Sergio Mattarella e i volontari.

La gratuità che rende unici

La cerimonia per la Giornata Internazionale del Volontariato alla presenza del Presidente della Repubblica. Con un popolo che ha dato testimonianza di come l'impeto di darsi all'altro accomuna ancora tanti uomini. Che si riscoprono "in azione"
Monica Poletto*

Sabato 5 dicembre, nell'ambito della Giornata internazionale del volontariato, il mondo del volontariato ha incontrato al Quirinale il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

In un contesto fatto di cerimoniali rigidi e grandi sale piene di affreschi, un popolo variegato, in divisa da protezione civile o tirato a lucido per l’occasione, si è incontrato e ha raccontato di sé. Il primo dato interessante della giornata, infatti, sono state proprio le testimonianze. Non si è trattato di teorie sul volontariato, richieste alla politica o rivendicazioni, ma di esperienze di persone in qualche modo cambiate dall’esperienza del donarsi.

Teresio ha raccontato della perdita del lavoro, del suo ritrovarsi a vagare per centri di accoglienza e mense dei poveri e della straordinaria esperienza dell’accorgersi che, accettando la sua condizione di povero, iniziava a vedere cose che prima non vedeva: un mondo di persone in difficoltà, di gente disperata, ma anche desiderosa di un rapporto alla pari, con qualcuno che avesse tempo e voglia di ascoltare sul serio. E poi la ripresa, e l’impossibilità di tornare come prima. Da qui il suo impegno nel continuare ad aiutare le persone povere, capendole sul serio.

Oppure Lorenzo, che abita in un paesino di 3mila anime, nelle Marche. Durante una grande nevicata, con due suoi amici decide di mettersi a disposizione del sindaco per spalare un po’ di neve. E anche lui entra in un mondo mai visto. Persone anziane che a causa della neve non potevano ricevere cure mediche, persone sole; gente che è sempre stata lì, vicino a lui, ma di cui, fino a quando non è successo qualcosa, non si è mai accorto. Da lì il desiderio di darsi in modo stabile e il suo impegno nella protezione civile.

E ancora Alessandro, medico che è partito per la Bolivia per curare le persone dei villaggi andini. Imparando presto che, anche quando si è in un posto per portare aiuto, la persona va sempre rispettata, non ci si può imporre mai, bisogna «camminare in punta dei piedi, chiedendo il permesso». Questo atteggiamento ha fatto nascere un clima di fiducia, e quelle terre aspre sono diventare la sua casa; quel popolo riservato, la sua famiglia.

Testimonianze semplici, ma capaci di documentare come l’uomo davvero si scopra in azione, e lì emerge un impeto a darsi in cui si annida una profezia di compimento.

L’intervento del Presidente, nello stile sobrio che lo contraddistingue, è stato in alcuni passaggi molto interessante. Dopo aver cercato di sintetizzare le parole chiave che descrivono l’azione volontaria di tante persone (solidarietà, gratuità, generosità, impegno), Mattarella ha collocato questa azione in un contesto che lo Stato può solo rispettare, non generare. E ciò in quanto «la società civile ha spazi, espressamente previsti dalla nostra Costituzione, che non devono essere compressi né invasi dallo Stato». Si tratta di parole tutt'altro che ovvie. Spesso, quando questo spazio proprio della società civile non è rispettato, il rapporto tra le amministrazioni pubbliche e le organizzazioni di volontariato si fa difficile, di pretesa subordinazione, anziché il riconoscimento di un’azione che precede l’intervento pubblico e che va riconosciuta e valorizzata per il contributo al bene di tutti che apporta.

Sabato si è detto che il volontariato è il meglio del Paese. Senza assolutizzare quello che è solo uno strumento, certamente abbiamo assistito allo spettacolo di un Paese educato da una tradizione cristiana e popolare, che ancora adesso si trova addosso (quasi stranito) un impeto antico che lo rende un po' unico.

In un momento di forte crisi del welfare (per carenza di risorse unita alla forte crescita dei bisogni), la tentazione di utilizzare strumentalmente il volontariato, controllandolo e dandogli compiti puramente esecutivi di politiche pubbliche decise da altri, è grande.

Ma se si guarda con rispetto questo fenomeno, camminando in punta di piedi, ascoltando chi ne è coinvolto, si può scoprire che l’impeto di gratuità da cui nasce è così costitutivo da esserne il cuore pulsante, il motore non solo iniziale. Da rispettare, come si rispetta un bene di cui non si è padroni. Perché, come ha ricordato Mattarella, «vi sono attività che uno Stato, per quanto ben organizzato, non riesce a fare e, in realtà, non deve svolgere». Sono un contributo al bene comune, «la rete del comune destino dell’uomo».

*presidente CdO Opere Sociali