato la disponibilità dell’intera giornata per tener conto di qualche problema di salute in famiglia, ovvero, come richiamato nella Giornata di inizio anno di Comunione e Liberazione, che la circostanza concreta non è un condizionamento ma la strada necessaria da percorrere se si vuole fare la volontà del Signore e non i cavolacci propri, ovvero se si vuol crescere come realizzazione di se o...
La seconda cosa che mi costa è rinunciare alla combriccola di aficionados della Colletta all’Ipercoop, Centro commerciale Acquario di Vignate, provincia di Milano. Ma soprattutto rinunciare al Daily Iveco cassonato lungo con cui tante volte ho portato il raccolto al magazzino di Gessate, dove c’è un’altra combriccola padano-calabrese che ti fa capire l’accoglienza rifocillandoti a qualsiasi ora con ottimi cibi ruspanti. Finisce che non farò né l’uno né l’altro sacrificio. I turni nel posto carente erano stati coperti, e i problemini di salute in famiglia non erano tali da obbligarmi a piantar lì nel primo pomeriggio.

Sabato mattina

Ma è proprio vero che l’uomo è limitato e bisognoso di una scossa. Gli va tutto bene e non si alza nemmeno troppo contento. Non ho propriamente il leggendario metabolismo “moroteo”, per cui pare che lo statista democristiano non carburasse se non verso mezzogiorno; ho invece il “normale malumore” che Gaber canta così bene in una sua canzone... Non sono neanche uno inclinato alle pratiche di pietà, ma un pensiero a Gesù, mentre mando giù l’indispensabile caffè, mi vien proprio su dal cuore: dammi una mano ad affrontare quest’altro impegno. Ma subito mi accorgo della stupidaggine che ho detto. Gesù, scusa, cancella, come non detto: aiutami a vedere e gustare quello che oggi hai preparato per tutti noi e per me. In realtà Gesù questo aiuto me lo aveva già dato: attraverso la redazione di Tracce, che mi ha chiesto di raccontare “la mia Colletta”, per cui per forza dovevo stare attento a quanto sarebbe capitato. Fuori c’è il sole lindo e strepitoso di questo incredibile novembre del Nord, che aiuta a tener su il morale. C’è anche una temperatura vicina allo zero che aiuta a non impisolarsi. Il Signore, questo sole spettacolo, l’ha mandato (anche) per me. Come un angelo custode. E vai.

All’Acquario altri angeli custodi

Il Pino, mio caro coetaneo, stessa gloriosa classe 1951, è già lì, come sempre da anni, che maneggia il tira-scotch per preparare i cartoni da riempire. Il Luigi, mio caro superiore di età, è al tavolo delle registrazioni e Matteo al tavolo del cambiavalute come sempre da anni, quando non aveva ancora il tumore alla prostata. Franco, mio caro inferiore di età, è già lì che libra nell’aere la penna nera del suo cappello da alpino e saltarella da un contatto all’altro perché è un “pr” nato. Come sempre da anni. E poi, altro caro amico, il Luigi, comandante della ciurma, che è su dalle cinque per preparare tutto il necessario per aprire come si deve le operazioni. Li guardo, questi cari amici angeli: ancora lì, fedeli, tenaci, senza segni di stress o di noia: non è un rito che si ripete, è una tradizione che si rinnova, anzi no, è una vita che riesplode.

