«Ma questo è rivoluzionario»

La presentazione de "La bellezza disarmata" a Bari, il dialogo con la madre e il racconto dell'amicizia con Vincenzo. Che, dopo aver letto l'articolo di don Carrón sul "Corriere della Sera", chiede: «Posso condividerlo su Facebook?»

Caro Julián, da quando sei venuto a Bari a presentare il tuo libro, le cose non sono più come prima. Perché ho capito che il punto sono io. Io, nel mio rapporto con il Mistero, agli occhi del quale sto capendo di essere prezioso. Sono arrivato lì con tutto il mio bisogno di Lui, per cui ho sempre una grande nostalgia. E, te lo confesso, il fatto che proprio tu fossi presente mi ha messo addosso una grande aspettativa, che solitamente nella vita non ho. Quando prendi la parola non fai una lezione, non ci dici come dobbiamo vivere la vita: ci dici di vivere la vita e basta. Abbiamo già tutto per giudicare. E per renderci conto della tenerezza di Cristo presente, e testimoniare agli altri la nostra gratitudine. Banale? Può darsi.

Cosa è cambiato? Che ho un bisogno e un'aspettativa. Che bomba è la vita quando si vive così. Perché la realtà canta. Nel periodo natalizio ho sentito spesso un amico, conosciuto ad un convegno. Questo ragazzo non è solo omosessuale, è un attivista dell'Arcigay. Ma, soprattutto, è una persona molto intelligente, oltre che simpatica. Ci stavamo sentendo per questioni lavorative, e io ne ho approfittato per proporgli di incontrarci una sera, perché volevo capire di più non solo la legge, in discussione in questi giorni, ma il bisogno di questo amico, dato che avevo scoperto la bellezza del mio di bisogno. Ci vediamo, e andiamo nel dettaglio della legge, anche discutendo animatamente. Poi mi parla della sua vita e quasi a fine serata mi chiede: «Ma tu invece, il movimento? Come lo hai incontrato?». Gli faccio il sunto e poi gli dico: «Sai qual è la cosa che mi colpisce di più di don Giussani? Una cosa che a suo tempo notò anche il cardinale Martini: il suo essere centrato sull'Incarnazione. Il fatto che Dio si sia fatto uomo. E che essere cristiani non è frutto di una coerenza, ma di un'amicizia. È cristiano chi è amico di Cristo, e vive con Lui». Vincenzo, così si chiama, si ferma, mi guarda negli occhi e mi fa: «Ma questo è rivoluzionario». Uno stupore che brucia duemila anni e che mi rimette davanti l'Avvenimento.

Continuiamo a sentirci. Lui è tutto mobilitato per la manifestazione pro Cirinnà. E poi arriva la tua lettera. La leggo. E nuovamente le tue parole mi ridanno a me stesso. Parli di tutti. Parli a tutti, tanto che mia madre (che non è di Cl, ma stima la nostra esperienza e te) dopo averla letta mi fa: «Bella. Ma non ho capito. Da che parte sta?». Ha colto nel segno: non sei da nessuna parte. Sei con le persone, tutte. E questa cosa mi corrisponde. Perché non sono giudicato, ma abbracciato. Penso: «Vabbé è una bomba, la devo far girare!».

Tra le persone a cui l'ho mandata c'è anche Vincenzo. La legge. Ma io non ci credevo, e per smentirmi mi dice: «Nella prima parte si parla della felicità e nella seconda della testimonianza dei cristiani. Posso condividerla su Facebook?». E oltre al link di Tracce scrive: «Invito tutti i miei amici e amiche a leggere questo articolo di Carrón, presidente di Comunione e Liberazione: ci sono tantissimi spunti di riflessione. La ricerca della felicità da un lato e il ruolo dei cristiani dall'altro».

Questa piccola cosa mi ha veramente commosso. Perché la valorizzazione che vivi nella tua vita, la trasmetti a noi e noi a chi incontriamo, arrivando al midollo della faccenda che ci fa esseri umani: io sono rapporto con l'infinito e il mio bisogno me lo ricorda.

Mario, Bari