Adi, la Colletta e l'euro del carrello

Milano, 28 novembre. È il sabato del Banco alimentare. Fuori dal supermercato un ragazzo rumeno di 17 anni chiede l'elemosina, come tutti i giorni. Ma, mentre i volontari iniziano a fare gli scatoloni, si avvicina e inizia ad aiutarli...

Quando siamo arrivati al supermercato per la Colletta, abbiamo visto che c’era un giovane rumeno che chiedeva “l’euro del carrello”. Una ragazza che era con me mi ha detto subito: «Tranquillo, è qui tutti i giorni a chiedere l’elemosina...».

Abbiamo iniziato a fare gli scatoloni e lui continuava a fissarci. Piano piano, si è avvicinato per cercare di capire cosa stessimo facendo. Noi, un po’ diffidenti, cercavamo di non considerarlo e di non incrociare il suo sguardo, per paura che ci chiedesse qualcosa.

Però io non riuscivo a far finta che non fosse lì. Così ho iniziato, timidamente, a fargli una domanda, ma poi sono andato avanti a fare i miei scatoloni. Ma lui mi fa: «No no, guarda, il riso va in questo, non in quello...». Io ho fatto finta di niente, un po' scocciato. E lui, timido, ha cominciato a mettere un po’ a posto le cose negli scatoloni. Ha iniziato a darci una mano, così, spontaneamente.

Dopo un po’, non ce la facevo più e gli ho chiesto chi era, cosa facesse lì e perché, da dove veniva... È nato un dialogo e io, molto colpito dalla sua storia incredibile, gli ho fatto tante domande e lui mi ha raccontato tutta la sua vita.

Si chiama Adi, ha 17 anni (anche se mi sembrava ne avesse trenta), rumeno, è in Italia da un mese e mezzo. È qui per trovare i soldi per pagarsi la scuola da meccanico e per aiutare in Romania gli altri fratelli. A Milano vive con sua madre sotto un ponte in una tenda. Sì, sotto un ponte! Mi raccontava le cose con una tranquillità incredibile: io ero abbastanza sconvolto, ma lui tranquillissimo, mai con un tono di polemica, di lamento o chiedendo qualcosa.

Stava lì e, tra un carrello e l’altro per guadagnare i soldi per il pranzo da portare a sua madre, ci aiutava. Si è messo proprio dalla nostra parte del tavolo a pesare, segnare e chiudere gli scatoloni...

Alla fine è stato sempre con noi ed è quello che ha lavorato più di tutti, tanto che quando abbiamo caricato gli scatoloni sul camioncino si arrabbiava se non erano messi tutti dritti e perfetti! Ha lavorato senza mai chiedere niente, senza mai un doppio fine o aspettandosi che gli regalassimo qualcosa: con una gratuità assurda, che io, che ero lì apposta, non avevo.

Lui stava lì con i suoi occhi incredibili color ghiaccio ad aiutarci. E quando gli abbiamo regalato un cioccolatino, anche se non lo voleva, era felice come un bambino.

Prima di andare via gli ho detto: «Vorrei rivederti!». Così mi sono fatto lasciare il numero di telefono. Poi gli ho proposto: «Andiamo dentro e prendi tutto quello che devi prendere per il pranzo e per tua madre, te lo pago io». Mentre faceva la spesa era come un bambino e mi raccontava del Natale in Romania, che è il periodo dell’anno che gli piace di più, e mi insegnava - come se fossimo amici da sempre - le parole in rumeno!

Alla fine, sempre un po’ sulle sue, non mi ha abbracciato, ma come gesto di ringraziamento mi ha caricato tutta la mia spesa in macchina e mi ha guardato con i suoi occhi incredibili, e mi ha detto: «Ciao, grazie amico!». E se n’è andato contento, perché tornava da sua madre (di cui parlava sempre) con la spesa per il pranzo.

Alessandro, Milano