Si vabbè, ma io adesso devo beccare qualche episodio di quelli che colpiscono, perché devo fare il mio pezzo, e uno straccio di extracomunitario che mi compra una scatola di fagioli devo pur trovarlo. Per dire quanto l’uomo, specie se giornalista, è scemo. Hai una realtà davanti, e ti aspetti la ripetizione del cliché perché devi scrivere. Per fortuna questo strabismo dell’intelligenza mi dura pochissimo. L’extracomunitario mendicante lo incontro lo stesso subito: un nero statura da basket, sta all’inizio delle scale mobili fisso come un palo della luce con il cappello teso a raccogliere poco probabili euri. Tutte le volte che mi imbatto in queste persone, mi viene sempre in mente papa Francesco che invita a dare la mano al povero quando fai l’elemosina, a toccare la carne di Cristo. Vado lì, gli metto qualche euro nel cappello; la stretta di mano è impossibile perché le sue sono impegnate a reggere il copricapo. Gli prendo l’avambraccio con confidenza. Gli chiedo dove abita. Mi dice che viene da Novara, prende il treno al mattino e torna alla sera. Realizzo: primo, da Vignate passa la linea S6 Novara-Treviglio, sarà un’ora e mezzo di viaggio, ma il collegamento è diretto; secondo: sicuramente il poveretto è mandato qui da un racket, e che degli euri che gli do ben poco gli rimarrà in tasca, ahimè. Gli spiego che stiamo facendo la Colletta in tutta Italia per aiutare chi ha bisogno. Dentro mi si era accesa un’idea: gli do, poniamo, dieci euro, e gli dico: di questi, una parte piccola finché vuoi, usala per comprarci qualcosa. Ma ahimé mi avvedo che capisce l’italiano come io capisco l’aramaico, devo rinunciare alla mia idea e, di nuovo, stare alla realtà. Gratificazione, niente.

Ho davanti un’oretta abbondante prima di prendere la guida del camion. Pettorina, volantini e borsette da distribuire alla gente: vado a schierarmi con gli altri volontari, gli alpini amici del Franco, e i ciclisti, sempre amici del Franco, e altre vecchie e nuove glorie. Gli alpini sono un corpo sociale in cui il crollo delle evidenze non è ancora del tutto consumato. Passano dieci minuti e arrivano quaranta, dicasi quaranta, marmocchietti delle medie inferiori spediti lì dal parroco senza adulti ad accompagnarli. Fanno un cinema che metà basta, con le pettorine gialle sono come una selva colorata e vistosa; e funzionano anche, perché ai bambini la gente fa più fatica a dire di no che a un suo pari umano adulto. Ma c’è un superlavoro assolutamente non programmato e francamente un po’ fastidioso da fare per tenerli in ordine, per far in modo che non sbarrino il passaggio, che non siano troppo petulanti, inopportuni e disordinati. E anche per aiutarli, per come si può, a capire il senso del bel gesto che stanno compiendo. Ecco un altro pezzo di realtà che smorza l’idea che uno ha in testa e richiama il tuo io a rispondere. Inutile prendersela coi preti.

Sabato, metà mattina

La maggior parte della gente prende volantino e borsetta di buon grado, l’operazione Colletta la conosce. Il che da un lato è un bene, dall’altro toglie un po’ qualche spunto di colloquio. Comunque, quando escono hanno qualcosa da darci. Giovani famiglie, coi bambini, e anche molti anziani. Siamo spesso brutta gente che cammina, ma appena c’è una proposta che tocca giusto le corde dell’umano, il buono vien fuori. Adesso è ora di prelevare il Daily cassonato lungo. Eccolo, rosso fiammante nonostante l’età, con i sedili un po’ più sdruciti degli anni passati, ma pur sempre gagliardo nella forza e dignitoso nell’aspetto. Ce lo mette a disposizione una piccola azienda che produce macchine per la sabbiatura. Il fratello del titolare è un comunistone trinariciuto che non manca mai di partecipare alla Colletta, l’amicizia che è nata tra noi funziona a sfottò reciproci, lui sulla Compagnia delle Opere «che sta(va) con Berlusconi», noi a rendergli la pariglia sui guai del marxismo nel mondo. Ne vengono fuori scene guareschiane, con lui che si adira contro la destra e intanto inscatola alimenti a beneficio dei poveri, in compagnia di gente ciellina che lui colloca a destra con cui duella volendogli un gran bene e sapendo di essere voluto bene. Mi ci trovo bene alla guida del camion, il silenzio della cabina e l’asfalto che corre all’indietro divorato dalle ruote mi aiutano a concentrami su io-che-sono, mi ricordano Gaber, «da solo, lungo l’autostrada... mi può bastare un niente, forse un piccolo bagliore, un’aria già vissuta, un paesaggio o che ne so. E sto bene...”
Dai Vitali, renditi conto che la realtà è positiva come è, non come pretenderesti che fosse.

Sabato, mezzogiorno

Ora il Daily è carico al completo. Sono 180 scatole, etichettate, ordinate, ben fatte. Primo viaggio al magazzino di Gessate. È un appuntamento che non vorrei mai perdere. C’è il Gianandrea con un bizzarro cappello di pile multicolor prevalenza fucsia vagamente missoniano. Ci sono tutti gli altri pilastri del magazzino di raccolta, umili e costanti. Una sicurezza. «Ohi, ancora voi qui. Non vi siete stufati?». «Sono anni che sto qui nel magazzino di raccolta. A volte mi piacerebbe essere in prima linea a contattare direttamente la gente, ma poi penso che non conta la mia gratificazione, ma la mia utilità reale al tutto». C’è il Renzino che dirige la preparazione del castrato, l’allestimento della tavolata di ogni bendidio e l’adeguata fornitura di vino e grappa. Renzino, la meglio anima di Calabria donata alla Colletta in Padania, un piccolo miracolo dell’accoglienza. Ci sono gli autisti dei furgoni che arrivano dal circondario, con cui si solidarizza, ci si scambia qualche battuta su come va la raccolta, ci si racconta di qualche incontro interessante. Si mangia e si beve, anche, un po’ in fretta, in piedi, ma bene e con gusto. Ah, la convivialità cristiana del mangiare!

Sabato, pomeriggio

Faccio un carico anche all’Iperdì di Melzo. Altri amici, altre belle facce. Guido, vecchia roccia, ha varcato i settanta ma quando c’è da esserci c’è. Con lui c’è una ragazzina, una delle nipotine. «È la figlia del Riccardo». Riccardo è il genero, è un professorino di scuola con una passione grandiosa per la Divina Commedia e una grande capacità di comunicarlo con monologhi-spettacolo che ti tengono incollato due ore. Il Centro culturale Candia di Melzo gli ha fatto da supporto per le sue performance. Il cristianesimo è vita, persone e vicende non restano imbottigliate in un ruolo ma si intrecciano, si dilatano, crescono. Finisce che la Colletta c’entra con il Sommo Poeta. Mentre aspetto il momento di fare un altro viaggio, scambio due parole con una ragazza di quelle dell’oratorio venute ad aiutarci. Fa la terza media. E dopo? Lei non ha ancora deciso ma un’idea ha chiara: voglio studiare qualcosa che mi permetta come lavoro di fare del bene agli altri. Come farà questo candore a trovare la strada giusta, chi correrà con lei l’inevitabile rischio educativo?

È sera

Il rientro a casa l’ho saltato, tre carichi li ho portati al magazzino. Manca il giro finale con le ultime frattaglie. Cedo il Daily a un amico trentenne o giù di lì che s’è tirato dietro un po’ di colleghi, più o meno coetanei, simpatici e seriamente curiosi di provare e capire. Io non voglio perdermi la cena dei volontari, un po’ perché mi piace vedere gli amici e bere insieme un bicchiere, un po’ perché ho sempre ’sta storia dell’articolo per Tracce che devo fare e io non ho ancora l’episodio che fa il botto. A cena arrivo che è tardi, la trippa s’è raffreddata e la ingurgito lo stesso, e intanto chiedo a destra e a manca come è andata e cos’è successo. Sono tutti stanchi, ed è troppo tardi perché venga fuori una specie di assemblea. Buonanotte ai suonatori. L’episodio che spacca, non ce l'ho. Ho fatto la Colletta dell’uomo qualunque, se la mettiamo sul piano degli episodi. Anche la telecronaca di una partita di calcio si sentirebbe in difficoltà. Ma io non ho disputato una partita noiosa. Tutt’altro. Ho goduto di una meravigliosa indimenticabile giornata, anche senza episodi da moviola. Sembra fatta di niente, invece c’è dentro tutto.